Il lungo ha disputato solo 25 minuti in tutta la stagione ed è sempre più separato in casa a Philadelphia, con la dirigenza che non riesce a cederlo e non vuole trovare un accordo per il buyout. "So che è un business, ma quello dei Sixers non mi sembra un buon business. Voglio solo giocare a pallacanestro" le sue parole
I Philadelphia 76ers sono una delle storie felici di questa stagione, ma anche all’interno delle migliori famiglie si nasconde qualche magagna. Quella della squadra di Brett Brown è fisicamente imponente e siede sul fondo della panchina: si chiama Jahlil Okafor ed è un giocatore senza presente e senza futuro, almeno in Pennsylvania. Non è più un segreto ormai che da nove mesi i Sixers stanno cercando di scambiarlo perché non rientra più nei piani della franchigia, e lo stesso prodotto di Duke sta aspettando pazientemente di poter rimettere in moto la propria carriera con un’altra squadra. “Vorrei che mi mandassero da qualche parte dove possa avere un’opportunità” ha dichiarato il centro a ESPN. “Ho fatto tutto quello che mi hanno chiesto e vorrei giocare, che sia con una trade o con un buyout. Spero solo che succeda in fretta”. Okafor, terza scelta assoluta al Draft 2015 dopo aver vinto il titolo NCAA al college, aveva avuto una onesta stagione da rookie venendo nominato per il primo quintetto All-Rookie, ma con l’ascesa di Joel Embiid nella scorsa stagione è stato messo sempre più da parte e il “Process”, con il contemporaneo arrivo di Ben Simmons, è andato avanti senza di lui, nonostante si sia ripresentato al training camp con 9 chili in meno. “Questo è il mio terzo anno in NBA, ormai ho imparato che è un business. Non so se sia giusto oppure no: parlando con altre persone della lega e giocatori ritirati, la cosa che mi sono sempre sentito dire è che quello che mi sta succedendo non è giusto e che non lo avevano mai visto prima. So che è un business, ma per quanto mi riguarda non so se è un buon business. La situazione fa veramente schifo: io voglio solo giocare a pallacanestro”. Un'opinione evidentemente condivisa anche dal padre, che in occasione della sfida interna contro i Golden State Warriors ha indossato una maglia che recitava lo slogan "FREE JAH" e aver posato insieme a Kevin Durant, Steph Curry e Draymond Green (in versione "photobomber").
Chi vuole prendersi Jahlil Okafor?
Le chiamate effettuate dal GM dei Sixers Bryan Colangelo, però, fino a questo momento sono tutte andate a vuoto, nonostante il prezzo richiesto per cedere Okafor sia andato via via diminuendo. Inizialmente Philadelphia chiedeva due prime scelte al Draft e poi è scesa a una scelta più un solido giocatore di rotazione, ma in questo momento neanche una squadra ha voluto accontentare la richiesta di seconda scelta – un prezzo bassissimo per una scelta alta in Lottery di soli due anni fa. Okafor paga non solo la saturazione nel ruolo di centro, ma anche le cattive prestazioni in campo e delle caratteristiche tecnico-fisiche che fino a dieci anni fa gli sarebbero valse un ruolo rilevante, ma che nella NBA del pace & space diventano sempre più insostenibili. Anche nei pochissimi minuti in cui è sceso in campo quest’anno – solo 25 –, Okafor ha chiuso con un chiaro -21 di plus-minus, segno che la fiducia nei suoi confronti (e la sua verso la franchigia) è ormai compromessa. Ad aggiungere ulteriore problemi è la situazione contrattuale: i Sixers hanno infatti rinunciato all’opzione sul suo quarto anno di contratto e il nativo di Chicago sarà quindi free agent a luglio, il che rende difficile trovare una squadra disposta a cedere un asset anche minimo per uno che può arrivare gratis a fine stagione. Il suo stipendio di 5 milioni, poi, non è nemmeno così basso da poter essere assorbito senza ripercussioni da un’altra squadra, e i Sixers non avevano tutto questo interesse a ricevere in cambio un contratto più oneroso – un po’ perché bisognava mantenere lo spazio salariale per estendere Robert Covington (poi confermato con un quadriennale da 62 milioni), un po’ per cercare di tenersi da parte un po’ di flessibilità per il futuro.
(Don't) Trust The Process
Dall’altra parte, le motivazioni per cedere Okafor trascendono anche le mere valutazioni di campo o di mercato. Cercare di mantenere buoni rapporti con gli agenti, infatti, è uno degli aspetti più sottovalutati del lavoro di un General Manager – e infatti è sempre stata una delle principali critiche mosse al suo predecessore Sam Hinkie (al quale viene fatta pesare anche la scelta di Okafor prima di Kristaps Porzingis, anche se al tempo del Draft le gerarchie non erano chiare come appaiono ora con il senno di poi). “Apprezziamo lo sforzo che ha fatto in questo periodo e, a parte la piccola frustrazione espressa recentemente, Jahlil ha atteso pazientemente la sua opportunità di giocare” ha dichiarato il GM Colangelo sulla situazione di Okafor, che non è stato messo in campo nei garbage time per una scelta “di rispetto” di coach Brown. “Continuo a esplorare opportunità insieme al giocatore e al suo agente Billy Duffy per trovare un posto più adatto a lui” ha concluso Colangelo, che non ha escluso la possibilità che venga inserito in una trade più grande prima della deadline del 9 febbraio. Al momento però la speranza di Okafor è quella di trovare un accordo per il buyout, in modo da non perdere totalmente la stagione e cercare di rendersi appetibile in vista di luglio. “Spero che Bryan faccia quello che ha sempre dato successo a lui e ai suoi giocatori, e che sia flessibile quanto lo è stato Jahlil nel comportarsi nel modo giusto” ha detto Duffy a ESPN, lanciando un messaggio chiaro alla dirigenza. “C’è stato un momento in cui scambiare Jah è stato al centro delle attenzioni dei Sixers, ma a questo punto è arrivato il momento di esercitare quella flessibilità perché non credo che il mercato cambierà. Il suo contratto scadrà a giugno e le squadre continueranno a tenersi strette i loro asset. Chiediamo semplicemente che l’organizzazione sia disposta a procedere ragionevolmente e permettano a Jah di voltare pagina con la sua carriera: i Sixers sono in ottima posizione per il presente e per il futuro, e vogliamo lo stesso per Jahlil”. Almeno per una persona, la fiducia nel Process è finita da tempo.