Jordan Veretout è un giocatore perfetto per lo stile di gioco della Fiorentina di Pioli, dove il suo talento sta rinascendo dopo alcuni anni di maturazione difficile. Pregi e difetti di uno dei centrocampisti più interessanti del campionato
Nella Loira, un centinaio di chilometri a nord di Ancenis, dove è nato Jordan Veretout, c’è un insieme di 23 grotte preistoriche, di cui due ornate da pitture rupestri. Benché non siano famose quanto le grotte di Lascaux, Chauvet o Pech-Merle, né siano altrettanto uniche, nelle grotte di Saulges si trovano cavalli, bisonti, rinoceronti e uccelli. Per alcuni studiosi le pitture preistoriche sono una rappresentazione abbozzata, distante da quello consideriamo arte, semplice come gli uomini che l’hanno prodotta. Molti indizi, però, tipo il fatto che gli animali riprodotti non facevano parte della dieta degli uomini di quei tempi, spingono verso un’interpretazione opposta, e cioè che anche dietro quelle immagini ci fossero significati simbolici e processi cognitivi complessi. Anche nel gioco di Veretout c’è una semplicità, quasi una stilizzazione di quelli che sono i compiti di un centrocampista all-round, che ha aiutato a farlo passare inosservato. Con il passare delle giornate di campionato, però, è diventato sempre difficile non notare il suo lavoro in mezzo al centrocampo della Fiorentina e, adesso che di giornate ne sono passate 20, non sembra esagerato dire che è uno degli acquisti più azzeccati del passato mercato estivo. È il giocatore della Fiorentina più presente in campo dopo Sportiello e Astori (che hanno giocato tutti i minuti a disposizione) e Stefano Pioli ha detto che è uno dei giocatori che lo ha “sorpreso” di più. E la sorpresa è dovuta in parte al fatto che, fino a pochi mesi fa, non era facile avere un’idea chiara su che tipo di giocatore fosse Jordan Veretout.
Era lecito avere dei dubbi quando è arrivato a Firenze (Antognoni lo ha presentato un po’ vagamente come un “centrocampista moderno”) anche perché il suo curriculum era simile a quello di tanti altri giovani talenti che non sono riusciti a compiere il salto definitivo tra i professionisti: ha vinto il Mondiale Under 20 con la Francia di Pogba, Kondogbia e Umtiti e giocato qualche buona stagione in Ligue 1, con il Nantes; ma ha mancato il salto in Premier League con l’Aston Villa e per giocare è dovuto tornare nuovamente nel campionato francese, in prestito al Saint-Etienne, prima di essere ceduto dalla squadra inglese per una cifra inferiore a quella di acquisto.
Dietro una descrizione così abbozzata si possono comunque leggere le difficoltà di un calciatore che a ventiquattro anni ha scelto l’Italia per riprendere in mano le redini della propria carriera e che ha dovuto, contemporaneamente, adattarsi a un campionato nuovo e difficile. «In Italia è più difficile giocare», ha detto. «C’è molta tattica e anche fisicamente bisogna saper rispondere presente. Mi ha stupito il fatto che si lavori così tanto con i video, non ero abituato. È molto utile per migliorare».
In questo girone d’andata Jordan Vertout ha dimostrato grande capacità di apprendimento, caratteristiche spesso sottovalutate quando si parla di giovani calciatori.
La versatilità è una delle principali qualità di Veretout, che è stato capace di adattarsi a ruoli, situazioni e persino campionati molto diversi tra loro. Ha iniziato il Mondiale U20 al centro di un centrocampo a tre, poi ha giocato in coppia con Lemina e infine è stato spostato sulla trequarti, al centro di un 4-2-3-1. Il trequartista davanti a Kondogbia e Pogba, che dominavano il centrocampo creando situazioni offensive piuttosto statiche, è il ruolo in cui sembrava meno adatto, per via delle sue difficoltà a smarcarsi e un gioco spalle alla porta non eccezionale. Probabilmente la sua qualità vicino alla porta giustificava una simile forzatura a quel livello.
