Milan, Bonucci is back: così è tornato "a spostare gli equilibri"

Serie A

Alfredo Corallo

Il capitano del Milan Leonardo Bonucci, alla prima stagione con la maglia rossonera (foto Getty)

Il capitano del Milan si appresta a giocare il terzo derby della stagione, una partita che ha rappresentato le due facce della sua nuova esperienza milanista: la sconfitta di ottobre e la crisi dei primi mesi, la rinascita rossonera con Gattuso nella stracittadina di dicembre. E domenica, contro la sua bestia nera Icardi, sarà chiamato a spostare definitivamente gli equilibri... 

 

Che poi Bonucci non scrisse o disse "sposterò". A quei tifosi che gli avevano chiesto di spostare i famosi equilibri (ora che Leo non "barcolla" più possiamo dirlo: ma che domanda è?!), ebbene a questi studiosi di Galileo e Newton il neo capitano rossonero rispose, testuale: "Lavorerò per riuscirci lottando con ancora più fame". Certo che tra "sposterò" e "lavorerò per spostarli" ne corre. Ci sono litri di sudore e un mattone di sintassi nel mezzo grosso quanto una casa. Nel dubbio - se non fosse stato chiaro in italiano (più chiaro di così!) - il buon Leonardo si prese la briga di tradurre il suo pensiero su Instagram anche in inglese, come da sua sana abitudine: "Some supporters asked me if I'll be able to shift the balance... I will work to make it fighting with more hunger than ever!". I WILL WORK TO MAKE IT, non (not!) "I will make it". 

La "sindrome" di Platini

Insomma, ci troviamo di fronte a un malinteso storico. Mesi e mesi di parodie, dispetti, cattiverie gratuite per un banale equivoco lessicale. Perché va bene che è stato pagato 40 milioni di euro (42, l'è istess); va bene che è arrivato da Torino direttamente con la fascia al braccio; che sì, a volte con quel suo essere energico, cazzuto, quella sua costante voglia di caricare l'ambiente, possano essere scambiati per supponenza (se non dovesse vincere il derby è già pronto un archivio di meme con le sue ultime parole famose, da "Lo vinceremo noi perché siamo più squadra" a "Un gol lo faremo" e bla bla); allo stesso tempo, però, non dobbiamo neanche lamentarci se l'Istat nel suo Rapporto sulla Conoscenza 2018 bacchetti l'Italia, ultima in Europa per percentuale di laureati, allergica allo studio, alla carta. Allora non era un equivoco: "L-a-v-o-r-e-r-ò per riuscirci". È quello che ha fatto, ci ha lavorato su. Aveva bisogno di tempo, tutto qui. La "sindrome di Platini": 6 mesi per ambientarsi, ma dopo...

Alla guerra con Gattuso 

Dopo 6 mesi (meno) è tornato ai livelli della Juventus, o poco ci manca. E l'arrivo di Gattuso in questo senso è stato decisivo, per sua stessa ammissione. "Con lui il Milan è diventato squadra - ha spiegato il viterbese, 31 anni a maggio - prima non lo era. È stato bravo a far sentire tutti importanti, dal primo all'ultimo, e questo penso sia il segreto più grande. Mi ricorda Conte per carisma, determinazione e la ferocia che trasmette. Se è tornato l'entusiasmo a Milanello è merito suo". Il leader in pectore Bonucci aveva bisogno di un altro Leader che condividesse il peso di quella responsabilità con lui per andare alla guerra, un generale per cui combattere ed essere disposti a "gettarsi nel fuoco", come ha insegnato il Milan di Ancelotti e l'Inter del Triplete.

E invece ha sentito quell'onore-onere con un eccessivo senso di colpa, si è caricato - gli hanno caricato - un macigno sulle spalle e non ha retto al peso. È stato il capro espiatorio di sé stesso. Si è dato la colpa da solo e ne ha sofferto. Montella non l'ha certo favorito insistendo con la difesa a 3, ma non l'ha fatto per cattiveria, era il suo modo per farlo sentire a casa, il modulo dell'accoglienza. E ha finito per isolarlo. Al suo fianco non c'erano Chiellini e Barzagli, che oltre a fargli da "Bravi" in campo erano - sono - due grandi amici. Ma sono stati insieme 7 anni, non qualche pomeriggio a giocare alla play dopo l'allenamento. 

