Se in Serie A si gioca poco non è colpa dei fischi, ma dell’attesa che ne segue

Per porre le questioni nella maniera più 'scientifica' possibile, Luca Mastrorilli ha presentato una serie di dati molto interessanti e che sembrano ridimensionare alcune convinzioni diffuse, anche rispetto al confronto della Serie A con altri campionati, in particolare la Champions League e la Premier League, ritenute un punto di riferimento di eccellenza dal punto di vista del gioco, del ritmo e della capacità arbitrale di assecondarli. Per esempio: in questo primo scorcio di stagione, il tempo effettivo è in calo di circa due minuti in Serie A, ma la stessa diminuzione si registra anche in Premier e in Champions. Di più, prendendo in considerazione gli ultimi 10 anni, sia la Serie A che la Premier segnano il minimo storico di 'tempo giocato', mentre in Champions soltanto una volta si era giocato meno rispetto a oggi. Dunque, la tendenza non è soltanto italiana. Scorrendo i dati, poi, si vede come a incidere su questa diminuzione del tempo giocato non sia tanto il numero di falli fischiati, ma la durata dell'attesa che consegue all'interruzione del gioco, determinata dai calci di punizione oppure in generale dall'uscita del pallone dal terreno di gioco . È vero per esempio che in Serie A si fischia di più rispetto a Premier e Champions , ma questo incide più sul ritmo della partita, non tanto sul 'quantum' di calcio giocato. Ne è dimostrazione il fatto che se in Italia si recuperasse - tra primo tempo e secondo - quanto in Inghilterra, il tempo effettivo sarebbe praticamente identico tra i due campionati: il recupero medio in Serie A infatti si attesta intorno ai 7 minuti, mentre in Premier arriva addirittura a 11. Fatte le dovute proporzioni, sono esattamente i due minuti di tempo effettivo che separano i due campionati. Dunque, a fare la differenza tra i due tornei sono i minuti di recupero, non i falli fischiati. E anche tra singole partite della Serie A non sembrano essere gli stop dell'arbitro a incidere: per esempio, nell'11^ giornata di Serie A, il tempo effettivo è rimasto alto tanto in una una partita da 37 falli come Inter-Lazio, quanto in una da 13 come il derby di Torino. Dimostrazione tra l'altro che a determinare la quantità di interruzioni sembrano essere più le squadre che gli arbitri, a meno di non voler immaginare differenze di linea di intervento clamorose tra un arbitro e un altro. Sicuramente aumentare i tempi di recupero aiuterebbe a recuperare un po' di tempo di gioco , ma il vero problema che toglie sempre più minuti al calcio giocato è un altro: l'attesa in occasione delle interruzioni di gioco. E anche qui, non si tratta di un problema soltanto italiano. Il dato è inequivocabile: prendendo in esame le ultime cinque stagioni e l'inizio di questa in Italia l'attesa media attesa per riprendere il gioco dopo uno stop si è allungata da 22 a 27 secondi: 5 secondi in più per ogni ripresa di gioco sono un'enormità. Anche qui però il confronto con la Premier League regala una sorpresa. Lì l'aumento negli anni è stato più lento, ma come dato siamo oltre l'Italia: 28 secondi, uno in più. Su questo dato invece si staglia la particolarità della Champions League: lì la media scende a 20". Sulle ragioni di questo allungamento dei tempi morti pesa sicuramente l'aumento clamoroso dell'incidenza dei calci piazzati sui gol segnati e sulle azioni pericolose: le squadre impiegano sempre più tempo anche solo per la preparazione di uno schema su rimessa laterale e il cronometro accumula un ritardo che pesa enormemente sul tempo effettivo. Il dato è clamoroso: in Serie A, per eseguire una rimessa, si è passati dai 12"37 della stagione 2016/17 ai 16"51 attuali, più di 4 secondi a partita, da moltiplicare per tutte le rimesse laterali di una gara. Ecco dunque il cuore del problema e l'interrogativo sulle possibili soluzioni da affidare anche a regole e arbitri. La nuova regola degli otto secondi per il portiere ha tracciato la strada: lì si tratta di pallone in gioco , molto presto potrebbe toccare ai calci di rinvio e alle rimesse laterali. Un tempo limite per rimettere la sfera in gioco, pena il cambio di possesso . In attesa di un'eventuale riflessione sul tempo effettivo vero e proprio da calcolarsi col cronometro in stile-basket , intanto questi potrebbero essere i primi provvedimenti per restituire ritmo e sostanza alle partite a scapito dei tempi morti . Quanto all'oggi e agli arbitri, le parole di Rocchi sono chiare: "Non dipende dall'arbitro battere un rinvio o un calcio d'angolo, ma non dobbiamo essere quelli che rallentano il ritmo. Ho chiesto ai ragazzi di essere molto attenti perché questo è anche un parametro su cui verranno valutati, vogliamo premiare chi arbitra velocemente ed è proattivo al massimo per rendere il gioco più fluido possibile". A seguire, l'appello rivolto a club e calciatori - l'ennesimo - a non fare 'sceneggiate' che dilatano le pause e in particolare a non esasperare le conseguenze di colpi al volto. Ma su quello, come dimostrano le ultime giornate, c'è ancora parecchio da lavorare, e non spetta agli arbitri.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Se in Serie A si gioca poco non è colpa dei fischi, ma dell’attesa che ne segue

Lorenzo Fontani