Serie A, le 5 migliori giocate dell'undicesima giornata

Serie A

Daniele Manusia ed Emanuele Atturo (in collaborazione con "l'Ultimo Uomo")

La punizione di Torreira, lo scorpione di Donadoni, il dribbling incredibile di Di Francesco e altre perle dalla 11 ^ giornata di campionato.

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Di Francesco fa una cosa per cui non c'è ancora un nome

Quello del Di Francesco giovane, Federico, è di gran lunga il numero più impressionante della settimana. Forse, se avessimo ancora una memoria più lunga di una settimana, potrebbe anche essere il “trick” dell’anno, in Serie A. La prima, ovvia, ragione è che Di Francesco ha inventato qualcosa di nuovo, ha portato nel nostro immaginario qualcosa che prima non esisteva. A me personalmente, per la fluidità, ha ricordato vagamente “l’Aurelio”, il numero che ha reso celebre Rodrigo Taddei una decina di anni fa (che si chiama così in onore di Aurelio Andreazzoli, che lo aveva notato in allenamento gli aveva detto di provarlo a fare anche in partita). Ma la cosa bella della giocata del piccolo Di Fra è che è del tutto improvvisata.

La fluidità del gesto non sembra allenata, provata in anticipo: Di Francesco risponde a uno stimolo improvviso. Una palla che arriva sul suo piede sinistro leggermente arretrata, costringendolo a piantare il piede a terra e a girarsi spalle all’attacco. Se la palla gli fosse arrivata da dietro, in verticale, il “trick” sarebbe risultato più meccanico e banale, sarebbe stato un cambio di direzione di tacco, persino bello, per carità, ma non avrebbe avuto lo stesso effetto su di noi. In questo caso è importante quella frazione di secondo in cui Di Francesco sembra in difficoltà perché deve frenare la corsa e girarsi, e perché c’è Kevin Strootman, uno degli strappa-palloni più efficaci della Serie A, che sta arrivando alle sue spalle.

Federico aggancia la palla, poi - forse, è una teoria - prova semplicemente a portarsela avanti facendola passare sotto le sue gambe. O magari, chissà, controlla semplicemente male e la palla e se la ritrova dietro al piede destro. La terza ipotesi è che sia un gesto in effetti coordinato, che la fluidità sinistro-destro non sia del tutto casuale. Non lo sapremo mai, e certo sarebbe bello chiederlo direttamente a lui. Ad ogni modo, a quel primo controllo unisce senza soluzione di continuità una carezza con il destro che fa passare la palla sotto il naso di Strootman e, con una piroetta, si ritrova di nuovo libero di correre in campo aperto. L’impressione dal vivo è stata davvero simile a quella di un illusionista che si libera dalle catene e anche rivedendolo e scomponendolo non si capisce cosa abbia fatto Di Francesco. Anche se si fosse trattata di una coreografia studiata, Di Francesco, come i grandi ballerini, ha reso il gesto talmente naturale da sembrare improvvisato.

Il tacco di Donadoni

Il calciatore è un mestiere malinconico, che costringe persone dotate di un talento naturale e duraturo a utilizzarlo solo per un periodo di tempo limitato, finché il loro corpo li rende competitivi su dei livelli che con il puro talento calcistico hanno a che fare solo fino a un certo punto. L’altra faccia del dolore di un grande calciatore che si ritira a malincuore è il perdurare silenzioso delle sue capacità. Se il calcio è anche un modo di esprimersi - e lo è - i calciatori vengono privati della possibilità di dirci quello che hanno da dire con la palla, spesso troppo presto. Roberto Donadoni è stato un grande giocatore, inventivo, brillante, con capacità tecniche e fisiche che lo rendevano troppo elastico, troppo più reattivo, dei terzini che affrontava. Quella reattività fisica e mentale non lo abbandonerà mai, così come il rapporto con il pallone è sempre lì, sopita sotto la giacca e la camicia, le scarpe rigide e il tic della gomma da masticare. Quando Pellegrini calcia lungo direttamente in fallo laterale, l’istinto di Donadoni si risveglia: due passi indietro e tacco esterno per rimettere la palla in campo. Non la prende di tacco, ma con la parte esterna del piede, con più superficie, la coordinazione è perfetta e - gesto gratuito - Donadoni non si toglie neanche le mani dalle tasche.

