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NBA, i risultati della notte: Durant dice 50, ma non basta. Utah, Houston e Toronto non smettono di vincere

NBA

Il numero 35 degli Warriors chiude con 50 punti, ma a vincere sono i Blazers grazie ai 44 di Damian Lillard. Utah batte Phoenix s allunga a 11 il numero di successi consecutivi, seguita dai dieci in fila raccolti da Houston e dai sette di Toronto, rispettivamente prima forza a Ovest e a Est. Anthony Davis mette a referto 42 punti e 15 rimbalzi nel successo contro i Lakers, mentre la tripla doppia di Westbrook (23-13-15) trascina OKC. Washington risale da -27 e batte New York, Detroit torna a sorridere contro Atlanta

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Portland Trail Blazers-Golden State Warriors 123-117

IL TABELLINO

Al Moda Center i fortunati che sono riusciti ad acquistare un biglietto non si sono di certo annoiati. Per battere i campioni del mondo e quella che forse è la miglior squadra di sempre infatti sei costretto a fare gli straordinari ed è proprio quello che i ragazzi di Terry Stotts sono riusciti a fare sul parquet. A partire da Damian Lillard, protagonista con i suoi 44 punti, 18 dei quali arrivati in un primo quarto in cui i Blazers hanno messo sin da subito le cose in chiaro: 41-20 di parziale per iniziare la gara, con Golden State in apnea dopo l’ennesima partenza a rallentatore. Gli Warriors continuano così invano per 36 minuti un inseguimento che non andrà mai a buon fine, nonostante possano fare affidamento sul miglior Kevin Durant (almeno a livello realizzativo) da quando ha indossato la maglia della squadra della Baia (l'ultimo partita da 50 punti del numero 35 era arrivata il 21 marzo 2014 contro Toronto (51), mentre il massimo in carriera è 54 messo a referto proprio contro Golden State). Per KD sono 50 punti e un dominio sulla sfida difficilmente spiegabile con i numeri mostruosi che strillano nel suo boxscore. Il numero 35 chiude con 17/27 al tiro, sei triple, 10/10 ai liberi, sette rimbalzi, sei assist e due stoppate. Il tutto senza venir meno alla solita e metodica rotazione con cui Kerr fa ruotare le sue star. Stavolta però niente timeout guidati dai giocatori, in una sfida che condanna gli Warriors al quarto ko nelle ultime otto partite, nonostante i 17 punti a testa di Curry e Thompson e la solita stat line piena zeppa di Draymond Green (16 punti, 12 rimbalzi, 7 assist, 4 stoppate, 2 recuperi). In casa Blazers invece da sottolineare la prestazione di un chirurgico C.J. McCollum da 29 punti, a cui si aggiunge la fondamentale doppia doppia da 17 punti e 13 rimbalzi di Jusuf Nurkic, in affanno e limitato nel terzo periodo da un quarto fallo arrivato troppo presto, ma decisivo poi nel finale quando più contava. “Doveva essere una gara fisica e lo è stata – racconta il lungo all’intervista a bordocampo dopo la sirena finale -, ma niente e nessuno poteva intimorirci questa sera. Siamo stati fantastici, abbiamo fatto un grande lavoro di squadra”. 

Utah Jazz-Phoenix Suns 107-97

IL TABELLINO

Gli Utah Jazz non hanno alcuna intenzione di interrompere la loro corsa e vincono anche l’11esima gara in fila contro l’avversario forse più abbordabile dell’intera NBA - quei Suns che stanno lentamente puntando a diventare la peggior squadra della lega, arrivati alla 12esima sconfitta nelle ultime 13 gare. Merito come al solito di Donovan Mitchell, che grazie ai 24 punti messi a referto diventa il primo rookie nella storia a guidare come miglior realizzatore in ogni singola partita una squadra in una striscia di successi così lunga. Alle sue giocate si aggiungono quelle di un Royce O’Neale da 19 punti, al suo massimo in carriera; uno dei sei giocatori in doppia cifra alla sirena finale. Tutto facile per i mormoni nel quarto periodo, rimasti sempre avanti nonostante il margine non abbia mai superato la doppia cifra fino agli ultimi istanti. Dall’altra parte 28 punti per Devin Booker, rientrato dopo la contusione all’anca che lo ha tenuto fuori per quattro partite, a cui si aggiunge la prima tripla doppia in maglia Suns firmata da Elfrid Payton. Non abbastanza per pensare di battere la migliore squadra della lega delle ultime tre settimane. 

