Lorenzo Mark Finn è la nuova stella del ciclismo italiano

«All right, then, I’ll go to hell». – Mark Twain, Adventures of Huckleberry Finn «È passato un anno esatto da quando ho vinto il titolo juniores. È come lo scorso anno, è irreale. Gli ultimi 500 metri sono stati pazzeschi, con tutta quella gente che mi applaudiva nonostante fossi di un’altra nazionale, il pubblico qui a Kigali è stato fantastico. È stata una bellissima settimana, ricorderò non solo il titolo, ma anche questa esperienza, un’esperienza di vita». – Lorenzo Mark Finn, campione del mondo Under 23 2025 Ballando sotto la pioggia come un novello Guglielmo Tell sulle Alpi svizzere, o splendido re Sole equatoriale in altitudine della Sua Africa, nel primo mondiale in continente della storia. Sempre il 26 settembre – data per lui magica – e in solitaria, dopo aver rotto, in tutti i sensi, con quel che restava del mondo: il danese Albert Pedersen e lo spagnolo Héctor Álvarez a Zurigo 2024, l’elvetico Jan Huber a Kigali 2025. Ecco le avventure iridate – in back-to-back – di Lorenzo Mark 'Huckleberry' Finn. Con Giulio Pellizzari , l’altra Grande Speranza Azzurra del ciclismo prossimo venturo. Il tempo ci dirà se solo per le classiche di un giorno e/o per i grandi giri di tre settimane. La prima cosa bella A Zurigo 2024, mondiale junior, non era tra i favoriti, eppure aveva trionfato con un’impresa: 2’05” sul britannico Sebastian Grindley e 3’06” sul terzetto regolato dal neerlandese Senna Remijn e comprendente pure il tedesco Paul Fietzke e lo statunitense Ashlin Barry. A Davide Bernardini di Bicisport aveva poi fatto professione di modestia: «Prima di me venivano almeno Seixas, che mi aveva battuto al Lunigiana e che in Francia considerano già il loro prossimo vincitore del Tour, e il danese Philipsen , che il mondiale juniores l’aveva vinto l’anno scorso. È vero, mi sentivo in forma: in allenamento avevo fatto i miei record di potenza. Avevo la consapevolezza di poter disputare una bella corsa». Altro che bella: bellissima. Primo affondo ai meno sessanta, in discesa, col cielo che mandava giù secchiate e il gruppo già sparpagliato ai 26 Cantoni. «Non era in programma – ammetterà al traguardo a Ciro Scognamiglio de 'La Gazzetta dello Sport' –, e speravo che qualcuno mi venisse dietro. La preoccupazione di poter scoppiare c’era, ma stavo veramente bene e quando sono rimasto solo sapevo di poter vincere. È stata forse è stata la migliore giornata della mia vita». L’attacco decisivo, ai -21 km: con gli ultimi superstiti – Philipsen già scivolato sul bagnato e lo spagnolo Álvarez, ormai al gancio – che sembravano non averne più. O comunque assai meno del nostro. «È lì che ho cominciato a crederci. La gamba rispondeva, ero lucido: se non mi succede l’imprevedibile, non mi riprendono più, ho pensato». All’arrivo neanche pareva troppo sorpreso: di sé stesso, dell’epilogo, della portata di cosa aveva combinato. «Mi rendo conto di non aver dato l’impressione d’essere incredulo, ma credetemi quando vi dico che lo ero: in un attimo mi si sono mescolate stanchezza, incredulità, e gioia. Avevo appena vinto una gara, la più importante, che avevo sempre seguito in televisione». Campione del mondo juniores nella prova in linea a 17 anni. E ben 17 dopo il back-to-back dell’ultimo azzurro iridato nella categoria: quel Diego Ulissi che, anche lui fra i convocati ma per la gara dei professionisti, era stato fra i primi a congratularsi con lui al rientro nell’hotel della nazionale. E fa specie pensare che, quando Ulissi nel 2006 vinse il primo dei suoi due ori da junior, Finn non era ancora nato: Diego lo conquistò il 13 agosto, Lorenzo è del 19 dicembre. «L’esultanza? Con Alessandro l’abbiamo decisa in allenamento: se qualcuno di noi avesse vinto avremmo dovuto farla». – Lorenzo Mark Finn Orgoglio capitale Tutt’altra storia invece a Kigali 2025 negli Under 23. Per la consapevolezza, più ancora che per il modo. Secondo più giovane in gara , magari nemmeno fra i più papabili a ripetersi dopo il salto di categoria, ma certo non un outsider. Quarto a cronometro quattro giorni addietro, pur non al meglio , e per soli 4” giù dal podio occupato da Jakob Söderqvist , Nate Pringle e Maxime Decomble , Finn