Chris Huerta è un 25enne tifoso dei Lakers e di Kobe Bryant. In diciotto mesi è passato dall'essere quello di sinistra (durante la gara da 60 punti contro i Jazz) a quello di destra (in occasione del ritiro delle maglie): merito della Mamba Mentality
Abbiamo tutti ancora negli occhi le immagini delle due maglie di Kobe Bryant che vengono scoperte sul soffitto dello Staples Center, seguite poi dalle parole commosse del Black Mamba. Un momento a suo modo storico, che ha fatto in parte dimenticare quanto tempo fosse trascorso dall’ultima apparizione della stella dei Lakers sul parquet. Era il 14 aprile 2016, Lakers-Jazz: Bryant segna 60 punti e saluta il mondo NBA a modo suo, in grande. Sugli spalti a godersi dal vivo le ultime pennellate di Kobe c’era anche Chris Huerta, un 24enne super tifoso dei giallo-viola. Triste e allo stesso tempo commosso come tutto il pubblico losangelino. Un punto di svolta nella sua vita, coinciso con altre brutte notizie legate alla sua famiglia. Il momento in cui invertire definitivamente la rotta: “Mi sono messo in testa di dimostrare a tutti che potevo farcela. Volevo far capire alla mia famiglia che non avevo problemi: perdere peso per me è stata una battaglia non personale, ma una sfida con il mondo intero”. L’obiettivo è quello di perdere peso, di lasciarsi alle spalle una vita fatta di affanni (in tutti i sensi). Per riuscirci però, serviva un mental coach molto particolare, anche se a distanza. La dieta da subito è andata molto bene: 10 chili persi in meno di cinque settimane semplicemente cambiando alimentazione e iniziando a fare costantemente attività motoria. Qualcosa era finalmente scattato nella sua testa: “Ho deciso di ascoltare quello che diceva Kobe, di seguire la sua Mamba Mentality. Lui ha raccontato a fondo cosa voglia dire e quanta sofferenza comporti una riabilitazione lunga nove mesi. Per me la perdita di peso ha comportato lo stesso sforzo. Non era di certo la prima volta che ci provavo, ma ogni volta avevo miseramente fallito. Kobe spesso ripete di focalizzarsi soltanto sul presente: ‘Controlla quello che ricade sotto le tue scelte oggi’, pensa soltanto a quello. Per quello, se le mie possibilità mi permettono di fare soltanto 10 minuti di attività, devo concentrarmi solo su quelli”.
Il ritiro delle maglie, l’occasione per chiudere il cerchio
A quel punto Kobe è diventato sempre di più il suo modello, anche nella vita di tutti i giorni. Chris ha iniziato ad andare in palestra alle 5 di mattina perché sapeva che il suo idolo aveva sempre fatto così durante la sua carriera, seguendo inoltre le indicazioni che con il trascorre dei mesi Bryant ha portato avanti con il suo tour motivazionale. “Ricordo ancora i miei ripetuti passaggi da Taco Bell il giorno della partita d’addio di Bryant. Ero lì in fila consapevole del fatto che sarei tornato poco dopo, e il giorno seguente. E un altro ancora. Ero esausto di essere grasso, obeso. Ma non riuscivo a smettere”. Diciotto mesi di sacrifici che lo hanno portato a perdere ben 77 chili. Il ritiro della doppia canotta della stella dei Lakers è stata quindi l’occasione migliore per chiudere idealmente il cerchio non tanto con la carriera del suo idolo, quanto con la sua lotta contro una malattia che è riuscito nei mesi a sconfiggere: “Quando ho iniziato la dieta avevo 24 anni; era come se fosse arrivato il momento perfetto per dare una svolta. Per me Kobe è sempre stato qualcosa di filosofico, un modo di vedere le cose prima che un giocatore di basket”. L’esempio spesso porta i suoi frutti.