Bianchi & Bigon, Sky riunisce gli allenatori dei primi due scudetti del Napoli

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Massimiliano Nebuloni

Non si vedevano da 15 anni, nell'intervista di Massimiliano Nebuloni ripercorrono le emozioni dei loro scudetti, fra aneddoti e risate, paragonate alla gioia di oggi a Napoli

Trentasei e trentatré anni fa, a festeggiare il primo e il secondo scudetto del Napoli, in panchina sedevano Ottavio Bianchi e Alberto Bigon. Nelle ore in cui la città ribolle di gioia, Sky li ha riuniti per celebrare il trionfo di Spalletti e di un club che, con un capolavoro tecnico e gestionale, ha abbassato il monte ingaggi, scommesso su giocatori semisconosciuti o affamati e assemblato una squadra fortissima, capace di demolire la concorrenza e vincere il campionato con cinque giornate di anticipo. Impresa che i napoletani festeggeranno a lungo.

Il modo di festeggiare dei napoletani

"Che si divertano in questi giorni come si sono sempre divertiti quando hanno vinto - è l’augurio di Bianchi -: con serenità, gioia, ironia e classe, come si confà alla gente di Napoli". "La stessa classe - ricorda con un ghigno Bigon – usata da Napoli all’epoca del secondo scudetto: vendevano l’amaro Ramaccioni (team manager milanista dell’epoca, ndr), le lacrime di Berlusconi o scrivevano sui muri del cimitero ‘che cosa vi siete persi’…".

I paragoni coi primi due scudetti

Ritrovarsi è stato per entrambi un tuffo nel passato. Dal quale hanno ripescato, con felicità e  commozione, frammenti di vita e di carriera, aneddoti e ricordi di un ciclo che si sono spartiti tra il 1985 (anno dell’approdo di Bianchi sulla panchina partenopea) al 1991, anno del congedo di Bigon. "Di paragoni con il mio di scudetto è impossibile farne. In trentasei anni è cambiato tutto ma proprio tutto, nel calcio e non solo: l’unico fil rouge che lega l’impresa di oggi a quella di allora è l’entusiasmo della gente e l’amore che il napoletano nutre per la propria squadra, che identifica come un fatto sociale e culturale”, racconta Bianchi che nel 1989 consegnò all’amico Alberto una squadra già strutturata, capace di centrare subito il bis. Il manifesto di quel Napoli si chiamava Diego, mentre questo non ha una stella assoluta: Osihmen e Kvara, Spalletti e Giuntoli: sono tanti gli artefici del terzo scudetto, ma per Bigon il merito assoluto è di De Laureniis: “Che tanti anni fa intuì le potenzialità del Napoli e ha portato il club dove è oggi. Chapeau per quello che ha fatto”.

Il giro di Napoli e il traghetto

La pacatezza di Bianchi e Bigon stride, oggi come allora, con l’entusiasmo irrefrenabile dei napoletani: "Io a fine partita andai in albergo dove mi aspettavano per la cena - racconta Ottavio -. Ma dopo aver telefonato a casa per dire che avevamo vinto, il presidente Ferlaino non volle sentire ragioni e passò a prendermi in macchina con la moglie perché volevano che facessi il giro di Napoli che era uno spettacolo eccezionale. Li ringrazio ancora oggi perché fu una cosa bellissima". "Io invece ricordo che la società prenotò un traghetto - dice Bigon - e col pullman arrivammo direttamente all‘imbarco, perché nessun altra location in città sarebbe stata praticabile per festeggiare in mezzo alla gente".

La reunion 15 anni dopo

Riunirli, uno di fronte all’altro - non si vedevano "da almeno quindici anni" - é stata un’impresa ardua ("Io sono l’orso numero uno, Alberto l’orso numero due", la puntualizzazione di Bianchi), ma per il Napoli, che oltre un trentennio dopo, e senza Maradona, è tornato a dominare in Italia, non potevano esimersi. Ed è stato fantastico. 

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