era pur sempre il capitano per la prova in linea dell’ambiziosa nazionale di Marino Amadori. Una Squadra, per usare le parole del navigato Ct a 'BiciSport', di «ragazzi forti, precisi, onesti. Delle garanzie, tanto da poter diventare loro stessi i capitani a seconda della piega che la gara potrebbe prendere». Alessandro Borgo , un 2005 da campagna del Nord, «che quest’anno ha vinto la Gand-Wevelgem e il campionato italiano ed è forse il nostro miglior elemento su strade così frastagliate». Simone Gualdi , altro 2005, «terzo alla Liegi-Bastogne-Liegi e nel campionato italiano, abile a ranghi ristretti e resistente». Pietro Mattio , un 2004, «più potente e dotato di un’intelligenza tattica che gli permette di anticipare le manovre altrui e di essere spesso al posto e nel momento giusti». Tutti e quattro hanno corso alla grande e finito un mondiale durissimo, per quanto non paragonabile a quello – brutale – degli élite: Gualdi , Mattio e Borgo tutti insieme appassionatamente a 9’40” dal loro leader, celebrato all’arrivo mimandone l’esultanza da arciere. Ma senza il numero due con le dita a 'v' di vittorie. Plurale. E in fila. I primi passeranno subito professionisti, e il terzo potrebbe presto seguirli. Per Finn invece è ancora presto: lo ha dichiarato lui stesso in tempi non sospetti. Un altro anno nei dilettanti poi si vedrà. Il ragazzo tiene famiglia, nella migliore accezione del termine, e la testa sulle spalle. Tra i grandi si farà. Niente Seixas, siamo inglesi Del resto, persino Pogačar – vinto il Tour de l’Avenir – è rimasto due anni nei dilettanti prima del gran salto nei pro’. E se l’anno scorso quella meravigliosa maglia arcobaleno Finn non ha potuto indossarla tra gli juniores, potrà invece godersela, nelle corse non a cronometro, per tutto il 2026. «Sarà fantastico farlo nelle gare del prossimo anno» ha esclamato, raggiante, subito dopo l’oro nell’afa di Kigali. «È un capitale del ciclismo italiano, e non solo, che dobbiamo preservare e valorizzare» aveva detto di lui Amadori, già scegliendolo come prima punta per il mondiale ruandese. «La sua prima stagione tra gli Under 23 è stata di alto profilo e mi rincuora, a pochi giorni dalla prova iridata, constatare che i migliori risultati li ha raccolti nelle gare di un giorno: terzo al Reggio Calabria con i professionisti, quinto alla Liegi Espoirs, primo al Giro del Belvedere, secondo al GP Palio del Recioto e alla Flèche Ardennaise. A maggior ragione su un percorso come quello del mondiale africano, viene automatico considerarlo tra i favoriti». Anche perché, va detto, con il nuovo regolamento , fra gli junior non potevano competere grossi nomi come il norvegese Jørgen Nordhagen e lo stesso Seixas, che quell’Avenir l’ha vinto con pure due frazioni e la maglia bianca di miglior giovane, poi comunque splendido 13° – pur mandato allo sbaraglio al via dal Ct Thomas Voeckler – fra gli élite. A 19 anni appena compiuti . Quanto al dubbio amletico sul Finn più da classiche o da grandi giri, ci sarà tempo per valutarne fondo e recupero . Per ora parlano per lui i risultati: nel 2025, da matricola molto sotto età, sesto e maglia à pois al Giro Next Gen e quarto al Tour de l’Avenir. Se son rose fioriranno. E magari, un giorno, le indosserà pure. Quanto a carattere e personalità da ometto solo al comando, non fatevi ingannare da quel suo faccino da bravo ragazzo British: tanto gentile e onesto pare giù di bici, quanto guerriero appare in sella: per referenze chiedere a Philipsen, Álvarez e Huber, riottosi nel dargli i cambi non tanto per malizia tattica quanto per loro manifesta inferiorità. Se a Zurigo aveva vinto con un numero simil Remco Evenepoel di Innsbruck 2018 , a Kigali il bis è arrivato con una duplice azione di forza alla Tadej Pogačar. Unite però a intelligenza tattica e ferocia agonistica da piccolo Mathieu van der Poel . E una dota tanto rara quanto preziosa a questi livelli: la pazienza . Quanto a punti deboli e ambizioni, già dopo Zurigo 2024 aveva fatto capire di avere le idee chiare. «In Svizzera non si è visto perché sono riuscito a fare la differenza, ma il mio punto debole è la volata» aveva ammesso. «Bisogna che migliori assolutamente, non posso pensare di staccare sempre