Da quando Davide Ballardini si è seduto sulla panchina del "Grifone" la squadra sta tenendo una media punti da Champions League. Il modo in cui ha lavorato è un buon esempio di come si subentra a stagione in corso
Quando il Genoa ha esonerato Ivan Juric, dopo il derby perso per 2-0 contro la Sampdoria, i grifoni si trovavano a pari punti con il Verona e davanti al solo Benevento, 2 punti sotto la linea salvezza. Con l’arrivo di Davide Ballardini il Genoa ha messo a segno ben 24 punti in 13 partite, 1.85 punti a partita, una media da piazzamento in Champions League, issandosi ormai ben 14 lunghezze sopra il terzultimo posto. Come per l'Udinese qualche settimana fa, quando anche la squadra di Oddo viaggiava con la media da primi posti, anche per il Genoa sembra difficile che riesca a mantenere un ritmo così alto fino alla fine. Ma i risultati di Ballardini sono sotto gli occhi di tutti e hanno già risollevato una stagione che sembrava essere cominciata nel peggiore die modi.
L’arrivo di Ballardini ha svoltato completamente la stagione dei rossoblù, che sembravano destinati a vivere di sofferenza come ormai da un po’ troppi anni a questa parte. Il miglioramento è stato evidente soprattutto dal punto di vista difensivo: con Juric, il Genoa ha realizzato 10 reti in 12 partite, mentre con Ballardini ne ha totalizzate 11 in 13 partite; tuttavia, sotto la gestione dell’allenatore della promozione del Crotone i rossoblù avevano incassato 19 gol in 12 partite, contro i soli 6 subiti da Ballardini in 13 gare, meno di 0.5 a partita.
Ballardini però non ha lavorato bene solo sulle fasi di non possesso. La sua abilità è stata quella di mettere mano alla squadra in tutto il suo complesso, senza comunque buttar via quanto di buono costruito da Juric. Dove la gestione di Ballardini si distingue maggiormente da quella precedente è semmai sulla fase offensiva, centrata sulle caratteristiche dei giocatori a disposizione.
Una nuova verticalità
Nonostante la somiglianza di idee di gioco con Gasperini, Juric aveva dimostrato già al Crotone di concepire in maniera più verticale le catene laterali rispetto all’attuale allenatore dell’Atalanta. Gasperini abitua i suoi giocatori a palleggiare più spesso in spazi stretti vicino alla linea laterale e a cambiare eventualmente gioco sul fronte opposto; Juric, invece, anche in questa stagione ha mostrato di preferire andare velocemente al cross in maniera diretta, con l’esterno di centrocampo o con quello d’attacco.
Per questo Juric ha impostato il suo gioco sopratutto sulla catena di sinistra, sfruttando le caratteristiche dei due esterni alti o trequartisti: a sinistra veniva utilizzata la qualità tecnica di Taarabt per gestire il pallone nell’addensamento di uomini creato dal Genoa, mentre l’area veniva così occupata da Galabinov (preferito a Lapadula per la sua fisicità) e dagli inserimenti sempre puntuali del trequartista di destra, Rigoni.
La questione chiave del passaggio al gioco di Ballardini riguarda proprio la scelta del centravanti. Ballardini ha rispolverato Galabinov dopo l’infortunio di Taarabt il mese scorso, mentre dalla panchina ha ripescato Goran Pandev, trasformandolo da oggetto misterioso a giocatore chiave. Se Galabinov con Juric rappresentava la classica punta robusta e forte fisicamente, importante nel gioco di Gasperini (similmente a Pavoletti, Petagna, Cornelius, o Budimir nel Crotone proprio di Juric), Ballardini aveva invece trasformato Taarabt nel centravanti della squadra: prima che si infortunasse, il marocchino era il giocatore delegato a dare profondità, sfruttando l’interazione con Pandev.
A Taarabt veniva richiesto di allargarsi (ad esempio, verso destra contro il Benevento o verso sinistra contro la Juventus) soltanto quando il Genoa non riusciva ad attaccare velocemente in verticale ed era costretto ad affrontare una difesa schierata. In questo modo Ballardini ha sfruttato l’abitudine dei giocatori a costruire una catena laterale addensando tanti uomini in fascia, sfruttando le qualità di Taarabt e non costringendolo a una ricezione spalle alla porta in zona centrale.
Il Genoa attacca la difesa schierata della Juvenus: addensa tanti uomini a sinistra, aiutata dal movimento di Taarabt compensato dal taglio profondo della mezzala opposta (Rigoni).
Dopo l’infortunio di Taarabt hanno giocato sia Lapadula che, soprattutto, Galabinov da punta, con un’interpretazione del ruolo per forza di cose più tradizionale rispetto a quella di Taarabt. Del resto non era il marocchino il giocatore chiave del nuovo corso del “Grifone”. La vera novità riguarda la posizione e la funzionalità di Pandev, schierato quasi sempre in verticale sulla linea e alle spalle della punta. L’idea di utilizzare il 3-5-2 (anziché il 3-4-3 di Juric) nasce dall’idea di un gioco veloce e verticale: Pandev, anche più del centravanti che lo affianca, viene usato come target per una verticalizzazione bassa, approfittando delle sue abilità spalle alla porta nel proteggere palla, girarsi e scaricare velocemente, o in alternativa subire fallo. La punta accanto a lui deve invece preoccuparsi di offrire profondità.
