
Thiago Motta e gli altri allenatori che hanno iniziato da loro ex squadre
Tanti ex giocatori hanno iniziato la carriera da allenatori. Molti lo hanno fatto in squadre in cui avevano già portato i loro talenti da calciatori. Thiago Motta è solo l'ultimo esempio di una tendenza sempre più frequente negli ultimi anni, ma che ha già esempi illustri in passato. A volte il rischio è stato ripagato, altre volte no

Preziosi ha dato fiducia a Thiago Motta per la panchina del suo Genoa. Una fiducia che l'ex Inter e Psg ha ricambiato già da giocatore, quando nel 2008 il presidente rossoblù lo mise sotto contratto in un momento in cui la sua carriera sembrava finita prematuramente per i tanti infortuni. Un nuovo ex calciatore inizia la sua carriera da primo allenatore in una squadra in cui aveva già giocato. Una dinamica che negli ultimi anni si è ripetuta spesso. A volte la scommessa si è rivelata azzeccata, in altri casi meno...

L'arrivo di Guardiola, prima sulla panchina del Barcellona B, poi su quella della squadra senior, è stato spesso considerato uno spartiacque. Prima ottimo regista di centrocampo per oltre un decennio, prima di lasciare il testimone a Xavi e allo stesso Motta, poi allenatore in grado di rivoluzionare il gioco e di rendere il Barcellona la squadra più forte del mondo. Un modello che ha fatto scuola.

Ma lo stesso Guardiola ha guardato prima a un altro modello, quel Johan Cruijff che, dopo essere stato uno dei calciatori migliori di sempre con Ajax e Barcellona, è diventato anche allenatore delle due squadre, allenando proprio il giovane Guardiola.

All'Ajax si sono spesso fidati dei loro ex giocatori, affidandogli panchine o scrivanie dirigenziali. Frank de Boer in Italia non è ricordato benissimo, ma da esordiente allenatore dell'Ajax vinse per tre di volta di fila l'Eredivisie dopo aver vinto già molto da giocatore dei lancieri negli anni '90

Prima di Motta, è stato Vincent Kompany l'ultimo a tornare in una sua ex squadra per iniziare ad allenare. Lo ha fatto con l'Anderlecht, assumendo addirittura la carica di giocatore/allenatore nella squadra che lo aveva lanciato. L'avventura non è iniziata bene e il difensore è stato subito scavalcato nelle gerarchie da quello che doveva essere il suo vice, Simon Davies

Non è stato certo il primo caso di allenatore-giocatore. Un esempio sotto questo punto di vista è stato offerto dal Chelsea tra il 1996 e il 1999. Prima gli inglesi ingaggiarono Ruud Gullit, offrendogli (anche) la panchina dopo un anno da semplice giocatore. Nel 1998 il doppio ruolo venne però affidato a Gianluca Vialli, acquistato un anno prima. L'ex juventino si ritirò dal campo nel 1999 e rimase come allenatore anche nel 2000, portando qualche trofeo ai Blues

L'Inghilterra è oggi un esempio sotto questo punto di vista, dove tutti i migliori allenatori hanno iniziato partendo dalle loro ex squadre. Oltre a Guardiola, Jurgen Klopp, dopo una carriera dedicata solo al Magonza, nel 2001 appende gli scarpini al chiodo nel bel mezzo della stagione per allenare proprio la stessa squadra. Lo farà fino al 2007, prima di far decollare la sua carriera al Borussia Dortmund

Mauricio Pochettino ha giocato per due fasi della sua carriera all'Espanyol, dove si ritirò nel 2006. Dopo appena tre anni però, il club catalano gli affidò la panchina ottenendo risultati positivi.

Sì, nelle due foto c'è la stessa persona. Unai Emery ha concluso una mediocre carriera da giocatore nel Lorca, Serie B spagnola. Era il 2005: nello stesso anno inizia un'avventura migliore da allenatore, partendo sempre dallo stesso club

Ole Gunnar Solskjaer, prima di essere l'ennesimo allenatore chiamato a riportare il Manchester United ai fasti di Ferguson, ha iniziato ad allenare in patria, nel club norvegese del Molde, lo stesso in cui aveva lanciato la sua carriera da calciatore prima di essere comprato dallo United. Percorsi che si ripetono.

Alan Shearer, uno dei più grandi bomber inglesi, ha legato una lunga parte della sua carriera al Newcastle. Dopo averlo aiutato con valanghe di gol, il cuore lo porta ad accettare l'incarico da allenatore nel 2009 in una situazione disperata, nonostante non avesse avuto esperienze dopo il ritiro nel 2006. Il risultato fu la retrocessione.

In Inghilterra, anche se in Championship, c'è anche “El Loco” Bielsa, che ha iniziato le sue due carriere da giocatore e allenatore nella stessa squadra, il Newell's Old Boys di Rosario, diventandone una leggenda, soprattutto per quanto fatto in panchina. Non a caso, gli è stato intitolato lo stadio.

Stesso sangue argentino per "El Cholo" Simeone, che nel 2005 si trasferisce al Racing di Avellaneda, la sua squadra del cuore. Dopo un anno abbandona il campo per trasferirsi in panchina, dove però resterà pochi mesi, tornando sempre per poco tempo nel 2011. Brevi parentesi di una grande carriera.

