Le sfide con Leclerc sui kart, la conquista del campionato GP3 Series e le prime vittorie in Formula 2 nel 2019: il ritratto del pilota che non andava di fretta, morto all'Eau Rouge in seguito a un terribile incidente di gara
Ora l’istinto è quello di pensare che 23 anni sono troppo pochi per morire, mentre la legge, a volte durissima, del volante vuole che proprio a 23 anni un pilota sia già troppo vecchio per la Formula 2, specie se - come per tutti - l’obiettivo è la Formula 1. Che poi Anthoine Hubert, morto all’Eau Rouge, nel punto più pericoloso e leggendario del tempio di Spa, 23 anni non li aveva ancora compiuti. Lo avrebbe fatto il 22 settembre prossimo. Ma non aveva fretta, in generale, non aveva fretta. Hubert era uno di quei piloti che la Francia era tornata a trovare, dopo averli cercati da tempo, specie dopo la morte di Jules Bianchi che oggi fa sembrare quello del destino un vero e proprio accanimento sulla Francia, sui suoi piloti, sulle sue personalità. Anthoine Hubert, lionese doc, era uno di quei piloti dal cammino classico, tracciato in nome di un talento che si era visto presto. Dieci anni di età e, come molti bambini, Anthoine Hubert ha già il volante di un kart tra le manine. A dodici inizia a correre sul serio e a quattrordici anni, quando per molti scatta la voglia di motorino, lui è secondo a fine stagione (il 2010) nel trofeo che la Fia ha voluto per selezionare i migliori pilotini del mondo. Quaranta nazioni, Cinquanta piloti, Hubert è secondo dietro a Tihoonen, un finlandese che ai kart resterà legato anche dopo, uno che - come la maggior parte di loro - non riuscirà a fare il salto. Tre posizioni dietro a Hubert c’è Charles Leclerc, proprio lui, un anno più giovane e poi automobilisticamente più precoce; Leclerc, uno che il salto l’ha fatto eccome, oggi disperato, incredulo. La strada di Anthoine Hubert prevede a quel punto un salto naturale, che è quello che lo porta alla Formula 4 francese prima (nel 2013) e l’anno dopo al campionato Eurocup Formula Renault 2.0 con il team Tech 1 Racing. La Renault lo punta, lo coccola, lo cresce. E oggi lo ricorda come "un enorme talento che ha portato energia e positività al campionato della F2". Per la casa francese Hubert è stato "una personalità solare e sorridente, capace di accendere e stimolare i talenti nel gruppo di giovani piloti". Nel 2015 è quinto, ma pronto per la Gp3 Series dove debutta nel 2016, vincendo la sua prima gara sul cittadino del Norisring di Norimberga. La sua vera stagione è quella scorsa, il 2018. La personalità solare di Hubert non gli impedisce di far maturare un’attitudine a essere calcolatore e intelligentissimo nel gestire un campionato, al volante della macchina del Team ART Gran Prix, che farà suo con due vittorie, a Le Castellet e a Silverstone, e una serie di piazzamenti che lo rendono campione davanti a Mazepin. La classifica finale dell’anno sarà la stessa che contempla Giuliano Alesi in quinta posizione e Correa in dodicesima. I rivali coinvolti nell’incidente che ha spezzato e spazzato vita e carriera del bravo Hubert. Per lui si apre la porta della Formula 2. È un altro piano scalato, un naturale passo più su verso l’obiettivo. La BWT Arden, dove è compagno di Tatiana Calderon, lo vede vincere due volte: nella sprint di Montecarlo, dove tiene testa alla grande a Deletraz, e al RedBullRing in Austria. Poi infila una serie di gare difficili. Risultati difficili da digerire, anche se il ragazzino francese, da sempre, non ha fretta. Sa come fare. Fino a Spa, quando non avere fretta, essere calcolatore, essere sorridente e solare non serve più a nulla.