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NBA, vincono Boston e Orlando, coppia regina a Est, Houston sbanca New York con 31 di Harden

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I Celtics vincono la sesta in fila, Orlando sbanca a sorpresa Memphis con una tripla di Aaron Gordon, mentre vanno ko Milwaukee (nonostante i 43 punti di Khris Middleton) e Toronto. Houston passa a New York per l'ottava volta consecutiva

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Boston Celtics-Sacramento Kings 113-86

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Sacramento a Boston non vince dal gennaio 2007 e Kyrie Irving e soci fanno in modo che la tradizione continui: la sesta vittoria in fila dei Celtics - prima nella Eastern Conference, a pari merito con i sorprendenti Orlando Magic - porta la firma di Kyrie Irving e di Jaylen Brown, entrambi a quota 22 punti. “Mi lecco i baffi ogni volte che raddoppiano Kryie”, le parole del secondo anno dei biancoverdi, capace di chiudere la sua serata con 7/8 al tiro in soli tre quarti, prima di uscire zoppicante dopo una giocata difensiva. Con tre giocatori del quintetto in doppia cifra (Jaytson Tatum oltre a Irving e Brown), e altrettanti dalla panchina (Rozier, Ojeleye e Theis), Boston spacca la partita in due nel terzo quarto, dominato 31-15, e chiude la sfida doppiando i Kings a rimbalzo, 52-26. Anche Sacramento cavalca una striscia aperta di 6, ma nel caso dei californiani sono sconfitte, le ultime tre delle quali arrivate con uno scarto medio di 24 punti. I migliori per coach Joerger sono Buddy Hield a quota 17 (7/11 al tiro per lui in uscita dalla panchina) e Zach Randolph a 16. 

New York Knicks-Houston Rockets 97-119

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I Rockets non perdono al Madison Square Garden dal 26 gennaio 2009, quando sulla panchina dei Knicks sedeva l’attuale loro allenatore, Mike D’Antoni. La striscia positiva si allunga a 8 sulla scia di 52 triple tentate, 19 delle quali a segno (36.5%, ma prima del 2/12 dell’ultimo quarto il dato era molto migliore), con James Harden capace di realizzarne sei per 18 dei suoi 31 punti, cui aggiunge anche 9 assist (e 7 perse). Per i texani è il primo successo dopo due ko consecutivi, maturato già nel secondo quarto grazie a un parziale di 16-0: da allora gli ospiti hanno fatto gara di testa, segnando 36 punti nel secondo parziale e 40 nel terzo, mettendo così fine alla striscia di tre vittorie consecutive dei padroni di casa. Bravi i Rockets a contenere in particolare Kristaps Porzingis, limitato a 7/18 al tiro per 19 punti; meglio di lui Tim Hardaway Jr., autore di 23, gli unici insieme a Enes Kanter a toccare la doppia cifra a fine gara (incoraggianti però gli 8 assist del rookie Frank Ntilikina). 

Charlotte Hornets-Milwaukee Bucks 126-121

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Nella peggior serata di questo inizio di regular season di Giannis Antetokounmpo (13 punti, di cui soltanto cinque arrivati negli ultimi tre quarti), a farne le veci in casa Bucks è Khris Middleton che chiude a quota 43 punti (con 15/28 al tiro e cinque triple), il suo massimo in carriera, uniti ai 20 di Malcolm Brogdon. “Ogni volta che sei costretto ad andare a sederti a causa dei problemi di falli e poi torni in campo, non puoi mai essere aggressivo come vorresti”, racconta a fine gara il talento greco, già a quota cinque falli quando ancora non era giunta al termine la terza frazione del match. Ci hanno pensato gli altri a segnare tanto, ma non abbastanza per avere la meglio in casa degli Hornets trascinati nel quarto periodo in fase realizzativa del vero protagonista della sfida: Malik Monk, il rookie di Charlotte, gioca la sua miglior partita mettendo a referto 25 punti, diciotto dei quali arrivati nell’ultima frazione. Un clinic offensivo letale che spezza le gambe e le resistenze dei Bucks, incapaci di trovare un antidoto a quello che punta a diventare un elemento chiave che è spesso mancato a Charlotte negli ultimi anni: un grande realizzatore in uscita dalla panchina. “Sì, so come fare canestro. E so benissimo che attaccare il ferro può generare dei grossi benefici anche per i miei compagni”. Un giocatore che può tornare utile al fianco del solito convincente Kemba Walker, che pensa a tenere i suoi in partita nel primo tempo realizzando 20 dei suoi 26 punti totali. Il record 5-3 è rassicurante: gli Hornets sono una squadra da playoff.

