Il 65° All-Star Game omaggia (nella sua patria) l’inventore del gioco James Naismith e celebra Kobe Bryant, alla sua 18^ e ultima apparizione tra le stelle. Ma a rubare il palcoscenico sono Zach LaVine, che trionfa sia il sabato che la domenica, e Russell Westbrook, il primo giocatore di sempre a bissare il titolo di MVP
Per la prima volta nella storia della lega un All-Star Game si disputa fuori dai confini degli Stati Uniti: le stelle si danno appuntamento infatti a Toronto, Canada (la patria dell’inventore del gioco, James Naismith, onorato durante il weekend) per la 65^ partita delle stelle. A rubare il palcoscenico la domenica è ovviamente Kobe Bryant, alla 18^ e conclusiva apparizione tra gli All-Star della sua carriera: i voti dei tifosi lo eleggono in quintetto, coach Popovich sceglie di farlo saltare sulla palla a due contro LeBron James e Magic Johnson ne approfitta per festeggiarlo prima del via tra gli applausi di un pubblico che gli regala la standing ovation. La stella dei Lakers chiude con 10 punti e quando viene sostituito per l’ultima volta a 66 secondi dalla sirena finale – con il suo Ovest largamente in vantaggio – riceve l’ennesimo tributo di giocatori e spettatori, che celebrano l’ennesima vittoria della sua carriera. Un successo arrivato grazie ai 31 punti di Russell Westbrook, il primo giocatore a vincere per due volte consecutive il premio di MVP della partita, in una gara dal punteggio record: finisce infatti 196-173 per l’Ovest e i 369 punti combinati delle due selezioni distruggono il precedente record di 321. Se il premio di miglior giocatore finisce nelle mani di Westbrook, la palma del top scorer di serata appartiene però a Paul George, che manda a segno 9 triple e chiude con 41 punti, uno solo in meno del record tutti-i-tempi per un All-Star Game che appartiene a Wilt Chamberlain. Tra i suoi compagni ne segna 13 anche LeBron James, quelli sufficienti a fargli superare proprio Kobe Bryant (291 contro 290) per numero di punti totali ammassati in carriera in un All-Star Game.
La “Timberwolves-connection” protagonista del venerdì
I Minnesota Timberwolves vengono considerati una delle squadre più promettenti della lega e l’albo d’oro del Rising Star Challenge non fa che confermarlo: un anno dopo la vittoria di Andrew Wiggins, MVP tra le giovani promesse a New York City, stavolta tocca al suo compagno di squadra ai Timberwolves Zach LaVine, che chiude la gara con 30 punti, 7 rimbalzi e 4 assist e un ottimo 13/20 al tiro guidando Team USA alla vittoria sul Resto del Mondo per 157-154. In tanti, a Toronto, facevano il tifo per l’idolo di casa, Wiggins, ribattezzato da queste parti “Maple Jordan” ancora anni prima del suo approdo nella lega (il Jordan dell’acero, simbolo sulla bandiera canadese) e anche l’altra stellina dei T’Wolves non ha deluso, chiudendo con 29 punti davanti a tantissimi amici e membri della sua famiglia. Non è stato Wiggins però il top scorer della selezione internazionale, che ha visto Emmanuel Mudiay e Kristaps Porzingis chiudere entrambi a quota 30.
Che duello LaVine-Gordon in finale: il più bello di sempre?
Trionfante il venerdì, Zach LaVine ci prende gusto e continua il suo weekend da protagonista difendendo il titolo di miglior schiacciatore NBA vinto l’anno precedente a New York. Tra i partecipanti ci sarebbero anche la guardia dei Nuggets Will Barton e il centro dei Pistons Andre Drummond, ma bravo chi se li ricorda. Perché l’edizione 2016 dello Slam Dunk Contest passa alla storia per il pazzesco duello tra LaVine e Aaron Gordon, che ha bisogno di due round supplementari per decretare un vincitore. Tra primo turno e finali LaVine colleziona cinque 50 (il punteggio massimo) su sei schiacciate eseguite, mentre Gordon ne fa registrare tre nelle prime tre schiacciate di finale (compresa una in cui rimane come “seduto” sospeso in aria, con il pallone sotto entrambe le gambe) ma poi nell’ultima si ferma a 47, cedendo così il titolo al giocatore di Minnesota, che bissa il successo riportato a New York dodici mesi prima grazie a una schiacciata mai neppure provata prima. Lo spettacolo del duello finale riporta alla memoria quello del 1988 tra Michael Jordan e Dominique Wilkins, anche se è lo stesso LaVine a scansare ingombranti paragoni: “Quello rimane il duello per eccellenza, fecero così mai viste prima”, afferma con modestia, prima di compiere un altro gesto di gran classe e dedicare la vittoria a Flip Saunders.
La vendetta di Klay Thompson su Steph Curry
Un anno dopo essersi sfidati nella finale a tre della gara da tre punti a New York City (insieme a Kyrie Irving) gli Spash Brothers si ritrovano a contendersi il titolo anche sul parquet di Toronto (questa volta insieme a Devin Booker). E da bravi “fratelli”, si spartiscono equamente le vittorie. Klay Thompson fa registrare il punteggio massimo sia al primo turno (22) per poi dominare anche in finale, quando il suo 27 supera il 23 di Curry (e il 16 di Booker). “Ci divertiamo tantissimo a sfidarci al tiro – ammette Thompson col trofeo in mano – anche perché non mi era mai capitato di essere in una squadra in cui qualcuno tira meglio di me”. Non nel sabato sera di Toronto, però, con il n°11 degli Warriors capace di infilare due strisce di otto canestri consecutivi nel corso del suo turno di finale. Per strappare proprio a Curry il titolo di miglior tiratore da tre della NBA.