Houston Rockets-Sacramento Kings 100-91

IL TABELLINO

Se i Jazz fanno 11 in fila, i Rockets rispondono con il decimo successo consecutivo; ennesima striscia positiva in una regular season fino a questo momento da ricordare. Anche per i ragazzi di coach D’Antoni l’impegno era tutt’altro che impossibile, in casa contro i derelitti Kings, e James Harden e compagni ci hanno messo poco più di un tempo per conquistare la doppia cifra di vantaggio e restare in controllo della sfida senza dilagare. Il protagonista? Ovviamente il Barba, autore di 28 punti, 9 rimbalzi e 9 assist, leader di un quintetto che chiude tutto in doppia cifra. Una squadra ancora in divenire, convinta che ci sia ancora del margine. “Dopo la pausa per l’All-Star Game saremo sicuramente migliori, altro che calo”, commenta un Chris Paul da 19 punti e 7 assist. “Non avevamo la solita energia e intensità – racconta D’Antoni -, ma ormai abbiamo acquisito un tale livello di confidenza che ci permette di chiudere sempre al meglio le partite”. Non basta dunque una serata da 28% (14/49) di squadra dall’arco a rallentare la corsa dei texani, arrivati al 17° successo nelle ultime 19 gare. I Rockets si godono anche l’esordio di Joe Johnson, passato proprio per Sacramento prima di uscire dal suo contratto (rinunciando a un milione di dollari) e avere la libertà di scegliere Houston. Per l’ex Jazz ben 31 minuti in campo (D’Antoni non si è mai fatto problemi a sfruttare sin da subito i nuovi arrivati), nove punti con nove tiri e tanti amati isolamenti. Dall’altra parte sono 20 punti per Bogdan Bogdanovic e poco altro, in una serata terminata con la preoccupazione per le condizioni fisiche di Fox, franato a terra e andato a sbattere con forza contro il parquet. Un contributo esiguo in casa Kings per provare a vincere contro quella che, visto il ko degli Warriors, è diventata la miglior squadra con il miglior record della NBA (prima volta in 51 stagioni che succede ai Rockets alla pausa per l'All-Star Game).

Chicago Bulls-Toronto Raptors 98-122

IL TABELLINO

A completare il trio di successi per allungare le tre strisce aperte più lunghe dell’intera lega, ci pensano in trasferta i Raptors, che consolidano così il loro primo posto nella Eastern Conference e passeggiano per oltre 30 minuti contro i Bulls. Merito dell’ormai caratteristica capacità di Toronto di distribuire le responsabilità, far ruotare i giocatori e trovare così sempre forze fresche in attacco. I canadesi infatti chiudono con il massimo stagionale alla voce assist (ben 38) in una partita dal 52% abbondante dal campo di squadra contro una rivedibile difesa che concede almeno 27 punti in ogni quarto. Tutto questo senza dover per forza spremere il proprio All-Star di punta: DeMar DeRozan infatti chiude con 7 punti e 8 assist una partita modesta al tiro (3/11) e soprattutto in cui è rimasto in campo per soli 28 minuti. Coach Casey infatti dà fondo alla sua panchina (“Sempre più convinto che sia la migliore della lega”, ha sottolineato a fine gara), concedendo almeno 17 minuti sul parquet a 11 giocatori diversi. Alla sirena finale sono 20 a testa per Lowry e Ibaka, mentre sono 13 quelli con almeno un canestro realizzato dal campo. Una grande cooperativa del successo, giunta alla settima vittoria in fila e soprattutto con due vittorie di margine sui Celtics secondi: “Se ci pensiamo un attimo, non abbiamo fatto ancora nulla e iniziare a elogiarci non serve a nulla”, commenta il coach canadese per provare a stemperare i toni euforici. Dall’altra parte invece 14 punti di Lauri Markkanen e -30 di plus/minus di Zach LaVine, in una partita chiusa dai Bulls con il 16% dall’arco di squadra. Esaustiva come sintesi della partita di Chicago?

