Papà, Hamrin e l'inglese: i segreti di Chiesa jr
Serie AIn estate tutti guardavano Hagi, ora è lui sotto i riflettori. La scuola internazionale, l'inglese e il lungo cammino: "Nei giovanissimi non giocavo mai". Poi papà Enrico, le analogie e il rinnovo fino al 2021: "Sono qui da 10 anni e voglio restarci". Curiosità e segreti su Federico Chiesa
Tutti in ritiro guardavano Hagi jr: " E' il figlio di Gheorghe, giusto?". Giustissimo. Talentino niente male eh, niente da obiettare. Ma accanto a lui - forse nell'ombra - ne cresceva un altro. Uno che ha frequentato la scuola internazionale prendendo sempre dei bei voti: "Lezioni in inglese!". Ormai fluente come l'italiano: "Lo parlo alla perfezione". Scelta sua, "perché se non dovessi sfondare nel calcio avrei tante porte aperte". Un mondo. Intanto, però, si "accontenta" del primo gol in Serie A contro il Chievo. Figlio d'arte Federico, sulle orme di papà Enrico: che storia Chiesa junior. E che consigli: "Me ne dà tanti, specie comportamentali. Come il fair play, rispettare gli arbitri e tutti i miei compagni. Ma non è mai entrato in questioni tecniche, ha sempre lasciato parlare gli allenatori". Uno di questi è Paulo Sousa, pronto a crederci da subito: esordio allo Stadium con la Juve, nessuna paura. Ci vuole coraggio (per entrambi), sia per la scelta che per l'interpretazione. Ovviamente, passate a pieni voti.
Di padre, in figlio. Ma non sono uguali... - Ragazz(ino) d'oro Chiesa, uno con gli occhi vispi e vivaci. Uno sguardo che dice tutto e di più: "Quando ho segnato non sapevo cosa fare, come esultare". Scherzi da prima volta. Quelli che papà Enrico - ex attaccante di Parma, Lazio, Samp, Cremonese e Fiorentina - provò il giorno del primo squillo in Serie A coi blucerchiati, nel '93 contro l'Ancona (3-1 il risultato finale). Aveva 23 anni, suo figlio non era ancora nato (è un classe '97) e l'Iphone non era neanche nei pensieri di Steve Jobs. Mentre ora, dopo il gol, "Fede" aspetta il primo messaggino su Whatsapp: "Sicuro di papà". Pronto a sostenerlo sempre e comunque, fin dai tempi in cui lo portava mano nella mano alla Settignanese. Primo allenatore? Kurt Hamrin (ex attaccante, 190 gol in Serie A). Questo perché il "calcio deve insegnarlo chi lo ha vissuto". Oggi, suo fratello Lorenzo si allena lì: "E’ un classe 2004, tutto mancino, può fare anche la punta rispetto a Federico ma ha qualche numero in meno. Caratterialmente è più “guascone”, mentre il fratello maggiore era già mentalmente portato al grande calcio a quei tempi". Storia nella storia, sperando che sia altrettanto emozionante.
"Buona famiglia, tutt'altro che invadente" - Mai una parola di troppo, mai un parere contrario. Mai qualcosa del tipo "oh, è mio figlio, fatelo giocare". Mai. Come amano ricordare: "Enrico e sua moglie non mi hanno rotto le scatole. Fin dall’inizio. Gli danno tanti consigli sì, lo hanno educato bene - dice Maurizio Romei, suo scopritore - ma non sono invadenti, non sono dei montati". Correttezza, ecco sì. Anche se i due non sono proprio simili: più punta Enrico, più esterno il figlio. Moderno, rapido, veloce. Con una caratteristica tutta sua: va su ogni pallone. Tutti. Si mette in mezzo, dà fastidio, si fionda. Enrico ha segnato 138 reti in Serie A, Federico tocca quota uno. Ma a 19 anni suo padre esordiva soltanto. Punto in più tra le analogie.
Che fatica nelle giovanili, fino al rinnovo - E la sua storia non è quella del "predestinato". Nei giovanissimi non giocava mai: "Feci una sola partita, e neppure dall’inizio – spiega Federico - spesso mi mandavano con i '98, quelli più piccoli". Allievi? Normale. Esplode con la Primavera, segna 8 reti e Sousa lo porta in ritiro. Scelta giusta, ponderata (già un gol in Europa League per lui). Ora è sotto i riflettori, fresco di rinnovo contrattuale fino al 2021: "E' una vita che sono qui, sono arrivato da bambino". Continuerà a sognare, oro della Fiorentina: "Resterò per altre 4 stagioni e sono contento". Tutto merito di papà, chi sennò? "Non ho ancora un procuratore, lui mi ha assistito per il rinnovo". E lo farà sempre. Ma senza "invadere" campi altrui, tanto ci pensa. Sousa. Uno che aveva capito tutto già in estate. Mentre tutti gli altri guardavano Hagi.