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Bastoni e Melegoni, i nuovi giovanissimi di Gasp

Serie A
Filippo Melegoni, per lui l'esordio con la prima squadra dell'Atalanta (LaPresse)

Giovani alla ribalta, la mano è ancora quella di Gasperini. Contro la Sampdoria lanciati Bastoni e Melegoni, due classe 1999. Sono il futuro (e ora anche il presente) dell'Atalanta: uno difensore-goleador, l'altro regista: scopriamoli meglio

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Bastoni più Melegoni: il futuro dell’Atalanta è qui. Gagliardini via? Kessie in Coppa d’Africa? La sorpresa di Gasperini è servita. Due giovanissimi, schierati dal primo minuto contro la Sampdoria: classe 1999 alla ribalta. La rivoluzione nerazzurra va contro ogni regola che fino a poco tempo fa poteva regnare sul calcio italiano. Spazio ai giovani. Punto. D’altronde, è questo ormai da diverso tempo il vero segreto del successo della squadra bergamasca, filosofia che in questa stagione è stata ripagata da risultati incredibili. Alessandro Bastoni e Filippo Melegoni ne sono un nuovo, limpidissimo esempio. E vale la pena conoscerli meglio.

Bastoni, gol e destino - “Ho sempre segnato 6-7 gol all'anno, pur essendo un difensore. Nell'anno dei Giovanissimi Regionali con mister Cicconi ero arrivato addirittura a 9. Il mio segreto? Quando vado nell'area avversaria penso da attaccante”. Dalla Primavera con furore: Alessandro Bastoni. Difensore centrale che in questa stagione è già andato a segno tre volte e ora sogna di farlo anche con i grandi. Per lui grandissimi, anzi, visto che di anni ne ha appena 17, dieci dei quali trascorsi in nerazzurro. Sulla scia di Toloi (che apprezza particolarmente: “è un vero playmaker basso, cerco di rubargli dei segreti") si presenta come nuovo volto della difesa nerazzurra. Il suo idolo? Thiago Silva.

La storia di Alessandro è segnata da una dolorosa scomparsa, quella dell’amica Agnese: “È poco più un anno che se ne è andata”, ha raccontato a ottobre 2016. “È la mia amica d'infanzia a cui dedico ogni mio gol alzando le braccia verso il cielo. Sempre insieme, dall'asilo alle medie, ce l'ha portata via un incidente stradale. Da quel giorno tutto quello che faccio, lo faccio per lei. E' lei che mi dà questa forza”. Sempre grazie a una sua conoscenza scolastica è entrato nel giro dell’Atalanta: “Mi ha portato Franco Maffezzoni, il papà di una mia compagna di classe che era anche un osservatore nerazzurro”. Un destino che gli ha permesso di arrivare fino all’esordio in Serie A.

Melegoni, cervello del vivaio - Anche lui appena diciassettenne, anche lui esordiente in Serie A. Melegoni si presenta come il futuro del centrocampo dell’Atalanta, pronto a sostituire uno come Gagliardini, che per ruolo e caratteristiche gli si avvicina molto: “Io cerco di prendere qualcosa da tutti - ha raccontato - Guardo Migliaccio come si impegna in allenamento e capisco perché a 35 anni è ancora lì, in Serie A. E poi Gagliardini e Grassi, giocatori del mio ruolo che hanno fatto tutta la trafila come me: sarebbe bello riuscire un giorno a ricalcare le loro orme”.

Cervello della Primavera nerazzurra, è un punto fisso anche delle nazionali Under: ha giocato in tutte le rappresentative, dalla U15 alla U19. Longilineo, bravo atleticamente e con una tecnica di base davvero notevole: lo dipingono come un leader e con i giovani allenati da Valter Bonacina ha dimostrato di esserlo. I suoi primi passi con l’Atalanta? “Avevo 7 anni e avevo appena iniziato a giocare nella scuola calcio del mio paese, l'Azzanese. Mi ricordo ancora bene l'accoglienza del maestro Bonifaccio, le sue parole. E io che ho pianto. Da bergamasco e atalantino che è sempre andato allo stadio, indossare questa maglia è stupendo”.

L’esordio in Serie A non poteva non essere il sogno nel cassetto: “Esordire un giorno in Serie A con questa maglia, magari proprio allo stadio di Bergamo dove mi è capitato di fare anche il raccattapalle. Indosso questa maglia fin da bambino, sono cresciuto qui, sarebbe stupendo”. Gli idoli dell’infanzia rispettano l’eleganza che Melegoni cerca di mettere in campo: “Da bambino andavo a giocare con mio fratello e da lì è cominciato tutto. Gli idoli erano Zidane e Beckham, che con eleganza facevano sembrare facile anche le cose più difficili. Poi Iniesta, ora come stile di gioco mi piace Neymar”.