Alla scoperta di Akammadu: “Leggo e studio per diventare una persona migliore”

È appena terminato l’allenamento. Franklyn Akammadu risponde con tono concentrato, e in modo molto chiaro. L’attaccante di ventisette anni viene da una doppietta che ha permesso alla sua Giana Erminio di battere il Lumezzane. Ma dietro quei due gol si nasconde molto altro... Dobbiamo per forza ripartire dalla doppietta che ha permesso alla Giana di battere il Lumezzane. La tua prima in Serie C… “Non ci avevo nemmeno pensato. Né subito dopo, né i giorni successivi. Perché quei due gol significano molto altro per me: oltre alla vittoria della squadra, che serviva eccome, era anche una rivincita per me stesso. Avevo tanta rabbia dentro” Perché? “Perché è vero che l’anno scorso giocavo in Serie D, ma a Crema ho fatto una stagione da 22 gol. Qui dopo 8 partite ancora non ero riuscito a segnare, e nelle ultime tre ero partito dalla panchina. La seconda rete è stata liberatoria, veramente! Ha dimostrato quanto ci tenga, ha dimostrato soprattutto a me stesso che io posso fare bene qui. Ho fame e voglia di arrivare” La tua carriera è costellata di scelte. Anche particolari, come quella di accettare la proposta degli Zebras in Kings League. La squadra collabora con la Juventus, che ti aveva anche dato il benvenuto: che esperienza è stata? “Il mondo della Kings mi ha sempre affascinato molto. E potevo entrarci molto prima rispetto a quando ho debuttato: avevo parlato con qualche club, ma non se ne era poi fatto nulla. Campolunghi, il presidente degli Zebras, invece mi ha convinto subito: è venuto a parlarmi a Crema, ci siamo bevuti un caffè, mi ha spiegato il progetto. Mi sono sentito come in famiglia, dico davvero: una società molto preparata, anche se è un calcio diverso da quello a undici. In tutti i casi, il mio bagaglio si è arricchito con la conoscenza di persone splendide che sento ancora adesso” E a livello tecnico? È stato formativo? “Più che formativo, diverso. Gli allenamenti sono molto divertenti e vanno a replicare un certo tipo di situazioni: uno contro uno, due contro due, tre contro tre… Attacchi molto, c’è molto agonismo. È un misto tra lo show dell’NBA e un modo di cercare il gol come in Premier” Dove ha giocato il tuo idolo di sempre: Didier Drogba. “Mi ispiro molto a lui. Manteniamo delle grosse virgolette, ma abbiamo un modo di fare gol simile: mi piace attaccare la profondità, muovermi per tutto l’attacco, cerco la rete da fuori area, di punizione, di testa. Ci metto il fisico. Lui faceva tutte queste cose e per me è una grande ispirazione” 180 centimetri per 88 kg. Il fisico non ti manca di certo. “Sì, ma non pensate che mi alleni chissà quanto in palestra. Lì mi concentro più sulla mobilità e lo stretching, non amo molto i pesi. Il fisico è di certo uno dei miei punti di forza, così come il tiro e penso anche alla furbizia in area” Cosa pensi di dover migliorare? “Il sinistro. Devo potenziarlo assolutamente. E poi devo imparare a leggere meglio certe situazioni, anticipare la dinamica di alcune azioni così da potermi mettere in situazione di vantaggio” Ti piace studiare? “Molto, mi definisco un nerd” Anche fuori dal campo? “Sì. Leggo tanti libri e quando posso studio delle lingue straniere. Voglio saperne il più possibile” Per ora ti limiti a…? “Italiano, ovviamente, poi inglese, francese e nigeriano, che è la lingua d’origine della mia famiglia. Di recente ho iniziato a studiare lo spagnolo” E nel tempo libero, oltre alle lingue, a cosa ti dedichi? “Alla lettura, come dicevo. L’ultimo libro che ho letto è ‘The game of life and how to play it’ di Florence Shinn. Mi piacciono i testi motivazionali, ma anche quelli storici: leggere dei personaggi del passato ti aiuta a capire meglio il presente. E poi guardo tantissimi anime. Il mio preferito è ‘One piece’. È una risposta un po’ ovvia, forse” Hai parlato della tua famiglia: sei di Padova, ti capita di tornare in Nigeria? “Meno di quanto vorrei. I miei genitori ci vanno spesso a dicembre, quando per me è un po’ complicato. Sento i miei cugini, sicuramente voglio trascorrere del tempo in quello che è il paese in cui la mia famiglia è cresciuta. Siamo un po’ sparsi per il mondo ora: mia mamma vive vicino a Padova, mio padre a Malmoe per lavoro, mia sorella si è sposata e si trova ora a Manchester” Bisogna viaggiare molto. “Sì, ma non è un problema. Anzi. A me piace molto viaggiare: dopo il calcio vorrei che diventasse parte della mia vita professionale. Per questo studio, perché voglio tenermi aperte altre strade. Penso che mi iscriverò all'università, per studiare business e management. Il calcio è la mia vita e non ho ancora le idee chiare di cosa succederà dopo. Ma voglio farmi trovare pronto” Hai un sogno? “Sì e no. Nel senso che ho imparato che la cosa migliore non sia porsi obiettivi a lunghissimo termine, perché non si sa mai dove si può arrivare. Si deve lavorare step by step, come nel calcio. Voglio diventare una persona migliore, voglio imparare dalle persone migliori di me. Se penso al campo, sarebbe bello magari in futuro salire di categoria. Ma se penso in senso più generale, voglio continuare a crescere: nel rapporto con la mia famiglia, in amore e nella fede. Credo molto, per me è la base di tutto. E voglio coltivarla”

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Valentino Della Casa