tutti. Mi reputo un corridore completo, ma di base resto uno scalatore che si difende dignitosamente in pianura. Apprezzo le gare di un giorno più impegnative, ma il mio sogno sono le corse a tappe, soprattutto il Tour de France». «Quando mi sono reso conto che Lollo andava più forte in salita che in pianura ho capito che sarebbe diventato un campione. Ha doti di recupero impressionanti». – Andrea Manitto, primo direttore sportivo di Lorenzo Mark Finn Dalla Liguria con fulgore Lorenzo Mark Finn è figlio di Peter, inglese di Sheffield , e di Chiara Iperti, genovese. I genitori sono ingegneri e lavorano nel capoluogo ma hanno casa a Salto, frazione di Avegno, dove lo scorso anno – un mese dopo l’oro di Zurigo – gli hanno organizzato una festa a sorpresa per festeggiare il loro Lollo per la prima volta campione del mondo. Mai avrebbero immaginato che, tempo dodici mesi esatti, avrebbero dovuto cominciare a numerarle. E con la scusa di una cena alla sagra del paese, fra i molti eventi gastronomici organizzati dalla Società di Nostra Signora del Rosario, il neo-iridato c’era cascato. E con tutte le tacchette, almeno prima di leggere sull’asfalto della SP 333 di Uscio, davanti alla sede, la scritta: «Dagghè Finn». L’incitamento vernacolare era in vista della Portofino-La Spezia, seconda tappa del Giro della Lunigiana, che doveva passare di lì ma poi annullata per allerta maltempo. Tra i presenti tutto il piccolo mondo antico di Lorenzo: parenti e amici, compagni di scuola e di squadra vecchi e nuovi, il suo primo diesse Andrea Manitto, che per seguirlo si sciroppava in scooter il tappone quotidiano da Ceranesi, nell’hinterland genovese, fino al Tigullio; e persino Domenica 'Mimma' Berardi, la sua maestra d’asilo nido 'Giardino dei girasoli' che il baby Finn aveva frequentato dai nove mesi ai tre anni. Come momento-clou dell’evento: il video realizzato da Peter con immortalati i momenti salienti dei primi 17 anni del figlio: da bambino con i nonni, vestito da piccolo guerriero a carnevale, il calcio e il tennis . Immagini corredate da frasi in tre lingue: italiano, inglese e tedesco, visto che dal 2025 corre nella Red Bull-Bora-hansgrohe Rookies, la formazione sviluppo della corazzata che nei pro’ ha big come Jai Hindley, Florian Lipowitz, Primož Roglič e Aleksandr Vlasov più i nostri Giovanni Aleotti, Gianni Moscon, Giulio Pellizzari e Matteo Sobrero. Un super team a cui, dal 2026 e per almeno tre stagioni, si unirà Evenepoel. Sempre a due passi da casa, ma a Casella, nell’Alta Valle Scrivia, Lorenzo il 30 giugno 2024 aveva bissato il tricolore junior a cronometro di Grosseto vincendo – in solitaria, ça va sans dire – quello in linea. Anche là, distacchi siderali per la categoria: 2’28” in 122 km al secondo, Mattia Proietti Gagliardoni. Figuratevi gli altri. A.A.A. Cercasi Jannik… Finner Come per un certo Jannik Sinner col tennis dopo lo sci, tra Finn e il ciclismo non è stato un colpo di fulmine. Lorenzo praticava calcio e tennis, ma è vero solo in parte che s’è dedicato alla bici per recuperare da un infortunio a un ginocchio. O meglio, è andata anche ma non solo così. Finn giocava a calcio da difensore nel San Bernardino e correva in bici per la Nuovaciclistica Arma-Team Ballerini diretta da Gianluca Oddone. E da ragazzino stravedeva per Geraint Thomas. A fare sul serio ha cominciato cinque anni fa, ma fino al suo primo da junior latitavano i piazzamenti, figuriamoci le vittorie : 4° al Tour Cycliste de la Région Sud U19 e nella tappa di Chiavari al Giro della Lunigiana, con secondo posto nella generale e maglia bianca. Pochino anche solo per immaginare, di lì a un anno, l’oro mondiale. Ma nel 2022, cambiata la preparazione e sviluppatosi fisicamente , i primi risultati erano arrivati: la Resceto Cup e la cronoscalata a Sella Nevea, i successi a Rocca Canavese e a Pieve Vergonte, «poi sono stato abbastanza coerente e sono finito molte volte sul podio e tra i primi cinque», come raccontava all’epoca a Danilo Viganò di Tuttobiciweb. Il 2024 si era aperto il 4 marzo vincendo per appena 1” su Andrea Bessega la Cronoversilia a Lido di Camaiore. Poi, il 18 aprile, con la GRENKE-Auto Eder, club satellite della Red Bull-BORA-hansgrohe, la cronosquadre di