New York Knicks-Washington Wizards 113-118

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In casa Wizards continuano a essere in molti quelli che pensano che senza John Wall le cose non vanno poi così male (come raccontato anche dai fatti delle ultime ore). Ad avvalorare questa tesi arriva non solo il settimo successo nelle ultime nove gare (tutte giocate senza il numero 2), ma soprattutto la più grande rimonta dell’intera regular season NBA. Mai nessuna squadra quest’anno che si era ritrovata sotto di 27 punti, è poi riuscita a vincere. Washington ce l’ha fatta, guidata negli ultimi 26 arrembanti minuti di partita (77-45 di parziale) dai 36 punti di Bradley Beal: “È una sensazione dal doppio sapore, perché non vorresti mai ritrovarti sotto di 27 punti, ma allo stesso tempo senti che l’esaltazione per un capovolgimento del genere è enorme. Alla fine credo sia qualcosa di cui poter essere orgogliosi, nonostante i vistosi cali di energia e attenzione. Non è possibile dover essere sotto di 30 punti per accendere ogni volta la spina”. Dall’altra parte non bastano ai Knicks i 37 punti di Tim Hardaway Jr. (32 nel solo primo tempo, secondo miglior realizzato “per tempo” in casa Knicks degli ultimi 15 anni), i 24 con 14 rimbalzi e cinque assist di Enes Kanter e i 16 di Michael Beasley. New York incassa così l’ottava sconfitta in fila in quello che forse è il punto più basso della stagione dei blu-arancio: “È imbarazzante, ma lo abbiamo subito noi quel parziale. Nessun’altro in NBA, soltanto noi”. È la quarta volta in stagione che i Knicks dopo essere stati avanti di almeno 20 punti, escono poi dal campo sconfitti: eguagliato così il record dei Cavaliers del 2012/13. Di certo non un grande merito.

Memphis Grizzlies-Oklahoma City Thunder 114-121

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I Thunder fanno ancora fatica e non sono riusciti a rimettere tutte le cose a posto dopo l’infortunio di Andre Roberson. Nonostante questo però OKC riesce a vincere contro Memphis, arrivando però in affanno nel finale nonostante i 28 punti di un chirurgico Paul George (10/15 dal campo, 6/9 dall’arco) e la solita tripla doppia di Russell Westbrook (23 punti, 13 rimbalzi, 15 assist). Non bastano agli ospiti ben 22 punti di margine nel secondo tempo per evitare di dover piazzare il parziale da 6-0 nell’ultimo minuto di gara. I Grizzlies infatti non mollano la presa e si rifanno sotto grazie ai 28 punti di Andrew Harrison e ai 23 di un redivivo Tyreke Evans, rimasto sul groppone di Memphis, incapace di trovare per lui la giusta collocazione prima della deadline dello scorso 8 febbraio. È proprio lui a segnare la tripla del -1 a meno di 50 secondi dalla sirena, a cui ha risposto Carmelo Anthony con la stessa moneta, mandando a segno il 17° canestro dalla lunga distanza della serata di OKC (record di franchigia da quando i Thunder sono sbarcati in Oklahoma). “Abbiamo mosso la palla molto bene e reso la vita facile ai tiratori”, raccontano soddisfatti a fine gara, facendo finta di non vedere il pericolo corso. Per fortuna però che c’è Westbrook, che sta comunque viaggiano a 25.4 punti, 10.4 assist e 9.4 rimbalzi di media. Sono arrivati quelli forti, ma il più bravo di tutti resta lo stesso lui.

Orlando Magic-Charlotte Hornets 102-104

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Non c’è trasferta migliore di quella a Orlando per una squadra che va a caccia di un successo sicuro per chiudere con un sorriso prima della pausa all’All-Star Game. Gli Hornets però questa decima vittoria in fila contro la loro vittima preferita se la sono dovuti sudare non poco, acciuffata al fotofinish grazie alla tripla di Nicolas Batum (14 punti in totale) che ha sigillato il risultato. “Avevamo bisogno di un successo, soprattutto prima di tirare il fiato nell’unico momento di riposo all’interno di una stagione lunghissima”. Dwight Howard però sa benissimo che questa vittoria cambia poco la sostanza: Charlotte resta a cinque partite e mezza di distanza dai playoff e sembra avere una marcia in meno rispetto alle nove squadre che la precedono. Dall’altra parte invece i Magic continuano a sguazzare nella loro mediocrità, in cui Mario Hezonja ha scoperto di essere in scadenza e quindi iniziato a segnare con maggiore frequenza (20 punti, 10 rimbalzi, 10/20 dal campo), senza però riuscire a evitare ai padroni di casa la terza sconfitta in fila. “Loro hanno segnato gli ultimi due tiri, noi no”, la spiegazione di coach Vogel. Fosse così facile da spiegare Frank…

