NBA, i risultati della notte, casa dolce casa per le big: vincono Cavs, Rockets, Raptors e Spurs
NBALeBron James sfiora la tripla doppia (25-8-14) e regala ai Cavs il secondo successo in fila. Sono tre quelli raccolti dai Bucks con il nuovo allenatore, vincenti anche contro i Bulls. Tutto facile in casa per le big: Rockets, Spurs e Raptors contro Suns, Kings e Lakers. I Clippers vincono in rimonta una partita importantissima in chiave playoff a New Orleans
Non hai Sky? Guarda lo Sport che ami subito e senza contratto su NOW TV! Clicca qui
Cleveland Cavaliers-Detroit Pistons 121-104
Se per oltre 40 giorni non riesci a mettere due vittorie in fila, vuol dire che qualcosa non va. Ma questo non ti obbliga a fare i conti con le difficoltà in una dei rari momenti di successo dell’ultimo mese. I Cavaliers dunque si godono la vittoria contro Detroit, il solito LeBron James da 25 punti, 8 rimbalzi e 14 assist e rimandano le polemiche alla prossima volta. “Per buona parte del match abbiamo giocato il nostro miglior basket, una delle partite più convincenti dell’intera stagione – commenta il numero 23 -, ogni gara serve per aggiungere un mattone, per costruire qualcosa in più. Penso che questa notte siamo andati nella direzione giusta”. Con Tristan Thompson confermato in quintetto, Dwyane Wade ancora assente e lontano dalla squadra a causa della morte del suo storico agente e contro un attacco sfiatato come quello dei Pistons, diventa molto più semplice concedere il 42% dal campo all’avversario. Detroit prova a giocarsi le sue carte, chiude con cinque giocatori in doppia cifra (20 punti a testa per Harris e Tolliver, 17+11 per Drummond) e costringe James a fare gli straordinari nel finale, abile ad armare anche la mano di un J.R. Smith da 15 punti e 4/7 dall’arco. Ritrovare i suoi canestri è fondamentale per Cleveland, così come quelli di un Channing Frye ritornato in forma smagliante a far parte della rotazione, preso in giro dai compagni per una rara schiacciata messa a segno. “Ha un’esplosività pazzesca”, commenta ridendo Kevin Love, protagonista a suo modo con 20 punti, quattro triple e 11 rimbalzi. La vera novità però è legata al minutaggio di Isaiah Thomas, tenuto in campo per tutto il terzo quarto e poi rimasto a guardare i compagni dalla panchina nel quarto periodo. "L'obiettivo è quello di alternare il più possibile la mia presenza in campo con quella di James - sottolinea Thomas -. Dobbiamo fare come Harden e Paul, avendo così il nostro spazio per gestire l'attacco e tenere la palla in mano". Un'opzione che eventualmente richiederà il sacrificio di qualcuno in caso di difficoltà nel finale. E quel nome ovviamente non sarà mai quello di James. Dall'altra parte invece i problemi sono ben altri: "Non abbiamo scuse: se non sei in grado di reggere un back-to-back, vuol dire che non sei fatto per questa lega". CI va giù pesante Tolliver, rimasto sul parquet per 40 minuti un po’ a causa dell’assenza di Avery Bradley, un po’ per il fiato corto dei compagni, arrivati all’ottava sconfitta in fila – la peggior striscia aperta di tutta la NBA. “Ci stiamo facendo prendere a pugni da qualsiasi avversario”, chiosa coach Van Gundy, consapevole che la prossima sarà tutt’altro che scontata: tra meno di 48 ore, ancora contro Cleveland.