Memphis Grizzlies-Orlando Magic 99-101

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Orlando è davanti per tutto il quarto quarto ma poi fa di tutto per cercare di perdere la gara, con tre delle sue 24 palle perse collezionate negli ultimi 36 secondi. Invece un tiro di Aaron Gordon da tre punti a 52 secondi dalla fine (in un gioco inizialmente disegnato per la conclusione di Evan Fournier) dà ai Magic la quinta vittoria nelle ultime sei gare e un insperato quanto sorprendente primo posto a Est in coabitazione con i Boston Celtics. La vittoria a Memphis, campo notoriamente non facile, arriva con 22 punti di Fournier e 19 di Gordon, ma soprattutto grazie a un ottimo 13/29 (44.8%) da tre punti. Per i Grizzlies, che hanno dovuto rinunciare a Mike Conley, alle prese con dolori al tendine di achille, “una sconfitta meritata”, nelle parole di coach Fizdale, che definisce “ridicola” la comunicazione in campo dei suoi giocatori. Il migliore tra i padroni di casa è Tyreke Evans, autore di 32 punti con 13/20 al tiro uscendo dalla panchina, mentre Marc Gasol ne aggiunge 22 con 10/14 dal campo, ma Memphis cede in casa a Orlando per la prima volta dopo 9 successi in fila. 

Washington Wizards-Phoenix Suns 116-122

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Gli Washington Wizards volano sul +22 già nel primo tempo nella sfida contro i Phoenix Suns  e guidati da una super prestazione da 40 punti di Bradley Beal…”. No, il finale non è quello che tutti si aspetterebbero in una partita del genere, perché a sconvolgerne l’esito che sembrava scritto è stato l’impressionante secondo tempo di T.J. Warren, anche lui al termine del match autore di 40 punti (con il 72% al tiro e conditi con 10 rimbalzi), ventotto dei quali arrivati nel secondo tempo. I Suns vanno così a riprendersi un partita che sembrava persa, su un campo difficile come il Verizon Center e confermando il buon momento iniziato dopo la cacciata di coach Watson. “Nonostante l’attenzione che tutta la difesa degli Wizards ha messo su di lui, è riuscito a continuare a segnare. È stato incredibile”, racconta soddisfatto coach Triano, lodando la prestazione di uno dei tanti giovani promettenti del suo roster. Devin Booker ne aggiunge 22, uno in più di quelli messi a referto da Wall al fianco di Beal. Sì, anche la sfida tra i Robin del match la vince Phoenix, anche se a decidere le sorti della gara ci avevano già pensato i Batman.

New Orleans Pelicans-Minnesota Timberwolves 98-104

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Minnesota rischia di buttare all’aria un vantaggio di 12 punti subendo un break di 14-4 che riporta in parità la gara a 2:22 dalla sirena finale. Per fortuna di coach Thibodeau, però, quest’anno in squadra c’è Jimmy Butler, che segna il canestro decisivo subendo fallo da E’Twaun Moore (che gli frana addosso) e regala ai Timberwolves il terzo successo in fila: “È pazzesco, perché segno i canestri più difficili ma quelli facili non riesco a metterli neppure se ci fosse in ballo la mia vita”, le parole del 23, lo stesso numero (di punti) sul suo tabellino a fine gara. Altri 18 li aggiunge Andrew Wiggins ma a fare notizia è l’1/7 al tiro in una gara flagellata da problemi di falli per Karl-Anthony Towns, che chiude con soli 2 punti. Che Minnesota riesca a vincere – nonostante la serataccia del suo lungo e le 22 palle perse – è un segno positivo per la squadra di Tom Thibodeau, mentre ai Pelicans non servono le solite due super prestazioni di DeMarcus Cousins (35 punti con 9 rimbalzi e 5 triple a segno, suo massimo in carriera, ma anche 8 delle 19 palle perse di squadra) e di Anthony Davis (24, 10 rimbalzi, 6 assist e 3 recuperi). Per New Orleans secondo ko di fila. 