Castiglione della Pescaia alla Eroica Juniores. A giugno quella al GP Eccellenze Valli del Soligo e la doppietta tricolore crono/in linea. In agosto, la terza e ultima tappa più classifiche generale e scalatori alla Aubel-Thimister-Stavelot; la frazione di Terre di Luni al Lunigiana. E infine, tre giorni dopo la vittoriosa fuga di 64 km al mondiale zurighese, l’Olgiate Molgora-Ghisallo . Era nata una stella? Ancora no, ma la svolta c’era stata. Eccome. Le età dell’oro In meno di due mesi, tra luglio e settembre, aveva partecipato a tre corse a tappe di livello internazionale: terzo a Valromey in Francia, primo alla Stavelot in Belgio, secondo nelle tre maglie e una tappa al Lunigiana. Ottimi segnali ma niente che lasciasse presagire, di lì a tre settimane, la sua straordinaria prestazione al mondiale. Ripreso al penultimo giro dal terzetto comprendente il campione uscente Albert Philipsen, Álvarez e Grindley – tutti e tre poi nell’orbita Lidl-Trek – l’azzurro era stato anche fortunato quando ai -23 km, con Grindley già staccato, in una curva secca a destra il danese era caduto sul marciapiede sinistro. Restava lo spagnolo, che resisterà un paio di chilometri senza però mai dare l’idea di poter restare a ruota. Álvarez, infatti, chiuderà sesto a 3’44”. Di tutt’altro piglio, invece, il Finn 'ruandese'. Quasi nibaliano per tenacia, lucidità e il carisma, prima ancora che la forza, del campioncino nel comandare la gara culminata con il secondo arcobaleno consecutivo: una doppietta, il back-to-back junior-Under 23, riuscita prima solo a Matej Mohorič . E proprio a lui l’azzurro ha soffiato il primato di più giovane iridato in linea nella categoria: 18 anni e 281 giorni . Impressionanti il suo affondo ai -32 km e la rasoiata decisiva, ai -6 km, per scrollarsi di ruota Huber, l’ultimo superstite , col quale ormai aveva pure smesso di sbraitare per i mancati cambi: piccoli Remco crescono. «Devo ammetterlo, mi sono commosso – dirà al traguardo nella sua splendida cadenza romagnola il Ct Amadori – Non sono andato subito al podio perché è stata un’emozione unica. Ci abbiamo creduto, ci abbiamo provato con convinzione, e ottenere questo risultato rende tutto ancora più speciale». Implicito il riferimento alla perfetta condotta tattica della sua nazionale, in una gara controllata fino agli ultimi quattro giri dal Belgio per Jarno Widar, poi scoppiato ; e gran favorito come lo sloveno Jakob Omrzel, vincitore del Giro Next Gen ma lui pure naufragato nel finale . «Il piano era capire come si sarebbe messa la corsa nella prima parte, che infatti è stata abbastanza controllata – ha poi spiegato Finn all’arrivo – Mi sono accorto subito che il percorso era davvero duro, con gli strappi, l’altitudine, il caldo e il pavé. A metà gara abbiamo dato una bella sgasata. Siamo rimasti un gruppo ristretto e ci siamo messi a tirare. Si è fatta la selezione. Sono rimasto con lo svizzero e alla fine sono riuscito ad andarmene da solo. La gioia è immensa, come l’anno scorso: è incredibile. Voglio dedicare questa vittoria alla mia ragazza Fabiana, questa è per lei». Un déjà-vu. Lo scorso 17 giugno, nella tappa canturina del Giro Next Gen da Albese con Cassano al Passo del Maniva vinta da Widar, Finn le regalò il bouquet di neo-maglia bianca e un tifoso le disse: «Te ne porterà molti, in futuro, di fiori». In quel mese, dopo aver abbandonato nell’ultimo anno per i troppi impegni agonistici il liceo scientifico di Genova, ha conseguito la maturità da privatista. Accontentata mamma Chiara, un 'direttore sportivo' su certi temi assai persuasivo. «Da questo punto di vista invidio i miei compagni stranieri – si lamentava non senza ragioni il suo Lollo appena iridato – perché all’estero il sistema scolastico viene maggiormente incontro agli studenti impegnati ad alto livello nello sport. A loro non toccano i sacrifici che invece devo mettere in conto io. Ma devo soltanto stringere i denti e affrontare l’ultimo anno, poi capirò che piega la mia carriera prenderà». Un anno e due arcobaleni dopo, nel firmamento azzurro è 'Finnalmente' spuntata una stella.

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Lorenzo Mark Finn è la nuova stella del ciclismo italiano

Christian Giordano