Houston Rockets-Phoenix Suns 113-102
Nel primo pomeriggio texano, i Rockets passano contro i Suns e raccolgono i cocci di una partita che sperano non lasci strascichi per il futuro. “Giocare a quest’ora è sempre complicato. Abbiamo vinto, certo, ma non è stata una passeggiata”. Non è Walter Mazzarri, ma James Harden a dirlo, autore di 27 punti, 10 rimbalzi e 8 assist e a capo delle operazioni per tutto il quarto periodo dopo l’uscita forzata di Chris Paul a dieci minuti dalla sirena finale: “Non eravamo sintonizzati, abbiamo giocato malissimo”, commenta CP3, senza alludere a eventuali problemi fisici di alcun tipo (per fortuna dei Rockets). Situazione ben diversa invece per Trevor Ariza, uscito nel corso del primo quarto per un problema alla gamba sinistra successivo allo scontro sotto canestro con Marquese Chriss: un tentativo di schiacciata che potrebbe costare molto caro a Houston. L’importante però, al netto delle recriminazioni, è aver portato a casa il quinto successo nelle ultime sei gare, il settimo in fila contro i Suns che sono da sempre una delle vittime preferite dei Rockets. I 31 punti di Devin Booker (schierato nel ruolo di point guard per la seconda gara consecutiva) e i 24 di T.J. Warren sono soltanto il contorno a una sfida mai realmente in discussione nel finale. A condire poi il tutto la solita dose di tensione, culminata con il doppio tecnico comminato a Greg Monroe, espulso a inizio secondo tempo. Anche Gerald Green è stato sanzionato dagli arbitri, dopo essersi lamentato di una chiamata per goaltending (in cui lui tocca la retina mentre stoppa): “Ho cercato di spiegare agli arbitri che io salto talmente tanto in alto che riesco ad avere il pieno controllo del mio corpo, evitando così di impattare con il collo contro il ferro”. Ecco perché a lui dovrebbe essere permessa l’interferenza, che ingenui che siamo.
San Antonio Spurs-Sacramento Kings 113-98
Possono essere in difficoltà, con la rotazione sempre più corta, con i giocatori più esperti ormai usurati e un candidato MVP fuori a tempo indeterminato, ma i San Antonio Spurs non perderanno mai una partita in casa contro una delle peggiori squadre NBA. Mai, è un passo falso che non è contemplato, neanche se dall’altra parte De’Aaron Fox fissa il suo massimo in carriera a quota 26 punti. Nessuno avrebbe in alcun modo voluto rovinare il 69esimo compleanno di Gregg Popovich (a cui sono arrivati anche degli auguri speciali da parte di LeBron James che lo ha definito “il miglior allenatore di sempre”), neanche Bryn Forbes, il migliore tra i nero-argento. Uno dei giocatori preferiti del figlio di Manu Ginobili (che giustamente pone il padre soltanto al sesto posto della sua lista, in uscita dalla panchina in sostanza) fissa il suo nuovo massimo in stagione a quota 23 punti (9/15 al tiro, cinque triple) e lancia il parziale da 64-48 con cui gli Spurs dominano il secondo tempo. Per San Antonio è la 13^ vittoria consecutiva contro i Kings, sempre più ultimi a Ovest nonostante gli sforzi dei veterani (19 punti per l’ex George Hill e 21 di Vince Carter, entrambi in uscita dalla panchina), disfunzionali tanto quanto il contributo di giovani talenti in perenne altalena in quanto a rendimento. Quello che coach Joerger deve portare avanti è un lungo (e tortuoso) processo di crescita.