Detroit Pistons-Atlanta Hawks 104-98

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Sembrava tutto apparecchiato per una comoda vittoria-scacciacrisi per i Pistons di Stan Van Gundy, che a metà terzo quarto avevano costruito un vantaggio di ben 30 lunghezze con quattro titolari in doppia cifra guidati da 19 dei 22 punti di Ish Smith. Una volta passato il testimone nelle mani delle riserve, però, ecco andare in scena lo psicodramma: negli ultimi 17 minuti di partita gli Hawks hanno rimontato punto su punto fino a tornare a -4 con un parziale di 59-35, costringendo un furibondo Van Gundy a rimettere in campo i suoi titolari per portare a casa la vittoria che interrompe una striscia di tre sconfitte consecutive. “Abbiamo dato alla nostra panchina 30 punti di vantaggio, ma non ci hanno nemmeno provato né in attacco né in difesa. Prendiamoci sta vittoria e andiamo avanti” ha commentato il nevrotico allenatore dei Pistons, che se non altro si gode la tripla doppia sfiorata da Blake Griffin (13 punti, 12 rimbalzi e 9 assist) e altri sei giocatori in doppia cifra. A guidare la rimonta degli Hawks è stato Andrew White III, al suo debutto assoluto in NBA condito da 15 punti con 6/11 al tiro: “Ho fatto solo due shootaround con la squadra, perciò ho provato a studiarmi tutto il playbook tramite video” ha detto dopo la gara. “Non ho mai lavorato così tanto in tutta la mia vita, pensavo di giocare solo uno o due minuti…”. Le assenze di Dennis Schroeder e Kent Bazemore invece gli hanno aperto le porte del campo, un’occasione che decisamente non si è fatto sfuggire.

New Orleans Pelicans-Los Angeles Lakers 139-117

TABELLINO

I 139 punti messi a tabellone dai Pelicans a fine gara sono il massimo stagionale per la squadra della Lousiana e il punteggio più alto subìto quest’anno dai Lakers, che incassano il secondo ko dopo 4 vittorie in fila ma soprattutto rivelano un certo grado di frustrazione, evidente nelle espulsioni di Isaiah Thomas prima (per un confronto con Rajon Rondo, anche lui espulso, che innesca una gustosa polemica in salsa Cetlics nel post-partita) e di coach Luke Walton poi (“Ci sono state parecchie cose che mi hanno frustrato, stasera. Ne avevo avuto abbastanza”, le sue parole). Forse a frustrarlo più di tutti l’incapacità di trovare una risposta ad Anthony Davis, autentico dominatore della serata, chiusa con 42 punti e 15 rimbalzi (31 punti già segnati all’intervallo), un mostruoso 15/18 dal campo e anche tre recuperi e due stoppate. “I Lakers cambiavano in continuazione e spesso su di lui finiva un avversario più piccolo: è stato bravo ad approfittarne”, spiega coach Gentry. New Orleans porta a casa il terzo successo consecutivo anche grazie ai 24 con 11 assist di Jrue Holiday, ai 19 di Darius Miller e ai 16 sempre dalla panchina di Nikola Mirotic, 11 dei quali arrivati nel terzo quarto per reagire a un parziale di 11-0 messo a segno dai Lakers. I canestri dell’ex Bulls riportano il vantaggio dei Pelicans in doppia cifra all’ultimo break e poi nel quarto quarto i padroni di casa allungano e toccano anche il +20 sul 120-100. Tra i gialloviola il migliore è Kyle Kuzma con 23 punti in uscita dalla panchina, mentre 21 li aggiunge Brandon Ingram e 20 Julius Randle. 

Brooklyn Nets-Indiana Pacers 103-108

IL TABELLINO

Che cos’è un All-Star? Non solamente un giocatore nominato per la partita delle stelle, ma quello che si fa trovare pronto sera dopo sera senza mai prendersi una pausa. Un ruolo che Victor Oladipo ha recitato alla perfezione in questo anno magico, aggiungendo un’altra perla a Brooklyn segnando 15 dei suoi 25 punti nel secondo tempo e portando i suoi alla pausa per l’All-Star Weekend con tre vittorie consecutive. Momento diametralmente opposto invece per i Nets, che arrivano al “rompete le righe” con sette sconfitte consecutive, incapaci di difendere un vantaggio di due punti a quattro minuti dalla fine complici otto errori consecutivi al tiro. Alla squadra di Kenny Atkinson non sono serviti i 23 punti di Allen Crabbe, i 21 di DeMarre Carroll e i 18 con 9 assist di D’Angelo Russell dalla panchina.