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NBA, Ray Allen: "Per Boston solo amore, io e Pierce vogliamo costruire ponti, non muri"

NBA

Il grande assente alla cerimonia di ritiro della maglia di Paul Pierce ammette sui social di essere stato “infamato e insultato” per anni ma ciò nonostante professa solo “amore per Boston” e un legame intatto con i Celtics e con Paul Pierce. Che però fa il nome di Kevin Garnett come il prossimo a meritarsi la maglia ritirata al TD Garden

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“Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”, si chiedeva Nanni Moretti in Ecce bombo e se Ray Allen – l’assente più illustre alla cerimonia del ritiro della maglia di Paul Pierce – si è posto una domanda simile, la risposta non ha lasciato dubbi: l’ex n°20 dei Celtics è stato violentemente attaccato da più parti per non essere stato accanto al suo ex compagno di squadra – a differenza dei vari Kevin Garnett e Rajon Rondo – nella notte dedicata al ritiro della maglia n°34 dei Celtics (apparendo sui social impegnato sul green di golf con George Lopez). Critiche che evidentemente sono piaciute poco al grande tiratore campione NBA nel 2008 con Boston e poi colpevole di aver scelto il trasferimento in Florida, per vincere un altro anello con gli Heat nel 2013: Allen ha affidato la sua replica a un lungo post su Instagram, in cui professa tutto il suo amore per i colori biancoverdi. “Quello che abbiamo fatto nel 2008 è stato speciale e non sarebbe stato possibile senza nessuno di noi”, il suo messaggio iniziale. “Negli ultimi anni sono stato insultato, infamato e ho visto gettare parecchio fango sul mio nome. Magari qualcuno non vuole sentire queste mie parole, ma io sarò per sempre un Celtic (e questo è un fatto). Ricorderò sempre con piacere il legame che mi ha unito a tutti i miei compagni e con la città di Boston (e questa è la verità). Abbiamo tutti dato il massimo che potevamo dare. Abbiamo vinto insieme e insieme abbiamo alzato al cielo il banner per il titolo 2008 (Ubuntu)”. Poi Allen scende proprio nello specifico del suo rapporto con Paul Pierce, raccontando di come il capitano dei Celtics sia stato “il primo ad accogliere me e Kevin a braccia aperte. Io e Paul abbiamo parlato del nostro periodo insieme, di tutte le battaglie condotte uno al fianco all’altro, e abbiamo parlato anche della mia decisione di lasciare Boston da free agent, una scelta fatta anche per il bene della mia famiglia”. Anche alla luce di queste discussioni, Allen conclude con la sua verità: “Nonostante quello che si è letto o sentito in giro, nonostante tutte le voci, tra noi c’è solo amore. Io e Paul siamo più interessati a costruire ponti che erigere muri. A Paul, al suo n°34, non posso che fare le mie congratulazioni per il ritiro della maglia”. 

Dopo Pierce sarà il turno di Garnett?

La posizione conciliante di Allen sembra venire avallata proprio dalle parole del diretto interessato, Paul Pierce, che ai microfoni di ESPN ha giurato di non essere “deluso dal fatto che Ray non fosse presente alla cerimonia”. “In tanti non sono venuti e lui poi dove vive? A Miami, no?”, la giustificazione del n°34. “Non lo so, ognuno ha i suoi perché, per me non è stato certo un problema” (e per sdrammatizzare ha invece sgridato l’altro Allen, Tony, anche lui assente “nonostante sappia con certezza che era a casa a far nulla”). Poi però Pierce ha fortemente caldeggiato il nome di Garnett e non quello di Allen (solo un anno in meno di militanza con la maglia biancoverde, 5 invece di 6) come del prossimo campione cui dover celebrare con il ritiro della maglia: “La prossima deve essere la sua, non ho dubbi: sono certo che succederà”. Una candidatura che ha trovato subito diversi sostenitori, da Brian Scalabrine ad Al Horford. “Quel posto libero sul banner è del n°5. Non può che essere suo”, dice il primo, e l’attuale ala di coach Brad Stevens non può essere più d’accordo: “Se lo merita, il suo impatto è stato enorme. Ai miei occhi da esterno, è lui che ha fatto succedere tutto, il collante di quella squadra, il leader, il giocatore che ha cambiato l’intera cultura di squadra. So benissimo che KG non vorrà mai prendersi questo tipo di meriti, ma ciò nonostante penso che il suo numero meriti di essere lassù. Non ho dubbi al riguardo”. Sembra averne pochi anche il GM dei Celtics Danny Ainge, che ammette di aver già compiuto un paio di chiacchierate esplorative, anche se spetta alla proprietà rendere ufficiale l’eventuale decisione di onorare Garnett, nonostante la sua militanza in biancoverde sia stata di soli sei anni: “Sei anni però in cui i Celtics sono sempre stati da titolo – fa notare Ainge – e KG ha sempre giocato a livello da All-Star. Il suo impatto è stato davvero significativo”. “Son sicuro che Kevin preferisca vedere ritirato il suo numero qui che in Minnesota”, dice Paul Pierce, consapevole delle frizioni con l’attuale proprietà dei Timberwolves, “destinata a cambiare, prima che possa accadere”. A Boston invece dal 2013, l’anno in cui KG ha lasciato i Celtics, nessuno ha mai più indossato la n°5 (a differenza della 20 di Ray Allen, prontamente assegnata a Gordon Hayward la scorsa estate): anche questo sembra un segnale che “The Big Ticket” sia the next in line a entrare tra le leggende biancoverdi.