Mario Sconcerti era nato per restare giovane

il ricordo
Massimo Corcione

Massimo Corcione

Il suo passo veloce negli studi di Rogoredo e quel cerotto sul sopracciglio prima di andare in diretta. Ma soprattutto, la sua straordinaria capacità di stupire, senza cercare il consenso. E quell'attenzione particolare che dedicava ai giovani: l'eredità che ci lascia Mario Sconcerti

Quel pomeriggio Mario si presentò nello studio milanese di Sky Calcio Show con un cerotto che gli nascondeva l’arcata sopraccigliare, come spesso aveva visto fare a Sandro Mazzinghi, l’eroe aggiunto di casa Sconcerti. Ma l’immagine era naturale solo per lui, il figlio del manager che aveva contrastato l’era Benvenuti, trasmettendo l’idea (realizzata) che nulla è impossibile. Sempre, o quasi sempre: non quella volta, e il segno evidente era lì, sulla faccia, “Mario, che cosa ti è successo?” quante risposte dovette dare in quei lunghissimi minuti che precedettero la diretta. E il direttore raccontò almeno dieci versioni, l’una arricchimento della precedente. Quando arrivò all’undicesima, s’era già stancato di mentire; la consegnò a me, l’amico nel quale si era imbattuto in quel mondo di ragazzini che allora popolava Sky Sport. “Arriva un momento in cui ti accorgi che è giunto il tempo della vecchiaia, il momento è arrivato oggi: ho raccontato a tutti che ero caduto sotto la doccia, come i vecchi appunto. È andata peggio: ho preso un pugno da un tassista, il modo peggiore per chiudere una lite inutile. Non sarebbe accaduto se non fossi diventato un anziano. Non sarebbe riuscito a colpirmi. Ecco perché avrei avuto voglia di piangere, anche per la ferita sarebbe stato peggio. Ma resta evidente che è passato troppo tempo”.

La sua forza non cercare il consenso

Erano gli anni in cui dettava il suo pensiero a caldo sugli eventi della domenica, trasformandosi in scudo invalicabile se qualcuno avesse avuto l’ardire di attaccare Ilaria D’Amico, la padrona di casa, la donna che prima di tutte stava interpretando un ruolo toccato fino ad allora ai signori uomini. Il giorno del cerotto fu l’unica occasione in cui vidi SuperMario barcollare; solo un attimo di sbandamento, nascosto benissimo, poi in trasmissione nessun cedimento, la migliore conferma che la vecchiaia avrebbe dovuto attendere a lungo. Mario Sconcerti era nato per restare giovane, per sfuggire alla grande nemica. Sarà stato questo il motivo per cui aveva scelto il passo veloce per dettare la sua andatura nei lunghi corridoi della redazione di Rogoredo. Non cercava il consenso a tutti i costi della base, preferiva stupire. È stata la sua forza. Il simbolo del suo straordinario primato sull’originalità del commento. Mai una concessione alla banalità, un dettaglio che conferiva sostanza ulteriore al pensiero che poi diventava la linea di Sky Sport. Senza la sua rassicurante presenza, ci siamo sentiti un po’ più soli. Una di quelle separazioni dalle quali tutti perdono e nessuno guadagna. Anche a lui saranno mancati quei bagni di gioventù, migliore antidoto alla vecchiaia. In fondo per Mario era un gioco facile facile: gli bastava ascoltare le battute dei giovani cronisti sui temi del giorno per intravvedere il talento o anche solo le potenzialità. Un allenamento partito da lontano, molto lontano e interrotto nel modo più imprevedibile. C’è voluto un colpo da kappaò per mandarlo al tappeto. Come al solito troppo presto.