74 anni fa la tragedia di Superga, perché il Torino era il Grande Torino
Uno squadrone che unì l'Italia dopo la guerra, il quarto d'ora granata con Valentino Mazzola che si rimboccava le maniche allo squillo del capostazione di Porta Nuova, gli scudetti, dieci giocatori in Nazionale, era la squadra amata da tutti. Montanelli scrisse: "Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto 'in trasferta'"
- Sono passati oltre settant'anni, settantaquattro, oggi. È il 4 maggio del 1949, sono le ore 17.05. L'aeroplano che portava a bordo una delle squadre più incredibili dell'intera storia del gioco - fuori rotta per assenza di visibilità e per il malfunzionamento dell'altimetro - si schiantava contro i muraglioni di sostegno del giardino posto sul retro della Basilica di Superga. 18 calciatori, 31 persone con staff tecnico, giornalisti ed equipaggio. Era una squadra di leggende.
- "Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto 'in trasferta'" scrisse Montanelli sul Corriere della Sera dopo la tragedia. Erano Valerio Bacigalupo, Aldo e Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti e Julius Schubert.
- Agnisetta e Civalleri erano i dirigenti accompagnatori con Bonaiuti responsabile della trasferta; per l'area tecnica c'erano Leslie Lievesley, Ernest Erbstein e il massaggiatore Osvaldo Cortina. Parteciparono alla trasferta anche i giornalisti Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport), Renato Tosatti (della Gazzetta del Popolo) e Luigi Cavallero (La Stampa). L'equipaggio: Pierluigi Meroni, Cesare Bianciardi, Celeste D'Incà e Antonio Pangrazzi. Ma perché il Torino era il Grande Torino?
- Una squadra leggendaria. All'unanimità riconosciuta come una delle più forti dell'intera storia del calcio. Un manipolo spettacolare che, nemmeno un secolo dopo la nascita del calcio, aveva confermato quanto di meraviglioso potesse offrire questo gioco.
- Cinque scudetti di fila, a cavallo della guerra. 1942-43, 1945-46, 1946-47, 1947-48, 1948-49. L'ultimo assegnato dalla Federazione dopo la tragedia. Le ultime quattro partite furono giocate dalla squadra "Ragazzi" contro altrettante selezioni giovanili. Il Torino le vinse tutte lo stesso.
- Lo squadrone granata ne era la colonna portante. Vittorio Pozzo - lo storico Ct azzurro a cui spettò il gravoso compito di riconoscere i corpi delle vittime, in lacrime - arrivò a schierare nella primavera del '47, contro Svizzera e Ungheria, nove e dieci giocatori del Torino. Un record mai più ripetuto.
- Fu il simbolo di un Paese che aveva conosciuto la guerra e si ritrovava spezzato in due. L'Italia si identificò in una squadra spettacolare. Sembra assurdo pensarlo nel gioco moderno, dove divisione e rivalità si accendono e si polarizzano sempre di più, ma c'era un tempo dove anche i tifosi di altre squadre amavano una rivale. Amavano il Grande Torino. E non è un caso che moltissimi stadi di tutta Italia portino oggi i nomi di quei giocatori.
- Il simbolo dell'impossibile che diventa realtà. Oreste Bolmida, di professione, faceva il ferroviere. Era il capostazione di Porta Nuova e, nello storico Filadelfia, ci entrava con una cornetta delle Ferrovie dello Stato. Poi la realtà che si fa mito: quando il Toro doveva rimontare, ecco lo squillo del trombettiere. Un richiamo, un grido dal cuore granata, un messaggio: siamo il Grande Torino e ora lo dimostriamo.
- Allora succedeva che capitan Valentino Mazzola si rimboccava le maniche della maglietta. Iniziava il quarto d'ora granata. Quindici-venti minuti in cui nessuno avrebbe mai resistito all'arrembaggio. Il 20 aprile del 1947, in una partita contro il Vicenza, Mazzola di gol ne segnò tre in tre minuti.
- Capitano e simbolo di quella squadra. Lui e Loik vennero acquistati dal presidente Ferruccio Novo per 1.200.000 lire nel 1943. Avrebbe potuto legare la sua storia al Milan, ma nel 1938 preferì unirsi alla squadra dell'Alfa Romeo. Scriveva sul suo diario: "Se fossi andato al Milano avrei percepito lo stipendio, allora assai notevole, di 100 lire mensili e non avrei lavorato. Meglio assai lavorare: con l'ozio c'era il pericolo di rovinare la mia passione, veramente sana, per il calcio e per la mia carriera".
- Nel 1939, mentre svolgeva il servizio militare in Marina, fece un provino per il Venezia: per non sciupare l'unico paio di scarpini da calcio si presentò a piedi nudi. Poi il Torino, il quarto d'ora, le maniche rimboccate: fu tra i più grandi giocatori di sempre del calcio italiano. E non solo.
- Prima e dopo la tragedia, quando la squadra diventò eterna. Circa cinquecentomila persone parteciparono ai funerali del Grande Torino il 6 maggio del 1949 a Palazzo Madama a Torino.
- Nascerà soltanto sei anni dopo, ma la coppa sarebbe stata alla portata di Mazzola e degli altri campionissimi. Non a caso, lo spettacolare Toro deliziava già le platee internazionali accettando inviti da società straniere che arrivavano con regolarità: il leggendario Torino era garanzia di uno stadio tutto esaurito.
- Oggi si parla spesso di triplete. Nel 1942-43 il Grande Torino fu la prima squadra italiana a riuscire nell'unico en plein possibile: campionato e Coppa Italia. Nelle grandi nazioni del calcio europeo solo tre squadre ci riuscirono prima: Athletic Bilbao, Aston Villa e Preston North End.
- Per tantissime squadre all'estero. Storico il gemellaggio col River Plate. Il 26 maggio del 1949 il presidente del River Antonio Liberti organizzò un'amichevole tra la sua squadra e una selezione di stelle del calcio italiano provenienti da altri club, chiamata "Torino Simbolo".
- Immaginatevi le star del calcio di Juve, Milan, Inter e non solo indossare (e con immenso orgoglio) la maglia di una squadra rivale. È quello che accadde per omaggiare un colore ormai diventato icona: Sentimenti IV (Juventus), Manente (Juventus), Furiassi (Fiorentina), Annovazzi (Milan), Giovannini (Inter), Achilli (Inter), Nyers (Inter), Boniperti (Juventus), Nordhal (Milan), Hansen (Juventus), Ferraris II (ex giocatore del Grande Torino passato al Novara nel 1948).
- Maggio 1949. Il Grande Torino accettò l'ennesimo invito, questa volta da parte dei portoghesi del Benfica per una partita omaggio al proprio capitano Francisco Chico Ferreira. Dei giocatori non parteciparono all'evento: il difensore Sauro Tomà (infortunato) e Renato Gandolfi, di professione secondo portiere. Aldo Ballarin convinse il presidente Novo (anche lui rimasto in Italia insieme al dt Roberto Copernico) a scegliere per l'evento il fratello Dino, terzo portiere.
- Il 3 maggio 1949, allo Stadio Nazionale di Lisbona, i granata erano in campo con Bacigalupo, A. Ballarin, Martelli, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola. La partita finì 4-3 per i portoghesi. L'ultima squadra di una squadra leggendaria.
- A 74 anni dalla scomparsa del Grande Torino, i giardini di piazza Galimberti a Torino sono stati intitolati alla memoria di Valentino Mazzola. Presente all'evento Stella Mazzola, la nipote di Valentino.