Il tacco istintivo di Quagliarella

Le partite di Quagliarella sono una lunga distesa di gesti tecnici impossibili. I suoi innumerevoli tentativi dalla distanza, e da angolazioni assurde, quasi ci fanno dimenticare quanto Quagliarella sia anche un giocatore intelligente. Giampaolo ha di recente dichiarato che «Fa le cose meglio di come gliele spiego». È come se quindi Quagliarella si prendesse, coi suoi tiri insostenibili, ciò che gli spetta di diritto dopo tutto il lavoro tattico con cui aiuta la squadra ogni partita.

Per una volta, in questa azione, Quagliarella prova una soluzione ambiziosa che è però anche l’unica possibile. Il cross di Zapata è in ritardo, e arriva quando Quagliarella ha già completato il taglio sul primo palo. La palla è arretrata, lo prende in controtempo, e allora Quagliarella ribalta a proprio vantaggio la pressione fisica del difensore, usandola come perno per ruotare e colpire la palla col tacco sinistro. È un colpo istintivo, perché Quagliarella può al massimo sentire dov’è il pallone, e non fa neanche un vero e proprio tiro ma colpisce la palla solo proseguendo naturalmente il proprio movimento rotatorio.

Il gesto di Quagliarella è poi quasi impreziosito dalla parata di Sorrentino, anche lui preso in controtempo, su una palla che scorre rasoterra a un metro e mezzo dalla riga, e ha il guizzo sulle gambe per respingerla. La doppia reazione al doppio controtempo regala un valore quasi artistico a quest’azione.

La punizione di Torreira

Torreira non aveva mai segnato con la maglia della Sampdoria e domenica, nella sfida casalinga  contro il Chievo, ha addirittura realizzato una doppietta. Una buona rappresentazione di un giocatore che sta usando una squadra che si abbina perfettamente alla sua visione del calcio come moltiplicatore delle proprie qualità.

Già la scorsa stagione Torreira era uno dei registi migliori del campionato, ma da quest’anno la sua influenza sul gioco, e la sua superiorità nel contesto delle partite, sembra aumentare di settimana in settimana. Questa punizione, così strana, aggiunge un nuovo gesto tecnico al repertorio di un giocatore solitamente fenomenale soprattutto nel fare cose semplici. Di questo gesto tecnico va innanzitutto segnalata l’originalità: quante punizioni del genere ricordiamo segnate nel nostro campionato? Avrò la memoria breve ma non me ne viene in mente nessuna.

Torreira è distante una trentina di metri dalla porta. Abbastanza per lasciar pensare tutti che stia per crossare in area, verso il mucchio di uomini che sembrano pronti a tagliare verso la porta da sinistra a destra. Sorrentino ha messo pochi uomini in barriera proprio perché si aspetta un cross, e anche perché da così lontano è sempre meglio vedere il pallone per l’intera traiettoria. Non ci sono in effetti molti modi per battere il portiere da lì, e uno di questi è inventarsi una parabola assurda e illeggibile: Torreira prende la rincorsa come per crossare, ma poi scava la palla sotto con una piccola frustata di mezzo esterno che sembra eseguita senza sforzo, come un esercizio di pura precisione. Se fermiamo l’immagine appena dopo il calcio, potremo notare bene l’oscillazione obliqua della pallone rispetto al punto di calcio. La palla si alza molto in modo perpendicolare e quando ricade lo fa piombando a effetto all’angolo sinistro di Sorrentino.

Chi ha progettato i nuovi palloni, e alle loro potenziali traiettorie, lo ha fatto sognando tiri del genere.

