Juventus, perché Vlahovic non sarà l'attaccante del futuro

Preferisco scriverlo subito e spiegare poi con calma: non penso che Vlahovic potrà essere l’attaccante del futuro della Juventus. No, nessuna notizia in anteprima o nessuno scoop: quelli li lascio a Gianluca Di Marzio e alla squadra mercato di Sky Sport. Ma posso affermarlo con un po’ di convinzione, perché a me quel gesto ai tifosi dopo la partita contro il Venezia non ha sorpreso. Anzi, prima o poi ce lo si sarebbe potuto aspettare. Sono stato giocatore e ho fatto anche un po’ di calciomercato, so cosa voglia dire sentirsi coccolato come se fossi un fenomeno e so cosa voglia dire trattare un giovane come se fosse un grandissimo colpo: Dusan, quando in pieno inverno è stato acquistato dalla Fiorentina per oltre 80 milioni di euro, di certo un colpo lo è stato. Ma le aspettative diventano alte e questa maglia pesa, i tifosi sono abituati a Trezeguet, Higuain, per non dire Del Piero o Inzaghi: giocatori che fanno 30 gol all’anno quando si ritrovano la palla davanti alla porta. Vlahovic sta segnando, è vero, e nemmeno poco. È una questione di atteggiamento che a volte rischia di annacquare il sentimento, anche di fronte a buone statistiche. Perché non l’ho premesso prima, ma lo specifico adesso. Credo che Vlahovic sia davvero fortissimo: ha caratteristiche fisiche di livello, è completo, sa tenere la palla, è bravo di testa e pure a battere le punizioni. Paga il fatto di essere ancora un po’ giovane e forse irruente: ha dimostrato di non saper gestire le critiche che alla Juventus gli sono arrivate da molte parti. E se anche la società gli fa quadrato, è evidente che un problema ci sia, ma non è una questione tecnica e nemmeno di allenatori: credo non sia ancora pronto proprio a livello generale. Come, per dirne un altro, non era pronto Kean, che secondo me ora a Torino un po’ rimpiangono. Chi pensa che Firenze sia un downgrade per Moise sbaglia di grosso: è un attaccante forte, che aveva bisogno di sentirsi al centro di un progetto. A Motta sicuramente Vlahovic piace, ma il suo gioco è molto ragionato, a volte forse anche troppo, e Dusan fatica a capirlo del tutto. Non è un caso che si stia aspettando il ritorno di Milik: il suo modo di giocare mi sembra più adatto e potrebbe dare una grande mano. Almeno fino a giugno. Comunque Vlahovic non deve preoccuparsi: se anche dovesse lasciare la Juve, non avrebbe fallito e crescendo farà sempre meglio. E il gol che ha segnato contro il Cagliari con annessa un’esultanza ‘normale’, che sembra quasi cancellare quanto successo in campionato, conferma tutta l’intenzione di andare avanti. Ma in generale capita a tanti giocatori di non riuscire a esprimersi al 100%: guardate Lukaku senza Conte, che oggi si trova un giocatore quasi da ricostruire. È capitato anche a me, lo so bene. Perché un’esperienza sia positiva, tutte le componenti devono funzionare: può cambiare un allenatore, puoi avere una società che non creda tanto in te, puoi avere dei tifosi che contestano. Succede, bisogna saperla gestire. Ripensando al caso di Dusan, mi è venuto in mente un ex compagno ai tempi del Genoa nella stagione 92/93: si chiamava Igor Dobrovolskyi, era un centrocampista russo di un talento quasi mai visto. In allenamento gli chiedevamo se fosse destro o mancino tanto era bravo, ci spiazzava sempre. Ecco, Igor non è quasi mai sceso in campo o quando l’ha fatto non ha mai lasciato il segno. Era poco forte? O poco adatto? No, non era solo pronto, o doveva provare altre esperienze: ha fatto benissimo a Mosca, poi anche nell’Atletico Madrid e in Bundesiga al Fortuna Dusseldorf. Vlahovic ha davanti a sé un grandissimo futuro, magari lontano da Torino. Ma deve saper affrontare meglio il suo presente: è la vera prova di maturità che ha di fronte. Alla ricerca di una leadership che, ancora, gli manca.

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Michele Padovano