La possibilità di sfruttare Pandev in quella posizione esalta le caratteristiche in velocità delle mezzali rossoblù: Bertolacci e Rigoni, ma anche i nuovi arrivati Bessa e soprattutto Hiljemark, amano attaccare velocemente gli spazi sia con che senza palla. La capacità di Pandev di difendere il pallone e di scaricarlo permette loro di avere il tempo di tagliare velocemente in profondità. Anche la posizione in fase di non possesso, dove solitamente Pandev agisce più basso rispetto alla punta, è funzionale a sviluppare una transizione immediata di questo tipo, con uno scarico immediato verso il giocatore macedone e gli altri movimenti di conseguenza.
Pandev riceve, si gira e nel frattempo tutti i compagni più avanzati attaccano la profondità.
Galabinov è invece un giocatore completamente opposto rispetto a Taarabt e ha comunque mantenuto il suo ruolo di prima alternativa davanti a Lapadula, che pure attacca la profondità molto meglio del bulgaro. Ma come visto ad esempio nell’ultima partita contro l’Inter, Galabinov è l’unico giocatore che può garantire duelli aerei vincenti, mentre l’attacco alla profondità è stato comunque garantito costantemente dalle mezzali Bessa e Hiljemark, oltre che dagli esterni.
Rispetto a Juric, insomma, il Genoa di Ballardini non utilizza in maniera massiccia le catene laterali e le conduzioni dei difensori centrali esterni, sbilanciando in quel modo la squadra. Ma riesce a sviluppare un gioco più veloce che esalta maggiormente le caratteristiche dei centrocampisti. Questo gioco verticale non ha prodotto una maggiore efficienza realizzativa, ma ha di sicuro aiutato la squadra a sbilanciarsi meno, agevolando i miglioramenti in fase difensiva. Una strategia più palleggiata, come quella di Juric, soprattutto se non si dispone di qualità tecniche ben sopra la media di categoria rischia troppo spesso di esporre la squadra a palloni persi e transizioni negative, un problema già visto al Crotone in Serie B.
Una nuova forma di solidità
L’altra novità importante del gioco di Ballardini è l’abbandono delle marcature con fortissimo orientamento all’uomo, tipiche del calcio di Gasperini e di Juric. O meglio, anche in questo caso Ballardini è stato intelligente a non modificare completamente la struttura difensiva ma a puntellarla, sfruttando l’indole aggressiva delle marcature a uomo quando necessario e improntando una maggiore tendenza alla copertura della zona in altri casi.
In particolare sono i giocatori che occupano i mezzi spazi, ovvero i centrali difensivi esterni e le mezzali, che hanno più libertà di seguire l’uomo e aggredirlo anche molto lontano dalla propria zona di competenza: i difensori centrali esterni, soprattutto Izzo, assecondano la propria capacità di uscire per chiudere gli spazi tra le linee, mentre le mezzali spesso impostano il pressing andando a prendere i terzini o i difensori centrali esterni avversari.
La novità principale riguarda le zone centrali di campo, anche per una questione individuale. In particolare, l’arrivo di Ballardini sulla panchina è coinciso con il ritorno di Nicolas Spolli dall’infortunio al ginocchio, che ha scalzato Rossettini dalla posizione di titolare come difensore centrale della linea a 3. Rossetti per tutta la stagione ha mostrato grandi difficoltà nei tempi di accorcio sull’attaccante che si abbassava tra le linee, mandando in crisi tutto l’assetto difensivo. La migliore mobilità di Spolli, e soprattutto la sua migliore capacità di leggere il posizionamento e coprire la zona, hanno protetto meglio la fase difensiva rossoblù.
Ilicic viene preso inizialmente da Spolli, ma abbassandosi viene lasciato libero dal difensore genoano e viene preso dal mediano Miguel Veloso.
Il Genoa ora lascia più facilmente spazi tra le linee: il suo 5-3-2 in fase difensiva è molto più evidente anche dalle riprese dall’alto, rispetto allo schieramento senza palla di Juric, più caotico. Questo favorisce anche l’ordine nel posizionamento dei giocatori, importante per organizzare una transizione appena recuperata palla. Oltre a questo, con il 5-3-2 (anziché il 3-4-3 che diventa spesso un 5-4-1) il mediano rimane spesso libero da marcature e agisce proteggendo la zona, intercettando palloni o prendendo un attaccante che si abbassa eccessivamente, permettendo così al difensore centrale di lasciargli la marcatura e riposizionarsi in copertura.
Il maggiore orientamento alla zona è stato fondamentale in particolare nell’ultima partita contro l’Inter. In particolare la linea di centrocampo ha coperto le ricezioni di Borja Valero, che svariava per tutto il campo, senza disordinarsi per seguirlo a uomo, ma ha ogni volta adattato la schermatura in base alla zona cercata dal centrocampista spagnolo. Il risultato è stato quello di tagliare molto spesso fuori dal gioco un uomo fondamentale per le sorti dell’Inter.
Ballardini insomma non ha stravolto la squadra: ha puntato su alcuni capisaldi del vecchio Genoa (come la difesa a 3 e l’aggressività dei difensori centrali esterni) adattandoli alla struttura generale e migliorandola. Il Genoa in poco tempo ha assimilato idee di gioco non troppo sofisticate, ma comunque ben calibrate sulle caratteristiche degli uomini a disposizione. Ora, anche grazie a una condizione psico-fisica importante, la sua dimensione è decisamente cambiata.