Dele Alli e un talento smarrito: a Como per ritrovare la luce

Questa non è la storia di un calciatore. È la storia di un uomo. Diventato tale troppo presto, sottratto al sacro diritto all’infanzia, all’adolescenza, alla gioventù. Dele Alli, uno dei talenti più puri che il calcio inglese abbia mai avuto il privilegio di ammirare, è stato abusato, costretto a consegnare la droga, abbandonato dai genitori. Tutto questo mentre i suoi coetanei imparavano a scrivere il proprio nome sul foglio bianco della vita. È il settembre 2015 e in un Leicester-Tottenham che nessuno ancora immagina possa essere la sfida tra le due principali candidate al titolo, un ragazzo di 19 anni con la 20 sulle spalle segna d’astuzia, di testa il suo primo gol in Premier League. Si chiama Dele Alli, all’anagrafe Bamidele. Di lui si sa poco, solo che è stato pagato dagli Spurs 5 milioni di sterline per pescarlo dal MK Dons, club di Milton Keynes, una sorta di città-autogrill sulla M1 da cui questo prodigioso ragazzo proviene. “We’ve got Alli, Dele Alli. I just don’t think you understand. He only costs 5 mill, he’s better than Ozil”. Non c’è partita senza che i tifosi degli Spurs intonino questo coro. È amore istantaneo tra il ragazzo e la sua gente. C’è energia e reciprocità nel rapporto. I tifosi vedono in lui il simbolo di una squadra giovane, affamata, talentuosa. Trascinata da un manager empatico ed emotivamente coinvolto come Mauricio Pochettino. Dele Alli vede in loro linfa d’affetto vitale per riempire i vuoti di un passato complesso. “Ooooh, this boy is a sensation”. Il telecronista di Crystal Palace-Tottenham non crede ai suoi occhi. Dele Alli ha appena ricevuto un pallone al limite dell’area, spalle alla porta, saltato un difensore con un sombrero cieco e calciato al volo di destro all’angolino. Il Tottenham vola alto come non succedeva da tempo. Dele Alli ha un talento forse mai visto prima. Il settore ospiti è in visibilio, tutto Selhurst Park in shock. A giungo c’è un europeo che l’Inghilterra non ha mai vinto. Non è che questo ragazzo possa esserci utile? Il Tottenham non vincerà il campionato, nè l’Inghilterra gli europei in Francia. Ma il ragazzo non è più una promessa. Cresce. Nella stagione successiva è leader tecnico di una squadra che sembra finalmente matura e pronta per vincere. Questa volta il rivale stagionale è il Chelsea di Antonio Conte, battuto per 2-0 il 4 gennaio 2017 con una doppietta di Dele Alli. Doppio colpo di testa sull’asse di pura lettura del pensiero con Christian Eriksen. Altri gol, altri assist. Una spaccata a Wembley sempre contro il Chelsea che non servirà a nulla perché la semifinale di FA Cup verrà persa dagli Spurs come il campionato, qualche settimana dopo. Ma la sua stella brilla nel cielo del nord di Londra, che intanto cambia skyline dal vecchio White Hart Lane al nuovo Tottenham Stadium. In mezzo una prestazione da gol, assist e man of the match contro il Real Madrid, un mondiale russo con gol nel quarto di finale contro la Svezia a regalare una semifinale che i Tre Leoni non vedevano dal 1990. In campo gloria, riconoscimenti individuali. Fuori dal campo, prime pagine di riviste sportive e non, come GQ. La passione per la moda, la vita mondana. La brama di coltivare nuovi interessi, nuove passioni. La voglia di vivere. Per qualcuno una distrazione. Le prestazioni calano, e la figura di Dele Alli viene ancora eletta simbolicamente come lo specchio del momento. Questa volta negativo. Nel documentario 'All or Nothing' prodotto da Amazon, il Tottenham decide di aprire i cancelli della privacy. L’allenatore nel frattempo è cambiato. Josè Mourinho ha preso il posto di Pochettino nonostante una storica prima finale di Champions League raggiunta solo qualche mese prima. È un momento chiave nella parabola discendente di Dele