Al Nantes, in un campionato atleticamente di livello come quello francese, ma con distanze spesso lunghe e spazi aperti, ha giocato a centrocampo ma anche in zone più avanzate, come trequartista incursore o addirittura seconda punta, sfruttando un dinamismo e una rapidità che in quegli anni era il suo punto di forza. All’Aston Villa ha giocato sia da playmaker che da esterno destro e sinistro, o di nuovo seconda punta, anche se era piuttosto piccolo per gli standard del campionato inglese ne ha approfittato per adattarsi a giocare a pochissimi tocchi. Quando è tornato al Saint-Etienne aveva un fisico più maturo e un’agilità minore rispetto ai diciotto anni, giocando sia mediano che mezzala ma con maggiori compiti difensivi e di controllo della palla (ed è significativo che l’ultima partita, per coprire un buco, l’abbia giocata come interno destro di una linea difensiva a 5).
Esperienze diverse che non solo hanno formato le sue caratteristiche ma che gli stanno tornando utili alla Fiorentina: all’interno di un sistema verticale come quello di Pioli, cioè, in cui Veretout si ritrova sia ad inserirsi senza palla che a gestire il pallone vicino alla difesa, giocando il primo passaggio che tagli la linea del centrocampo e muova la struttura avversaria. Sono saltati agli occhi i due gol con inserimento sul lato cieco realizzati contro Sassuolo e Roma, oltre alla splendida punizione contro il Verona, ma Veretout ha partecipato a molti gol della Fiorentina con un contributo magari poco visibile, con un passaggio che buca il blocco difensivo avversario (nel video qui sotto c’è un filtrante per Théréau che lo mette in condizione di giocare l’assist in profondità per Chiesa) o muove la Fiorentina da una parte all’altra creando i presupposti per l'affondo successivo.
Veretout ha una grande tecnica a sua disposizione, nello stretto e nel lungo, una buona visione di gioco e un gusto particolare per i filtranti.
Landry Chauvin, suo allenatore al Nantes, ne lodava lìintelligenza calcistica: «È in costante lettura del gioco»; ma, oltre a immaginare che avrebbe dovuto mettere su qualche chilo (fatto), ha indicato un rischio: «Se si guarda giocare, è morto». Probabilmente intendeva che se fosse diventato semplicemente un trequartista o una mezzala tecnica, soddisfatto delle proprie qualità di passaggio e calcio, non sarebbe andato molto lontano. Oggi Veretout è tutto tranne uno di quei giocatori che si guardano mentre giocano: è un centrocampista energico che tocca palla in quasi ogni zolla compresa tra un’area di rigore e l’altra, con una frequenza molto alta e una resistenza da mezzofondista. È soprattutto un giocatore verticale, con e senza palla.
Pioli ne ha lodato la gestione dei duelli individuali e Veretout in pressione è particolarmente aggressivo quando c’è da anticipare il playmaker avversario (ha letteralmente fatto sparire Gonalons nella partita contro la Roma). In fase di recupero, quando insegue un giocatore in possesso, è veloce e tecnico nel frapporsi tra palla e avversario grazie alla propria corsa. Non è molto rapido nei primissimi passi ma quando aumenta la frequenza sembra si muova su delle rotaie immaginarie e con il corpo resite anche ad avversari più grossi e elastici come Matuidi (Vertout non arriva al metro e ottanta e dovrebbe pesare una settantina di chili - su Wikipedia dice di meno, a occhio sembra qualcosina in più).
Il passato da trequartista si vede in una tecnica nettamente superiore a molti giocatori con un dinamismo simile al suo. Pur non avendo un controllo e una protezione da vero e proprio playmaker è abituato a giocare con l’uomo alle spalle o che arriva in pressione di lato. Riesce spesso a trovare una linea di passaggio per anticipare l’intervento oppure a dribblare spostando la palla con un gioco di gambe semplice ma efficace (vedi l’azione contro il Sassuolo che ha portato al gol di Simeone). Usa bene sia il destro che il sinistro e questo lo aiuta a non trovarsi mai con le spalle al muro, anche se pressato. È un giocatore prudente e l’orgoglio non gli impedisce di scaricare palloni semplici alla difesa, anziché rischiare un controllo non sicuro.
Nella Fiorentina è il centrocampista con la percentuale di passaggi riusciti migliore (85,7%; Badelj si ferma a 83,7% e Benassi a 80,1% ) e il secondo della rosa dopo Astori (87,6%), che però come tutti i difensori centrali è esposto a rischi minori. Batte angoli e punizioni e finora ha effettuato 44 passaggi chiave, il migliore della Fiorentina dopo Biraghi (48). E se per il terzino il gioco lungo è preponderante (37 dei passaggi chiave di Biraghi sono cross), Veretout è più equilibrato (23 cross per i 44 passaggi chiave). Se in passato è stato impiegato anche sulle fasce o in attacco è perché con il destro calcia la palla straordinariamente bene.
