Tutti gli uomini del Presidente

addio berlusconi
Massimo Marianella

Massimo Marianella

La scelta di prendere il Milan, il desiderio di riscrivere la storia del calcio, la capacità di sapersi mettere accanto le persone giuste. Nel ritratto di Massimo Marianella la storia sportiva di Silvio Berlusconi, l’uomo che ha reso realtà tutti i sogni rossoneri

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Silvio Berlusconi ha preso il Milan il 20 febbraio 1986. Un po’ a metà tra il senso di responsabilità di dover aiutare la propria squadra del cuore in un momento difficile e la possibilità (e la voglia) di avere una ribalta, una riconoscibilità a livello globale. L’ha trasformata in un’avventura trionfale nella quale, se da una parte lui ha avuto la visibilità che cercava, dall’altra ha regalato titoli, coppe e spettacolo aumentando la portata storica del suo Milan e di conseguenza del calcio italiano nel mondo. Una squadra che ha dovuto confrontarsi con il Napoli di Maradona, il Barcellona di Romario, la Juve di Zidane, il Real di Butragueno e Schuster ma che alla fine ha spesso trionfato ed è stata pure applaudita. Chi vince così tanto non è mai davvero simpatico e il suo Milan non ha fatto eccezione. Ma anche gli avversari, in campo e fuori, hanno ammirato la ricerca del bel gioco e le pennellate dei suoi interpreti. 

"Siamo il Milan"

La sua gestione ha messo nella bacheca rossonera 29 trofei, ma soprattutto ha dato quella dimensione di grandezza che contagiava tutto l’ambiente. “Siamo il Milan” con Berlusconi è diventato uno status, una forza, un monito, una responsabilità. Quel senso di supremazia, che a volte sfiora anche la supponenza, ma che rende i grandi ancora più grandi. 

Il Milan ai milanisti

Gli hanno sempre tutti rimproverato di essersi troppe volte da solo riconosciuto doti di competenza calcistica, ma pochi dei suoi critici hanno adeguatamente sottolineato la capacità di sapersi circondare degli uomini giusti. Il suo Milan ha vinto anche per la struttura che Berlusconi ha saputo dare e difendere nei momenti difficili. Li ha sempre scelti tutti lui in prima persona: Galliani, certo, il suo braccio operativo, ma anche Ariedo Braida, a cui si devono le scelte calcistiche determinanti. Poi la comunicazione, la parte medica, quella pubblicitaria e quel “Milan ai milanisti”, che è stato più di uno slogan. Una realtà a tutti i livelli che ha rafforzato il senso d’appartenenza alla maglia. 

Sacchi e Capello

Le intuizioni fondamentali sui due allenatori più grandi della storia moderna rossonera, Sacchi e Capello, sono state poi totalmente di Berlusconi. Così come la capacità di saper rompere in modo dolce, come reclamava la storia rossonera, il rapporto con il suo primo allenatore: Nils Liedholm. Ha avuto una sola vera debolezza calcistica personale, quella per Claudio Borghi, che però, come molte altre molte storie romantiche, non ha avuto un lieto fine agonistico. Berlusconi ha portato il Milan cinque volte sul trono d’Europa e tre su quello del Mondo in un percorso in cui l’intervento del fato è stato equo: da una parte la nebbia di Belgrado, dall’altra la caviglia del Cigno di Utrecht. 

Van Basten

Probabilmente il simbolo della sua presidenza rossonera. Di campioni il suo Milan ne ha avuti davvero tanti: da Baresi a Gullit, da Rijkaard a Maldini. Poi Savicevic, Boban, Weah, Pirlo, Ancelotti, Sheva, Kakà. Con la maglia del suo Milan cinque giocatori hanno alzato sette palloni d’oro, tanti. Ma Van Basten la sintesi del calcio che sognava Berlusconi. Talento, vittorie, spettacolo. Trentuno anni della sua presidenza hanno reso tutti i sogni rossoneri realtà, e forse anche di più. Anni che non potranno essere mai dimenticati perché ci sarà sempre la storia sportiva a ricordarli.