"Non mi sento mai appagato e voglio sempre migliorarmi": i 71 anni di Castori

L’11 luglio è una data storica per il calcio italiano. E’ il giorno del trionfo mondiale dell’Italia del 1982, della Nazionale forse più amata della storia. Ma è anche il giorno del compleanno di Fabrizio Castori, che quest’anno festeggia i suoi 71 anni nel modo migliore possibile per lui, ovvero su una panchina. Inizia infatti la sua ventesima stagione da allenatore in Serie B alla guida del Sudtirol, salvato lo scorso anno con l’ennesima impresa della sua carriera, ma non parlategli dell’età se non volete sperimentare subito l’aspetto fumantino del suo carattere. “Mi dà fastidio quando si parla di me solo per l’età. Scherzando ma non troppo dico sempre che ho così tante partite alle spalle perché ho cominciato presto. Credo che il fatto di avere una lunga esperienza alle spalle non possa che essere un vantaggio. Le tante esperienze accumulate sono un bagaglio che non può essere sostituito da niente. Ripenso con affetto a Carlo Mazzone e al suo record di panchine in Serie A. Oggi il caso di Claudio Ranieri dimostra che l’importante è essere motivato, avere voglia sempre di aggiornarsi e migliorarsi mantenendo sempre con forza le proprie idee e il proprio modo di fare e tutto il resto viene di conseguenza”. Restano però i numeri a spiegare l’enorme peso specifico del Castori allenatore. Sono 1471 le panchine effettive contando anche quelle nei Dilettanti e 10 sono i campionati vinti dalla Terza Categoria alla Serie A. 46 le partite nella massima serie e 308 in Serie C. Ma il numero più significativo è quello della Serie B con 599 partite a referto, più di tutti nella storia del campionato cadetto tanto che la Lega Serie B gli ha voluto rendere omaggio a maggio scorso prima della sfida fra Sudtirol e Bari con una targa commemorativa. “Mi ha fatto piacere. Essere il decano della Serie B è una grande soddisfazione. Per me è il campionato più difficile che c’è perché l’equilibrio è assoluto e ogni settimana è possibile qualsiasi risultato. In Serie A non è così, di solito le squadre sono divise in tre blocchi che si giocano i rispettivi obiettivi e i risultati sono più scontati”. Risultati ma non solo, perché Castori dovunque è andato ha lasciato il segno: “Tornare da avversario in una piazza dove sono stato ed avere l’applauso della gente equivale ad un premio alla carriera, ne faccio un motivo di vanto”. Tante perle nella carriera di Castori, forse la più grande è quella col Carpi, piccola città della provincia modenese portata in Serie A nel 2015: “Fui chiamato da Giuntoli che mi disse che la squadra aveva le caratteristiche giuste per il mio modo di intendere il calcio. Devo dire che dopo la prima settimana di ritiro capii di avere a disposizione un gruppo forte per ottenere la salvezza, che era l’obiettivo della società. Poi strada facendo è aumentata la consapevolezza, il gruppo era composto da quasi tutti giocatori che arrivavano dalle categorie inferiori e si è creata la miscela giusta. Abbiamo vinto il campionato con quattro giornate d’anticipo, una cosa incredibile a ripensarci oggi. In attacco avevamo Lasagna, Verdi, Inglese e Mbakogu, se penso che poi i primi tre sono arrivati alla Nazionale mi viene da sorridere…”. Carpi e la Serie A forse è anche il più grande rammarico per Castori: “Penso di sì, l’anno dopo non bastarono 38 punti per salvarsi in Serie A. Sono arrivato in Serie A a 60 anni, dopo una lunga gavetta e solo per meriti. Penso che se fossimo riusciti a salvarci, il Carpi avrebbe potuto costruire un piccolo ciclo come fu per il Chievo e magari anche la mia carriera avrebbe avuto uno sviluppo diverso ma il calcio è anche questo. E comunque l’anno dopo in B arrivammo di nuovo alla finale promozione col Benevento. Nei miei tre anni a Carpi credo di aver toccato quota 200 punti realizzati”. L’altra promozione è arrivata in una piazza calda come Salerno: “Città e tifoseria meravigliosa dove non è semplice ottenere risultati ma io ho ricordi splendidi di tantissimi posti dove sono stato. La promozione in C1 del