I nostri amici

coronavirus
Marco Cattaneo

Marco Cattaneo

La terza puntata del racconto di Marco Cattaneo: il parco giochi aspetta il ritorno dei bambini, ma intanto i suoi "abitanti" preparano una marcia molto speciale

CORONAVIRUS, TUTTI GLI AGGIORNAMENTI

“Dobbiamo aiutarli” urlò l’altalena, agitando le due catene come fossero le bandierine del guardalinee. La macchinina della polizia - impettita di fianco a lei - annuì. Le mancavano una portiera e la sirena sul tetto, le mancavano anche le due ruote posteriori. Ma soprattutto le mancavano i bambini, da quando era stata smarrita ai giardini.

E ai giardini, i bambini, non si vedevano più.

“Hanno bisogno di noi!” irruppe a voce alta la fontanella del parchetto, malinconica come non lo era mai stata.

“E noi di loro” sussurrò la porta da calcio, sperando di non farsi sentire.

E invece la sentirono.

Tutti. 

“Già” disse lo scivolo, “già” piagnucolò il tavolo da ping pong, “già” urlò un piccione, e “già” urlarono pure i suoi trenta fratelli, uno dei quali si fece largo tra la folla.

“Ora che non mi inseguono più, urlando e agitando i pugni, io mi annoio terribilmente!" esclamò, fissando i due piccioncini di fianco a lui, che si tenevano per mano. "E non voglio certo diventare come gli zii, che si fanno dare il mangime dai turisti: è roba da vecchi!" sospiro’, prima di urlare con tutto il fiato che aveva in gola.

"Ridateci i bambini!”

“Siiiiiiiii!” urlarono tutti, "Ridateceli!"

"Ridateci i bambini!"

L’associazione degli oggetti amici dei bambini esplose in un grande, emozionante grido. 

E il presidente compreso.

Essendo lui il cestino dell’immondizia, il più bello e capiente della città, e sentendosi da giorni... solo, e vuoto, tanto vuoto, tremendamente vuoto, cercò dentro di sé una soluzione, un’idea. E la trovò.

Pescò in un angolino di sé stesso l’unica cosa che gli era rimasta della sua vita precedente, quella che fino a poco fa avremmo definito “normale”. 

E invece è magica, sorprendente, speciale, in ogni suo aspetto. Ricordiamocene, quando tornerà.

Comunque. Il presidente afferrò quell’oggetto.

Lo strinse, e poi lo fissò, mentre un sorriso si fece largo sulla parete di ferro.

Quando lo alzò al cielo, l’assemblea esplose di nuovo.

“Un pannolino!” 

Tutti gridarono, con le braccia verso il cielo, e il pannolino pure, venne sollevato in alto, in altissimo, come una coppa del mondo quando l'hai appena vinta. 

“Il pannolino sarà il nostro stemma, il nostro portafortuna, il simbolo della nostra battaglia. Amici Pannoliners, siete pronti? Riprendiamoci i nostri bambini!”

E così tutti quegli oggetti, che vivono per e grazie ai bambini, scivoli sui quali senza bimbi non scivola nessuno, palloni che senza bimbi non calcia nessuno, gavettoni che senza bimbi non lancia nessuno, palette che senza bimbi non usa nessuno, presero tutti insieme a marciare, seguendo il pannolino gigante, e la sua inconfondibile e terrificante scia.

A ognuno fu dato un compito, perchè ognuno era fondamentale, e necessario, per vincere la partita.

E così lo scivolo si alzò, lievitò verso l'alto, e fece scivolare lungo il suo corpo sacchi della spesa, e acqua, e medicinali, facendoli piombare all'interno di appartamenti dove abitavano persone anziane, che aprivano le finestre e poi ringraziavano gli scivoli, con gli occhi lucidi e una caramella in mano. 

E anche le altalene si diedero da fare, e tutte insieme si presero cura di chi anche in questi giorni deve andare al lavoro, e lo fa per tutti, per tutti noi. "Oggi la porto io!" disse una di loro a una signora, che lavorava in un supermercato, e aveva le occhiaie, e tanta paura, ma in quel momento trovò la forza di sorridere, e di piangere. E pure la macchinina della polizia ebbe un bel da fare, e sgommava anche se non aveva la sirena spiegata dicendo a tutti quelli che giravano per la città che non si deve uscire senza un valido motivo, ma si deve restare a casa, a casa!

E anche i piccioni, e non solo il piccione del parco con i suoi trenta fratelli, ma anche tutti i loro conoscenti, si legarono alle zampe dei bigliettini, che poi portarono volando in tutti gli ospedali, nelle corsie, nelle stanze, negli ambulatori, e appena vedevano qualcuno col camice, dottori infermieri medici, li consegnavano, e loro li aprivano, e leggevano, semplicemente:

GRAZIE

E così, se anche oggi aprite le finestre, perchè vi manca il sole, perchè vi manca l'aria, fate caso a quella marcia rumorosa, dovesse passare sotto la vostra finestra.

Lo sapete, vero? Non siamo soli.

Non abbiamo mai avuto così tanti amici.

E’ per questo, tutti insieme, che vinceremo.