Non è il Tour di Sagan, indeciso e verde di... rabbia

Ciclismo
Non sembra essere un Tour indimenticabile per Peter Sagan (Foto Getty)
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La 19.a tappa della Grande Boucle, vinta da Navardauskas, ha lasciato ancora una volta l'amaro in bocca allo slovacco della Cannondale. Troppo insicuro il leader della classifica a punti, che ha tagliato deluso il traguardo

di Francesco Pierantozzi

Non è il Tour de… Sagan. Non è riuscito a vincere una tappa anche se si è cucito con tanti punti, raccattati dappertutto, la maglia verde. Si lascia scappare Navardauskas negli ultimi chilometri della terz’ultima tappa per non intervenire subito in prima persona, la squadra lo aiuta poco, lui finisce pure per terra a meno di 3 km dal traguardo. Certo resta la volata di Parigi ma è roba per gente alla Kittel, alla Greipel.  Perché non è intervenuto subito? Beh, semplice, per non sbagliare di nuovo, per non sprecare energie, per non fare lavori a metà, tipo “vado o non vado, insisto o non insisto, provo a vincere da solo o aspetto lo sprint ristretto, che, in fondo sarebbe il mio mestiere ?” … forse per non prendersi altre critiche: ”ma come corre Sagan ?”.

La critica che si può fare è racchiusa in un aggettivo: indeciso. Se non si fida dei suoi compagni si deve buttare sulla ruota di chi attacca, se si fida deve mettersi subito ad inseguire la squadra, senza cercare che altri si prendano la responsabilità. Faccia poco contenta al traguardo, per non dire di peggio… Peter deve essere molto arrabbiato, deve incanalare positivamente questa rabbia, deve arrivare al mondiale di Ponferrada come un animale in gabbia a cui non danno da mangiare da mesi (7 vittorie in questa stagione, l’ultima al campionato nazionale slovacco, un po’ sotto media rispetto alle abitudini)… Solo così, con una maglia iridata può riprendersi da una maglia verde di… rabbia.