Miami Heat-Chicago Bulls 97-91

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Festa grande in casa Spoelstra: l’allenatore di Miami festeggia il suo 47° compleanno (per la quarta volta consecutiva in panchina, e per la quarta volta vincente) nel giorno in cui lui e la moglie hanno annunciato pubblicamente di essere in attesa del loro primo figlio. Ma le emozioni non sono mancate neppure in campo, con gli Heat sopra di 15 all’inizio della gara, prima di farsi rimontare e finire sotto di 6, e poi chiudere la gara con un parziale di 32-12 che regala a Miami il primo successo dopo tre sconfitte consecutive. Un successo che coincide forse non a caso con il ritorno in campo di Hassan Whiteside, fuori nelle ultime 5 gare: per il centro di coach Spoelstra 13 punti e 14 rimbalzi, importanti almeno quanto i 20 punti di Goran Dragic e i 19 di Tyler Johnson. Note dolenti invece in casa Bulls, che perdono la quinta gara stagionale mettendo così a libri la loro peggior partenza in campionato dal 2007-08. Coach Hoiberg, che cambia il quintetto, ha segnali positivi quasi solo dal rookie Lauri Markkanen, che chiude con 25 punti e 8 rimbalzi. Altri 22 li aggiunge Robin Lopez (con 10/17 al tiro) ma Chicago tira 7/28 (il 25%) da tre punti e solo il 40% dal campo, facendo fatica a trovare la via del canestro (primo e terzo quarto da 17 punti). Per la prima volta nelle ultime 71 sfide tra le due squadre non c’è in campo Dwyane Wade (presente 64 volte in maglia Heat, 3 volte con quella dei Bulls e 4 volte assente ma per infortunio): il passato è passato, e a Chicago lo sanno bene. 

Denver Nuggets-Toronto Raptors 129-111

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In NBA le chiamano “schedule losses”: una squadra è nel bel mezzo di una lunga trasferta, l’altra è all’inizio di una serie di partite casalinghe. È esattamente il caso di Toronto e Denver, con i secondi che dominano dall’inizio alla fine toccando i 15 punti di vantaggio già alla fine del primo quarto e volano via nel terzo grazie a 16 dei 24 punti di Jamal Murray, il migliore dei suoi con un eccellente 8/10 al tiro. A seguirlo anche il miglior Paul Millsap della stagione con 20 punti e altri tre giocatori in doppia cifra (Mudiay con 16, Harris con 15 e Barton con 13), ma a fare “notizia” è Nikola Jokic che realizza una rara doppia-doppia da 16 rimbalzi e 10 assist, ma fermandosi a due punti dalla coppia cifra nella voce teoricamente più facile. Non c’è niente di facile invece nella serata dei Raptors, alla quinta fermata di una trasferta a Ovest di sei gare che si concluderà domani notte sul difficile campo degli Utah Jazz: sono cinque i giocatori in doppia cifra, ma nessuno va oltre i 14 di Norman Powell e, tolto un ultimo quarto di garbage time, la squadra non va oltre il 45% dal campo — concedendo però il 58% agli avversari per un -32 senza appello.

Utah Jazz-Portland Trail Blazers 112-103 OT

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Quando sei un rookie è facile bissare con relativa facilità il proprio massimo in carriera, ma questo non è altro che un indice di quanto bene il giovane stia lavorando e crescendo. I 28 punti di Donovan Mitchell vanno esattamente in questa direzione, decisivo assieme a Ricky Rubio nel successo strappato all’overtime dai Jazz a Portland  in una partita molto equilibrata in cui nessuna delle due squadre è mai volata oltre la doppia cifra di vantaggio. La point guard spagnola di Utah è il miglior realizzatore del match con i suoi 30 punti (e un solo assist), tre in meno di quelli messi a referto da Damian Lillard, ancora una volta la guida dei Blazers. I padroni di casa infatti si aggrappano ai Big Three, unici a chiudere il match in doppia cifra (e con un plus/minus positivo, con la sola eccezione di Aminu). Portland non riesce a trovare alternative credibili e funzionali da far entrare a gara in corso; un Donovan Mitchell per intenderci: “Non pensavo potesse succedere tutto così in fretta: è il gioco che sta venendo a me, io devo solo pensare a fare canestro”, racconta sognante il numero 45 dei Jazz. E questo è soltanto l'inizio.