Ora Simeone è in Spagna, all'Atletico, dove si contende il derby di Madrid con il Real di Zidane. Il francese, che dopo l'addio al calcio nel 2006 non era mai stato primo allenatore, era rimasto un fedele uomo di Florentino Perez. Messo in panchina nel 2015 tra lo scetticismo generale, ha conquistato tre Champions League consecutive.

Un suo connazionale ha provato a emularlo, ma senza successo. Thierry Henry, prima di diventare una bandiera dell'Arsenal, è stato un giovane di ottime speranze nel Monaco di Wenger di fine anni '90. Lo scorso anno è stato chiamato in panchina per risollevare le sorti della squadra del Principato, ma l'esperienza è durata appena tre mesi

In Italia, ben prima di Guardiola, un precursore è stato Fabio Capello. Berlusconi, per sostituire Sacchi, pensò a sorpresa a lui, ritiratosi da giocatore nel 1980 dopo quattro stagioni al Milan. Una piccola parentesi già nel 1987, poi l'epopea dal 1991 al 1996

E Berlusconi ha spesso continuato ad affidare le sorti del Milan in difficoltà a suoi ex pupilli come giocatori. Nel 2014 è stata la volta di Clarence Seedorf, ma a fine stagione l'esperimento è naufragato

L'anno dopo così toccò a Filippo Inzaghi, che dopo aver appeso gli scarpini al chiodo si era fatto le ossa per due anni nelle giovanili. In prima squadra però le cose non andarono bene e il suo regno durò un solo anno

Cristian Brocchi è stata l'ultima cartuccia giocata da Berlusconi. Chiamato a sorpresa dalla Primavera per sostituire l'esonerato Mihajlovic nel 2016, le sue poche partite non furono un successo. Ora però il sodalizio con Berlusconi e Galliani si è rinnovato al Monza, in Lega Pro

Compagno di squadra di Brocchi e, soprattutto, fratello di Pippo, le cose sono andate molto meglio a Simone Inzaghi. Ha sostituito Pioli sulla panchina della Lazio nel 2016 e non l'ha più mollata, collezionando ottimi risultati.

Prima di Lotito, fu Rosella Sensi nel 2011 a fare il colpo ad effetto con Vincenzo Montella, chiamato al posto del dimissionario Ranieri. A due anni dal ritiro e con un solo anno di esperienza nei Giovanissimi, se la cavò discretamente. Non riconfermato dalla nuova proprietà americana, il suo percorso da allenatore è poi sbocciato altrove.

La Juventus anche ha tentato la mossa a sorpresa con Ciro Ferrara, esordiente assoluto sulla panchina bianconera nelle ultime due giornate del 2009. Riconfermato per la stagione successiva, venne esonerato dopo qualche mese

Alla Juve, qualche anno dopo, è andata molto meglio con Antonio Conte e Massimiliano Allegri. Quest'ultimo, dopo aver girovagato molto, si ritirò nel 2003 dopo una stagione in Serie C2 con l'Aglianese, squadra del Pistoiese. L'anno successivo ne fu l'allenatore: l'inizio di una lunga scalata

La scuola toscana ha sfornato molti allenatori. Un po' di anni prima di Allegri fu Luciano Spalletti a prendere le redini dell'Empoli nel 1994 dopo due anni da calciatore a fine carriera, il ritiro e un anno di settore giovanile. La portò in Serie A. Di recente l'Empoli si è affidata a un altro ex giocatore, Giovanni Martusciello, trovando però un'incredibile retrocessione in B. L'ex centrocampista è così entrato nello staff di Spalletti prima e di Sarri poi

Anche la Serie A è oggi piena di allenatori dal percorso simile. Oltre a Inzaghi e Montella, anche Igor Tudor, oggi all'Udinese, ha iniziato il suo percorso da allenatore nella stessa società in cui aveva iniziato quello da giocatore, l'Hajduk Spalato

Roberto D'Aversa, artefice della risalita del Parma, ha appeso gli scarpini al chiodo nel 2013 dopo tre anni alla Virtus Lanciano, ennesima squadra della sua carriera. Dopo un anno da responsabile della'area tecnica, ne è poi diventato l'allenatore

Diego Lopez ha sempre avuto il Cagliari nel cuore. Dopo una vita in Sardegna da giocatore, Cellino nel 2013 gli offre anche la panchina della prima squadra. Un solo anno prima di tornare nel 2017, stavolta con Giulini, ma sempre per una sola stagione

Ma affidarsi a un proprio ex giocatore non è una moda che le società hanno sperimentato solo negli ultimi anni. Tanti ex campioni del nostro calcio hanno poi tentato una carriera da allenatori partendo dalle stesse squadre dove si erano consacrati come calciatori. Basti pensare a Luisito Suarez, da faro della Grande Inter ad allenatore nerazzurro senza successo nel 1974. O a Ciccio Graziani, chiamato per salvare la Fiorentina nelle ultime partite del 1990. Altri non hanno mai avuto velleità da allenatori, ma per poco tempo si sono prestati nell'insolito ruolo per aiutare le loro squadre in momenti di difficoltà. La stessa Fiorentina provò con Giancarlo Antognoni nel 1993 a salvarsi, ma l'impresa stavolta non riuscì. Andò meglio alla Roma con Bruno Conti nel 2005. Ora sarà Thiago Motta a dover evitare la B con il Genoa, di nuovo suo.