Toronto Raptors-Los Angeles Lakers 123-111
Non c’è due senza tre, avranno pensato a Toronto dopo il successo conquistato contro i Lakers. Quello che ha definitivamente consolidato il secondo posto dei canadesi e garantito così la presenza di coach Casey sulla panchina del Team LeBron all’All-Star Game. “È un onore immenso poter raggiungere Kyle e DeMar a Los Angeles, una soddisfazione soprattutto per tutta la squadra e la dirigenza”, commenta commosso l’allenatore a fine partita. Dalla sua parte ci sarà Lowry, ma non DeRozan, scelto da Curry nel suo quintetto: “Speravo potesse sedersi sulla nostra panchina: a questo punto gliene dirò di tutti i colori da avversario, per una volta che posso!”, sorride il numero 10, autore di 19 punti e 7 assist nel facile successo contro i Lakers. Assieme a lui anche altri sei giocatori in doppia cifra, guidati dai 25 punti in uscita dalla panchina di Fred VanVleet; uno dei tantissimi volti nuovi su cui Casey può fare affidamento a gara in corso. Dall’altra parte invece ancora niente Lonzo Ball (alla settima gara d’assenza), in una sfida in cui i Lakers sono arrivati con il fiato corto dopo quattro successi in fila e nel pieno di una trasferta in cui i giallo-viola hanno avuto diverse difficoltà anche ad allenarsi. Vincere all’Air-Canada Center poi è tutt’altro che scontato, come bene hanno imparato le tante squadre uscite sconfitte dal parquet canadese: successi che hanno permesso a Casey di conquistare la panchina dell’All-Star Game.
Chicago Bulls-Milwaukee Bucks 96-110
Allenatore nuovo, vita nuova. In realtà, è sempre merito del solito Giannis Antetokounmpo, trascinante con i suoi 27 punti, nove rimbalzi e otto assist, direttore di un’orchestra che tira con oltre il 53% dal campo e si regala la terza vittoria in altrettante partite di coach Prunty. No, nessuna bacchetta magica o ripicca di Jason Kidd: semplicemente merito di una scossa che era diventata necessaria per spezzare la tensione che si era creata tra l’ex allenatore e la dirigenza. “Ho visto buona parte dei miei compagni giocare molto duro, lottare come non mai”, racconta il talento greco. “Ad altri invece, non so cosa passi per la testa, ma quello è un atteggiamento che non possiamo permetterci”. Parole da leader alla guida di un gruppo che raccoglie anche 20 punti, sette rimbalzi e cinque assist da Khris Middleton. Dall’altra parte invece sono cinque i giocatori in doppia cifra per una squadra che sembra aver ormai perso la spinta propulsiva che l’aveva riportata in parte a competere. Lauri Markkanen è come spesso accade la notizia lieta (17+10), mentre Zach LaVine vive un’altra pessima serata al tiro (sei punti, 2/11 dal campo), ancora ben lontana dall’aver ritrovato la forma migliore. Per i Bulls è la quarta sconfitta in fila: ormai la stagione è definitivamente andata.
New Orleans Pelicans-L.A. Clippers 103-112
Vittoria importantissima dei Clippers a New Orleans, che rilanciano le loro ambizioni playoff, approfittano della prima gara dei Pelicans senza DeMarcus Cousins e soprattutto dimostrano di avere quel carattere che spesso non era venuto fuori. I losangelini infatti sprofondano sul -20 nel secondo quarto, in bambola sotto i colpi di un Anthony Davis da 25 punti, 17 rimbalzi, sei assist e due recuperi, a cui si aggiungono i 20 con nove rimbalzi, sette assist e tre stoppate di Jrue Holiday. La strigliata di coach Rivers è bella rumorosa negli spogliatoi all’intervallo lungo e scuote non solo le pareti, ma anche gli animi di Blake Griffin e compagni che tornano in campo con un approccio totalmente diverso. Il numero 32 chiude con 27 punti, 12 rimbalzi e 7 assist e trascina i Clippers al secondo successo in fila: “Ci ha provocato e ha fatto bene. Ci ha detto tutte le cose che in quel momento dovevamo sentirci dire; quando un allenatore fa il suo dovere e i giocatori riescono a eseguire in campo i suoi dettami, l’armonia è perfetta”. Per i Pelicans invece è iniziato un periodo di enorme difficoltà: senza Cousins infatti conquistare la post-season diventa un’impresa: “Dobbiamo riuscire a superare la delusione”, commenta coach Gentry. Facile a dirsi, molto più complesso metterlo in pratica.