Se il ritmo si abbassa Veretout diventa un giocatore più normale e leggibile, senza palla invece può pagare la sua impazienza e la sua fretta di aggredire.
Veretout sta dimostrando un sangue freddo e una determinazione da veterano e se Pioli tempo fa diceva che avrebbe dovuto migliorare alcune letture, l’impressione è che anche sotto questo aspetto stia imparando in fretta. Contro l’Inter, in una partita in cui nessuna delle due squadre ha avuto controllo della palla o degli spazi, ha giocato delle sue gare migliori mostrando tutti i pregi quando si tratta di giocare in verticale.
Ma l’insieme delle caratteristiche di Veretout lo rende un giocatore per certi versi contraddittorio. La sua precisione nei passaggi sulla media e lunga distanza lo rende efficace in transizione, o in generale con uno stile diretto come quello della Fiorentina; ma al tempo stesso Veretout non ha il passo o la potenza per portare palla per molti metri ad alta velocità. Come detto, con il destro colpirebbe una mela sopra la testa di un bambino a cinquanta metri di distanza, ma usa quasi solo il piatto e l’interno del collo, con un angolo piuttosto stretto rispetto al corpo. Deve prima girare il corpo in direzione del passaggio che vuole effettuare: il che lo rende prevedibile quando la squadra avversaria è compatta in posizione difensiva. Per questo la percentuale di riuscita dei suoi passaggi sulla trequarti offensiva scende addirittura al 68%.
Veretout sembra trovarsi meglio a giocare il penultimo o l’ultimo passaggio all’altezza della metà campo, il che lo rende poco adatto a una squadra che giochi lunghe fasi di attacco posizionale.
Quando il ritmo della partita si abbassa, Veretout diventa un giocatore piuttosto conservativo con il pallone tra i piedi, con geometrie elementari (se si escludono i cambi di gioco e i cross dalla trequarti). La sua visione di gioco non gli garantisce un controllo tecnico sulla partita e se si limita alla distribuzione non può avere lo spessore di quello di Badelj, soprattutto perché gli manca la sensibilità negli smarcamenti senza palla.
Non può essere né il centrocampista con la principale responsabilità in impostazione, né quello più offensivo.
Anche difensivamente è un giocatore contraddittorio: è bravo a recuperare correndo verso la propria porta, coprendo magari il buco di un compagno; ma è impaziente e preferisce lui stesso lasciare la posizione, rischiando di andare a vuoto (contro l’Inter ha subito un tunnel da Cancelo e si è fatto saltare da Vecino), rendendo vulnerabile lo spazio alle sue spalle.
Inoltre, sembra meno potente o meno elastico, seppur di poco, rispetto ai migliori centrocampisti con cui si trova confrontato (Pogba lo scorso anno in Europa League gli ha praticamente camminato sopra): paradossalmente usa meglio il proprio fisico per proteggere la palla che per entrare nei contrasti. La contraddizione, quindi, consiste nel fatto che fatica nelle lunghe fasi di difesa posizionale ma non sembra avere la caratura per diventare uno strappa-palloni e puntare tutto sull'aggressività.
Insomma, Jordan Veretout è fiorito in questo girone d’andata in una squadra particolarmente adatta al suo stile di gioco, in cui non è di certo l’unico a compiere errori provando a giocare il più velocemente possibile. Il rischio è che già in questa Fiorentina stiamo vedendo la sua migliore versione possibile.
Certo ci sono dei margini - ragionevolmente c’è da aspettarsi qualche gol in più dalla distanza; magari migliorerà anche dalla trequarti in su e può affinare le proprie scelte difensive per evitare di farsi tagliare fuori ingenuamente - e Veretout resta un giocatore di alto livello nelle cose che sa fare bene, ma per ora ha bisogno di uno o due compagni che ne completino le caratteristiche. È un ottimo “terzo centrocampista” e non è escluso che in futuro ritrovi anche la Nazionale francese, nonostante la grande concorrenza che gli ha impedito di esordire in prima squadra pur avendo fatto tutto il percorso giovanile.