Il recupero di Astori su Trotta

Domenica non è stata la miglior giornata della vita da calciatore di Davide Astori. La Fiorentina ha perso 2 a 1 e lui ha una piccola responsabilità sul primo gol, dove si è schiacciato troppo sul portiere nel cross verso Budimir, e una grande responsabilità sul secondo gol, quando ha regalato la palla a Trotta, lanciandolo verso Sportiello. Astori è un ottimo difensore: gioca e ha giocato in squadre di ottimo livello, ha 14 presenze in Nazionale e da questa stagione indossa la fascia da capitano della Fiorentina.

Le cose non stanno andando bene però e Astori sta giocando al di sotto delle aspettative. Questo recupero che abbiamo deciso di inserire è quindi un incoraggiamento, oltre che una testimonianza delle sue qualità. Trotta in corsa è un giocatore dalla forza sottovalutata e Astori è stato bravo a non perdere contatto e a scegliere con tempismo il momento per un intervento complicatissimo, eseguito col tacco. È un intervento che ha quasi salvato un gol, ma nel computo finale della partita peserà infinitamente meno dell’errore che ha portato al gol di Trotta.

La prestazione di Astori è quindi una buona rappresentazione dell’inferno esistenziale della vita di un difensore in uno sport dai punteggi bassi (quanto peserebbe sul giudizio di una partita di Lebron, mettiamo, una stoppata sbagliata, o una perdita di possesso costata due punticini?). Un intervento straordinario non sanerà mai i danni provocati da un errore. È un mestiere difficile, e dovrebbero ricordarlo con un po’ più di sensibilità tutti quelli che criticano Astori sui social.

Bonus dalla Serie B: la rovesciata di Paulinho

Anzitutto, per i più distratti: Paulinho è tornato in Italia. Non a Livorno, in Lega Pro, ma alla Cremonese, in Serie B. Può sembrare contro-intuitivo, ma dopo aver passato tre dei suoi migliori anni in Qatar, Paulinho Sérgio Betanin è tornato per godersi il tramonto dorato che l’Italia riserva ai veri centravanti, quelli capaci di fare gol in qualsiasi situazione e a qualsiasi età. Il modo migliore per chiudere questa selezione è celebrare il suo gol in rovesciata, una madeleine del Paulinho migliore, quello nel Livorno post Protti e Lucarelli. Paulinho a 15 anni giocava con Thiago Silva nella Juventude e ha partecipato al Mondiale Under 20 con il Brasile di Fernandinho, Jo e Rafinha. Da giovane ha fatto provini con molte squadre, Mourinho gli ha detto di credere più in sé stesso… poi, niente, è andato in crisi per i primi anni in Italia, si è ritrovato nel prestito al Sorrento e poi è esploso definitivamente a cavallo delle stagioni 2012/13 e 2013/14 in cui il Livorno è salito in A solo per riscendere dopo un anno. A fine stagione (con 15 gol all’esordio) pareva che Paulinho fosse richiesto da mezzo campionato e anche in Inghilterra, è andato vicino a prenderlo il Verona e invece, pare anche per ragioni politiche e personali, ha preferito andare in Qatar.

Adesso Paulinho è tornato, veste la maglia numero 10 della “Cremo” e ha già segnato tre gol, due contro il Perugia. Il primo è questa rovesciata. La prima parte del gesto tecnico di Paulinho è in realtà tanto fondamentale quanto l’acrobazia, parlo dello stop di petto con cui controlla un lancio leggermente arretrato e si gira verso l’interno, eludendo il raddoppio di marcatura del centrale di difesa sinistro del Perugia, Belmonte. Poi il colpo di genio. Avrebbe potuto far scendere la palla e colpire di collo. O, meglio ancora, controllarla e poi calciare di collo. Invece si getta all’indietro, trasforma il suo corpo in una catapulta e in rovesciata disegna una parabola delicata ed elegante che va nell’angolo più lontano per il portiere. Non è una rovesciata violenta, anche se Paulinho si coordina velocemente e ruba il tempo a tutta la difesa del Perugia. È una rovesciata di grande intelligenza ed esperienza, di chi vive e gioca a calcio sentendo la porta avversaria. Di chi crede pienamente e totalmente in se stesso. Una cosa che, di questi tempi, è più comune che mai nel calcio di provincia. Insomma, bentornato Paulinho.