Alli. Pochettino, tra i vari meriti sportivi ed evidenti all’esterno, rivestiva all’interno una figura di fratello maggiore per la sua capacità di empatizzare con i suoi giocatori. Per i media un sinonimo di debolezza. Per i componenti di quel gruppo, come testimoniato da molte interviste rilasciate anni dopo, un inimitabile strumento di coesione. Il documentario presenta in una delle scene madri, poi diventate virali il dialogo tra Mourinho e Dele, che nel frattempo ha sostituito Alli sulla maglia e nella vita per disconoscere definitivamente la figura lesiva del padre. Nel confronto, Mourinho cerca di indirizzare Dele a riflettere sulla caducità del tempo. Lo mette sull’attenti. “Non voglio che quando avrai la mia età tu possa avere dei rimpianti”. Le prestazioni in campo sono crollate e Mourinho, la cui primissima partita da allenatore degli Spurs fu impreziosita da una prestazione straordinaria di Dele , vuole recuperarlo, riportarlo sui binari. I giornali intanto consumano inchiostro. Per loro le frequentazioni di Dele, il suo stile di vita, le sue attenzioni, le sue priorità sono la causa del male. Si accaniscono. Per giunta arrogandosi prepotentemente un inesistente diritto al giudizio. Storia già vista, basta guardare il documentario di David Beckham solo per citare un celebre esempio. La carriera di Dele si sgretola. Perde prima la nazionale, poi il Tottenham. Prova a rilanciarsi all’Everton. Non va. Cerca un miracolo in Turchia. Viene messo fuori squadra. Torna all’Everton ma non è mai disponibile. Sul cielo la parte finale di una scia di una cometa luminosissima. Il mondo si chiede dov’è finito Dele Alli. Perché è finito Dele Alli. Cosa è successo a Dele Alli. Un milione di incalzanti punti interrogativi che viaggiano a 100 all’ora. Di colpo, infranti. Sedati nel modo più potente possibile. Con una confessione. Profonda, lunga, struggente. Autentica. Di seguito un estratto dell’intervista rilasciata da Dele Alli a Gary Neville per 'The Overlap' il 13 luglio 2023. “A sei anni sono stato molestato. Sono stato mandato in Africa per imparare la disciplina. Poi sono stato rimandato indietro. A sette ho iniziato a fumare. A otto anni ho iniziato a spacciare droga. Una persona anziana mi ha detto che non avrebbero fermato un bambino in bicicletta, quindi andavo in giro col mio pallone e sotto tenevo la droga. A 11 sono stato fatto penzolare da un ponte da un tizio della casa accanto. Poi a 12 anni sono stato adottato. Sono stato adottato da una famiglia fantastica. Non avrei potuto chiedere persone migliori, mi hanno aiutato molto". Neville non trattiene le lacrime, fatica a respirare. Dele accenna un sorriso malinconico. Come a chiamare in causa tutti quelli che hanno detto, scritto e fatto senza sapere. Quelli che hanno giudicato un ragazzo, ignorando le battaglie interiori e feroci che lo hanno deteriorato, svuotato, demotivato. Quel passato così ingombrante da rincorrerlo costantemente per negargli il futuro. Nascosto dietro l’angolo dei suoi successi attenendo l’attimo giusto per tornare e colpire. Così forte da sottrargli la forza di rialzarsi. Più forte delle pillole per il sonno e l’alcol a cui Dele chiedeva un tentativo temporaneo di fuga. Un destino che però Dele non ha mai smesso di voler capovolgere. Come quel sombrero a occhi chiusi nella notte di Selhurst Park. Come le acrobazie sotto la South Stand di White Hart Lane. Si allenerà con il Como di Fabregas nella speranza di ritrovare la luce. Di tornare Dele. Non necessariamente in campo, ma fuori. Perché Dele Alli non si è perso come molti hanno scritto. Dele Alli non ha mai saputo chi è stato realmente perché non gli è stato concesso. E lotta con coraggio per scoprire finalmente chi è, oggi, per definire chi sarà, domani.

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