La bestia nerazzurra

Prima del derby (d'andata) il Milan aveva racimolato 12 punti, 4 sconfitte in 8 partite e 13 (13!) gol subiti. E ai 13 si aggiunsero i 3 dell'Inter. Ma quelli ci stavano, Bonucci l'ha sempre sofferto Icardi, non sarà un caso che ogni volta (diciamo spesso) che l'abbia incontrato sia tornato a casa con le ossa rotte. Sette reti ai tempi della Juve, che con la tripletta del 15 ottobre fanno 10. Ma Icardi - se sta bene - segna contro tutti, sul gol del vantaggio è stato bravo lui a inserirsi su una palla già fantastica di Candreva, sul secondo gol invece torniamo al solito discorso: alla Juve, se non ci arrivava lui c'era sempre uno degli altri centrali a metterci la pezza, nel primo Milan era lasciato in balia di sé stesso. Per peccati di gioventù, per mancanza di sincronismi e di fiducia, le basi della difesa a 3. 

Profondo rosso

Ma il punto più basso della sua esperienza milanista lo toccò la settimana successiva, contro il Genoa: espulso (con il Var) per la gomitata a Rosi - cui chiederà immediatamente scusa - viene squalificato per due giornate, che tradotto significa niente Juventus. "Vuol dire che era destino" commenterà da Londra, premiato dalla Fifa e inserito nel top team del 2016-17 - "ma è stato un movimento involontario". Come se non bastasse monta anche una polemica con il suo ex mental coach, da cui il difensore si dissocia su Twitter per alcune affermazioni che evidentemente non gli erano piaciute.

Per chiudere in bellezza il Milan vince 4-1 al Bentegodi (Chievo) nella prima partita giocata senza di lui e le ironie si sprecano. Poi la Juve ne farà due ai rossoneri a San Siro e tornerà tutto nella "regolarità". Fa il suo dovere al rientro nel successo esterno con il Sassuolo, ma la ricaduta di Napoli e il pareggio interno con il Torino - quando il figlio "granata" Lorenzo riceve la maglia dal Gallo Belotti, ricorderete - costano la panchina a Montella. Mettiamoci pure la delusione di non andare al Mondiale. E il nastro si riavvolge, lentamente, ma si riavvolge.

Cutrone-Inter 1-0: la svolta

Perché c'è ancora qualcosa da raschiare in fondo al barile: il gol di un portiere (avversario) per esempio, Brignoli a Benevento; il 3-0 del Bentegodi bis (sponda Hellas, stavolta con lui in campo, ovviamente); l'harakiri interno con l'Atalanta, di cui Bonucci non è esente da colpe (troppo timido sull'azione del raddoppio di Cristante). È Natale, ma i fischi del Meazza non risparmiano nessuno, Leo ci mette per l'ennesima volta la faccia, chiede scusa ai tifosi, ma non può più bastare. Quando tutto ormai sembra perduto il Milan trova sotto l'albero il regalo che non ti aspetti, dal suo peggior nemico: l'Inter, o quel che ne restava. Quella sera arriva la svolta: il 27 dicembre nei quarti di Coppa Italia. Sotto una pioggia battente i rossoneri giocano alla "scozzese", come vuole Gattuso. Bonucci è un altro rispetto al primo derby, e Icardi pure. Entra Cutrone e si sa: "se c'è in campo Cutrone è gol". E il Milan - magicamente - non si ferma più. 

È tutto un equilibrio sopra la follia

Non può essere una coincidenza che Bonucci torni anche al gol (da 3 punti), il primo in maglia rossonera, appena una settimana dopo contro il Crotone. La difesa a 4 comincia a fare effetto, l'intesa con Romagnoli migliora di partita in partita, come l'autostima. Necessaria per segnare quel rigore in semifinale giovedì con la Lazio. Ora un altro derby, poi l'Arsenal, a fine marzo il ritorno allo Stadium. Ma il peggio è alle spalle. "Se ho mai pensato chi me lo ha fatto fare? Sinceramente sì - ha ammesso - è stato il momento in cui le mie prestazioni in campo non coincidevano con il vero Bonucci. Poi mi sono messo a lavorare ed mi sono concentrato più su me stesso che sul resto, perché la testa muove tanto, se non tutto". È tutto un equilibrio sopra la follia, il teorema di Sally: "Forse davvero non è stato poi tutto sbagliato, forse era giusto così".