Cosa ha detto alla Roma il derby di Roma

Col quarto gol nel derby e una prestazione complessiva di alto profilo Lorenzo Pellegrini si riprende con decisione il centro della scena. E non c’è un motivo perché ciò non possa essere considerato un fatto ordinario. Non c’è dubbio che tolto Paulo Dybala lui rimanga il giocatore di maggiore qualità dentro l’attuale Roma. Perché il campo poi non fa distinzioni tra stipendi e scadenze contrattuali. Conta la qualità. E conta tanto la capacità di fare le cose giuste nei momenti determinanti. Sono i dettagli a fare la differenza. Fa tutto questo Pellegrini e indirizza un derby che fino a quel momento aveva visto la Roma non sufficiente nella proposta offensiva. È il gol a cliccare sull’interruttore delle certezze. E il merito di quel gesto tecnico ha un valore doppio. Sblocca risultato e testa del gruppo pronto a proporsi in maniera diversa. Più palleggiata e riflessiva. Niente di esaltante ma per un po’ la partita è in controllo. Ma se il risultato è stato pieno la partita non può che essere definita imperfetta. Il calo di tensione del finale con una squadra troppo leggera in campo e le occasioni lasciate alla Lazio sono un tema d’allarme. Ma, come dicono gli addetti ai lavori, i derby conta vincerli e allora la Roma si mette a guardare un inizio di campionato più che buono, sporcato solo dalla sconfitta col Toro. La classifica rimane l’elemento più gratificante nell’analisi post derby ma c’è dell’altro. Soprattutto la solidità del triangolo di centrocampo formato da Cristante/Koné come vertici bassi e Pellegrini in alto. Una base forte da cui ripartire. Inutile andare a cercare altre soluzioni. Senso tattico, fisicità, pulizia nel palleggio fanno di Cristante un titolare inamovibile. Aggiungiamo dinamismo, forza fisica e cambio di passo di Koné. Si completano. Si fanno bene a vicenda. La qualità di Pellegrini fa il resto. Altre buone notizie dal derby. Soulè sembra aver trovato efficacia anche nel nuovo ruolo distante dalla linea laterale. E poi l’aspetto più gasperiniano di tutti. La riaggressione di Rensch su Tavares è uno dei punti dominanti nelle idee dell’allenatore. La responsabilità dell’esterno laziale è enorme ma la mentalità dell’esterno olandese è quella giusta. Riaggredire e giocare il pallone con rapidità. La firma di Gasperini che potrà dirsi soddisfatto soltanto nel momento in cui questo fondamentale del calcio moderno diventerà un pensiero collettivo. Perché poi la riaggressione dicono tutti di volerla fare ma un conto è la lavagna e un altro il campo. Le riaggressioni dell’Atalanta hanno fatto storia. Alla Roma c’è ancora tanto da fare. Le vittorie aiutano anche nel lavoro quotidiano sul campo ed è più che legittimo celebrare quella nel derby, che ha però ha confermato anche i difetti della nuova Roma. Le occasioni lasciate alla Lazio dicono qualcosa sulle nuove disposizioni difensive ancora da memorizzare. Passare da una linea di posizione a una che si muove in avanti è un cambio di mentalità bisognoso di ulteriore addestramento. E poi c’è la questione centravanti. Ferguson e Dovbyk con zero gol e uno scarso numero di tiri verso la porta in quattro partite di campionato. Troppo poco per aspirare ai piani nobili della classifica. Nonostante il gol numero 67 di Pellegrini in Serie A.

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Paolo Assogna