Lanciano, quella in B di Cesena, che è un posto dove si respira calcio fin dalle categorie giovanili. Ripenso anche alla salvezza in B col Trapani senza passare dagli spareggi dopo essere partiti con 11 punti di ritardo”. Il calcio di Castori è un calcio semplice, essenziale. Si bada al sodo ma nulla è lasciato al caso: “Il calcio di oggi è molto più fisico di una volta e per questo è più adatto alle mie idee che poi sono quelle di giocare ad alta intensità per attaccare la porta avversaria. Mi ritrovo molto nelle idee di Klopp e quando vedo le sue squadre o ascolto le sue interviste lo sento vicino alla mia visione di calcio. Nulla contro i giochisti alla Guardiola ma io prediligo un tipo di gioco verticale che va a cercare la porta avversaria il più velocemente possibile. Quando devo scegliere un calciatore, oltre alle qualità tecniche guardo proprio se hanno questa attitudine a giocare in avanti”. Tanti i calciatori lanciati da Castori in carriera, soprattutto da giovani: “Fare nomi non è mai simpatico perché poi c’è sempre il rischio di dimenticare qualcuno. Posso dire che io distinguo i calciatori fra quelli che sanno giocare e quelli che non sanno giocare. L’età non conta, ne ho fatti esordire tanti per le loro qualità senza guardare l’età. Da noi in Italia si parla dei ventenni come dei giovani mentre da altre parti quelli bravi si fanno giocare anche a 16 anni. Non voglio dare lezioni a nessuno ma sono convinto che i giovani bravi debbano giocare. Solo giocando si migliora, solo se si ha il tempo di sbagliare si può crescere. Un giocatore già fatto può solo mantenere il suo standard ma difficilmente può migliorare, un giovane invece no. Se permetti poi vorrei dire che anche l’esperienza delle seconde squadre non serve a molto ma toglie solo spazio ad altre realtà che magari in Serie C avrebbero il loro habitat naturale. I giocatori bravi emergono comunque, penso a Yildiz e Savona, che non hanno avuto bisogno della vetrina della C per arrivare dove sono, o a uno come Camarda, che è retrocesso con il Milan Futuro ma che ora in A ci è arrivato lo stesso perché se lo merita”. Nella carriera di Castori manca un’esperienza all’estero ma prima del Carpi c’è stata anche l’ipotesi concreta di allenare in Ucraina: “E’ vero era praticamente tutto fatto con il Metalurg Zaporizhy, che inizialmente voleva Reja andato poi alla Lazio. Siamo partiti e siamo andati in Ucraina per sviluppare il resto della trattativa. Il contratto era pronto, ho visitato i campi d’allenamento, il centro sportivo, la palestra. Siamo stati tre giorni poi sono tornato in Italia per preparare i documenti ma lo scoppio della guerra in Donbass ha bloccato tutto”. C’è poi una panchina speciale nel cuore di Fabrizio Castori che non rientra negli almanacchi ed è quella di San Patrignano: “Un’esperienza che nacque per caso ai tempi del Cesena. Marcello Chianese mi chiese una mano per formare una squadra con i ragazzi della Comunità di recupero. Doveva essere un impegno di poche settimane e invece è durato tre anni. Tre volte a settimana andavo ad allenare i ragazzi. Un’esperienza incredibile che mi ha dato tanto. Il calcio è una metafora della vita. Ci vuole impegno, determinazione, disciplina e tutte queste cose siamo riusciti a trasmetterle in campo vincendo il campionato di Terza Categoria”. Il futuro è il ventesimo campionato di B con il Sudtirol: “Mi trovo benissimo in questa società. E’ un ambiente serio dove si lavora con cura dei particolari e sempre con la giusta umiltà. Non mi sento appagato, ho grande voglia di lavorare e migliorarmi e di trasmettere questo ai miei giocatori. Questa è la mia benzina e fino a quando sarà così mi vedrete in panchina”. E allora buon compleanno mister Castori, l’uomo delle imprese impossibili che diventano possibili, umile ma sempre ambizioso perché il calcio, come la vita, non è fatto solo di tecnica e tattica ma anche di passione, condivisione e senso di appartenenza.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

"Non mi sento mai appagato e voglio sempre migliorarmi": i 71 anni di Castori

Giovanni Rispoli