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Vialli: "Che bella quest'Atalanta, avrei voluto giocarci. Papu Gomez da Pallone d'Oro"

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L'attuale capo delegazione della Nazionale italiana ha concesso una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport: "Mi piace l’idea di calcio dei nerazzurri e Gomez è da Pallone d’Oro. Per la Juve quest’anno sarà difficile"

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Dal calcio giocato al nuovo ruolo, quello di capo delegazione della Nazionale italiana, passando per il momento complicatissimo della malattia. Poi il rapporto con l’ex compagno e amico di una vita, l’attuale CT dell’Italia Roberto Mancini, e uno sguardo agli obiettivi da raggiungere in azzurro, senza ovviamente dimenticare il campionato. Tantissimi gli argomenti trattati da Gianluca Vialli, che si è raccontato in una lunga intervista concessa a La Gazzetta dello Sport. "Ricoprire questo ruolo nella Nazionale è bello - ha esordito l’ex attaccante -, mi permette di fare ciò che voglio adesso nella vita, ovvero ispirare le persone. Nell’ultima partita sono andato in panchina perché mancava Oriali, di solito io vado in tribuna. È stato emozionante, non mi sedevo in una panchina da quando allenavo il Watford, quindi da vent’anni. Stare accanto a Mancini mi ha rievocato bellissimi ricordi e mi ha trasmesso forti emozioni. La Nazionale è un gruppo straordinario, merito del presidente Gravina che l’ha trasformata in un club e di Roberto, che è riuscito a creare una bellissima atmosfera. Possiamo fare molto bene: Mancini ha capito subito che un CT non può essere un rivoluzionario perché non ha tempo, ma non può neanche essere un conservatore. Ha proposto un calcio offensivo ed efficace che piace ai giocatori. Loro lo hanno capito e lo mettono in pratica. Il gruppo è giovane, avremmo voluto giocare l’Europeo ma forse un anno in più ci dà l’opportunità di crescere ancora. Arriveremo all’appuntamento ancora più forti di quanto lo saremmo stati quest’anno".

"Il tumore non è un nemico, ma un compagno di viaggio"

Inevitabile un passaggio sulla malattia che lo ha colpito: "Non ho mai considerato quella contro il tumore una battaglia - ha detto Vialli -, ho sempre pensato che il cancro  è meglio tenerselo amico. L’ho sempre considerato un compagno di viaggio, cercherò di farlo stancare in modo che mi lasci proseguire. La vita è per il dieci per cento ciò che ti accade e per il novanta ciò che produci con intelligenza, passione e capacità di reazione. In questo il calcio e il modo di intendere la vita che impari quando sei un atleta mi ha aiutato molto. Quando ho saputo della malattia ero talmente scioccato che non ho pensato alle possibili conseguenze. Inizialmente l’ho vissuta con la testa dell’atleta, poi, quando ho iniziato a metabolizzare, l’ho vissuta più da padre e da figlio: è stato in quel momento che è diventata più dura. Mi sforzo di essere positivo, anche se a volte ho dei momenti difficili da gestire sotto il piano emotivo. In ogni caso vivo questa fase anche come un’opportunità: se è arrivata, è perché avevo bisogno di viverla e di imparare qualcosa per continuare il mio percorso di crescita. Vorrei vivere ancora per qualche anno almeno perché ci sono tante cose che vorrei fare nel calcio. Ora sono felicissimo di essere il capo delegazione della Nazionale, ma un giorno mi piacerebbe fare il presidente di una squadra. Farei tante cavolate, però ho anche parecchie idee e molte cose che vorrei provare a cambiare per rendere il calcio uno sport migliore".

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Infine spazio ai ricordi e uno sguardo ai protagonisti di oggi. "I momenti belli da calciatore sono stati tanti: dallo scudetto con la Samp alla vittoria in Champions con la Juve. Prima un po’ mi piaceva pensare di essere stato l’ultimo capitano bianconero ad alzare la coppa, poi ho pensato: 'Ma come, e il resto lo hanno dimenticato?'. Inoltre in carriera sono stato fortunato perché ho giocato con Mancini, Baggio, Del Piero e Zola, i quattro migliori numero 10. Mi è mancato solo Totti, ma lui è più giovane di me. Mi voleva il Milan, ma ho preferito rimanere alla Sampdoria: ero lì solo da due anni. Poi sono andato alla Juve perché avevo 28 anni, il mio ciclo in blucerchiato era finito e ritenevo fosse giusto così. Chi vince lo scudetto quest’anno? Penso che per la Juventus sarà dura. E non dipende dal cambio di allenatore: è una questione fisiologica, dopo nove anni anche gli altri trovano le contromisure e iniziano a pensare che la vittoria bianconera non è più così scontata. In ogni caso la Juve non sentirà un senso di appagamento, per loro questo non esiste. Non so chi vincerà, sarà molto aperto. Mi piace tanto l’Atalanta, è una squadra nella quale avrei voluto giocare perché il gioco di Gasperini è l’ideale per un attaccante. Si divertono, hanno uno spirito avventuroso e coraggioso e giocano sempre di squadra, con altruismo: sono gli stessi valori che cerchiamo in Nazionale. Gomez da Pallone d’Oro? È migliorato negli anni, ora è un giocatore totale. Dà qualità e quantità e risolve le partite. È fantastico, però ci sono giocatori come Messi, Ronaldo, Neymar e Lewandowski. Il Pallone d’Oro al Papu lo darei, però non assegnarlo a questi è difficile".

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