Inter: ci pensa Spalletti, ma serve un rinforzo per sognare ancora
Serie AI numeri di Spalletti negli ultimi campionati "garantiscono" una certa serenità all'ambiente, ma per "andare a comandare" non si potrà prescindere dai rinforzi nel mercato di gennaio. Fu proprio la sua Roma l'anno scorso a stabilire le distanze tra le due squadre a San Siro, con la doppietta di Nainggolan, che il tecnico avrebbe portato volentieri a Milano per spostare gli equilibri...
Se prendessimo in considerazione soltanto i numeri del "nuovo Spalletti" dal suo ritorno in Italia nel gennaio del 2016, compresa la media-punti tenuta fin qui con l'Inter, allora sì che i tifosi nerazzurri sarebbero autorizzati a potersi dichiarare "in una botte de' fero", potrebbero davvero sentirsi "sul divano di casa" come piace dire al loro allenatore. Per "andare a comandare" (cit.) sarebbe sufficiente vincere con Sassuolo e Lazio, chiudere così il girone d'andata a 46 punti, copiare e incollare: alla fine sarebbero 92, uno in più di quelli che sono bastati alla Juventus per conquistare gli ultimi due scudetti.
Se pensiamo, poi, che i nerazzurri giocheranno in casa gli scontri diretti con Napoli, Juve e Roma, e "che non hanno le coppe" (ma la Coppa Italia cos'è di preciso? Il Pordenone avrà pur insegnato qualcosa... il 27 c'è un derby) e il giochino è presto fatto. Peccato per gli interisti che l'Inter non è "quella" - e nemmeno questa - Roma, programmata per tre competizioni, e da qui a dire "andiamo a comandare" c'è - ci sarebbe - di mezzo... "comprare". Tradotto: fair play finanziario, che fa rima con Joao Mario...
La carica di Steven
Nella giustificata euforia di una cena natalizia il giovane Steven Zhang si è divertito a citare Rovazzi, ma giusto il tempo di un brindisi: "Sono qui da un anno e mezzo, siamo passati da alti e bassi e nel 2018 scriveremo la storia del Club festeggiando i 110 anni. Stiamo già andando nella direzione giusta e sapete cosa dobbiamo fare nella seconda parte di stagione, l'obiettivo è chiaro: la Champions". Nella mentalità di Steven convivono i due aspetti: la razionalità di un manager, l'entusiasmo del tifoso. Non molto distante dagli umori del popolo all'uscita da San Siro sabato pomeriggio dopo la sconfitta con l'Udinese, la prima con Spalletti in panchina: i tifosi più pessimisti subito a rintracciare delle analogie con la seconda Inter di Mancini, che si "dissolse" proprio in questo periodo dopo essere stata in testa per buona parte del girone d'andata; per i "sognatori" la possibilità di vincere lo scudetto non può essere svanita per uno scivolone, che "siamo ancora lì".
Inter-cambiabile
In mezzo c'è una verità, incontrovertibile: al netto del Mancio e Spalletti, l'Inter per 7-8 undicesimi non è cambiata. Quella che si è "liquefatta" con il Sassuolo (condannata da un rigore di Berardi al 95' proprio nei giorni del ritorno di Spalletti in Italia, era il 10 gennaio 2016), in quell'Inter c'erano già Handanovic, D'Ambrosio, Miranda, Nagatomo, Brozovic, Perisic e Icardi (con Santon e Ranocchia in panchina). Tanto che le "novità" contro i friulani di Oddo erano appena 4, tra i titolari: Candreva, Borja Valero, Vecino e Skriniar (Gagliardini e Karamou sono subentrati nella ripresa; Joao Mario e Dalbert indisponibili, e Cancelo rimasto a sedere).
Déjà-vu
Che significa? Che a rigor di logica l'attuale rosa a disposizione sarebbe già di per sé in grado di centrare l'obiettivo ribadito da Zhang (l'Inter di Mancini finì quarta, che a maggio significherebbe comunque qualificazione in Champions). Ma con tutto il rispetto per Medel, Guarin, Felipe Melo, Kondogbia, Jovetic, Ljajic questa Inter sembra più solida, in prospettiva almeno. Lo stesso Icardi - che al termine di quel campionato realizzerà 16 reti - ne ha già messe a segno 17. E c'è appunto la recente storia di Spalletti. Specialmente nelle reazioni alla sconfitta, quello che ora preoccupa di più la tifoseria, scottata da anni di illusioni e successivi "crolli": dallo Stramaccioni primo nel 2012 alla "remuntada" fallita da Pioli la scorsa stagione (con la "solita" intelaiatura).
In una botte de' fero
Il tecnico toscano non "scende" sotto la terza posizione dal "lontano" 2010, con due titoli e altrettanti secondi posti allo Zenit; il terzo con la Roma da subentrato a Rudi Garcia grazie a un super girone di ritorno (14 vittorie, 4 pareggi e un solo ko, con una media di 2,42 punti a partita); vice campione d'Italia l'anno scorso con il record di 28 successi, tre pareggi e 7 sconfitte. Una delle quali arrivò sempre alla 17esima giornata, a Torino con la Juve: i giallorossi si rialzarono alla grande, vincendone quattro di fila, poi ancora uno stop e di nuovo 4 vittorie, inclusa quella a Milano, quando Nainggolan fece il bello e il cattivo tempo e spostò i famosi equilibri, stabilendo le distanze tra le due squadre. Distanze colmate oggi dal lavoro di Spalletti, e vabbè che è Natale, ma se Gattuso dice di non essere Padre Pio anche Luciano non potrà sempre fare miracoli.