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Hornets, le parole infelici di Malik Monk: "Che noia la vita NBA"

NBA

Malik Monk ha trovato il modo di conquistare i primi titoli di giornalE da quando è arrivato in NBA, non di certo nel modo migliore: "Voli da una parte all’altra, vai in hotel e resti in attesa della partita senza sostanzialmente fare nulla"

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Chiudete gli occhi e immaginate di avere 19 anni (sì, già così è un gran bel sogno), di aver corso, sudato e lottato da quando siete nati per rincorrere un pallone da basket nei posti più improbabili, nel campetto malmesso e dissestato davanti casa di vostro nonno, che quotidianamente si accomodava sulla soglia della porta d’ingresso per osservarvi giocare. Ecco, dopo sacrifici, fame e un anno di college a Kentucky in cui la vostra vita stava già iniziando a cambiare, coronate il vostro sogno, quello che continuavate a ripetervi in testa da anni, ma che non pensavate potesse assumere dei contorni reali in così poco tempo. Ecco, questo è quanto successo a Malik Monk, uno dei prospetti più interessanti dell’ultimo Draft, scelto dagli Charlotte Hornets con la chiamata numero 11, scivolato un po’ a sorpresa fuori dalla top-10. Un realizzatore puro, uno scorer che sta cercando la sua dimensione in un contesto in cui gli viene chiesto di performare anche più del previsto data l’assenza di Batum a causa dell’infortunio subìto in preseason. Prestazioni alternanti al tiro, con un modesto 30% dal campo e il 26% da tre punti. Questa rividebile efficacia lo ha portato a mettere a referto (per ora) 7.5 punti di media che ben raccontano quanto ancora sia acerbo il suo talento. “Ha un grande feeling con il gioco, oltre che una grande intelligenza cestistica. Passa il pallone molto meglio di quanto si pensi ed è un valido giocatore da pick&roll, anche se ancora non riesce a rendersene bene conto. Sta crescendo ogni allenamento di più”. Parole di stima da parte di coach Clifford, che sa bene di avere in Monk una delle carte migliori su cui puntare per il futuro della squadra del North Carolina. Renderlo un giocatore solido da poter utilizzare anche oltre i 19 minuti con cui attualmente è impiegato potrebbe essere la mossa vincente nei prossimi anni.

"Almeno l'estate è più divertente..."

Adesso lecitamente vi starete domandando: perché tutto questo preambolo e questa premessa? Perché nelle scorse ore, durante un’intervista in cui gli veniva chiesto quale fosse l’aspetto più sorprendente che aveva scoperto nei suoi primi mesi di carriera da giocatore NBA, Monk ha replicato in maniera sorprendente. Tutti immaginavano un ragazzo ancora sognante, incredulo per la fortuna di poter vivere una realtà che in molti non immaginano neanche potesse esistere. E invece: “È noiosa. Noia in senso buono, per carità. Voli da una parte all’altra, vai in hotel e resti in attesa della partita senza sostanzialmente fare nulla. Me ne sto nella mia stanza d’albergo a guardare gli highlights, qualche film, cose del genere. È noioso. Ma l’estate certamente è più divertente perché non solo sei libero di fare anche altre cose, ma hai anche qualche spiccio in tasca da poter spendere. Puoi goderti le vacanze, andare in giro. Durante la stagione è monotono, ma è molto meglio che sia così per tenersi lontani dai casini, dalle feste e dalla vita notturna”. Niente serate passate a fare tardi, né tantomeno la possibilità di fare "quello che ti pare". Di certo non la constatazione che ci si aspetterebbe da un giocatore che fa questo stile di vita da meno di un mese, consapevole del fatto che questo sarà il programma per i prossimi 15 anni, qualora la sua carriera decolli del tutto. Un peccato di ingenuità, di inesperienza, proprio come quelli fatti sul parquet. Bisognerà crescere anche davanti a un microfono.