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NBA, risultati della notte: Boston espugna Portland, vincono le grandi

NBA

Marcus Morris segna 30 punti e con una tripla nell'ultimo minuto decide anche la sfida sul campo dei Trail Blazers. Vincono tutte le grandi delle due conference: Golden State batte Atlanta ma perde Steph Curry, Toronto e Cleveland superano Brooklyn e Phoenix, Oklahoma City e Minnesota hanno la meglio su Miami e New York. Nella corsa ai playoff a Ovest vince Denver a Washington mentre i Clippers perdono a Indianapolis.

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Portland Trail Blazers-Boston Celtics 100-105

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Si può dire che Boston ormai ci ha preso gusto a completare rimonte che sembrano impossibili. Dopo aver già battuto i Portland Trail Blazers “all’andata” grazie a un tiro decisivo di Al Horford e due giorni dopo aver rimontato gli Oklahoma City Thunder in casa, gli uomini di Brad Stevens sono andati a vincere sul campo della terza forza della Western Conference grazie a un finale di gara strepitoso. Sotto di 12 lunghezze a inizio ultimo quarto, i Celtics hanno realizzato una frazione finale da 38 punti, mettendo la testa avanti a 6:30 dalla fine con una tripla di Marcus Morris e giocandosela punto a punto da lì in poi nonostante le grandi prestazioni di C.J. McCollum (11 dei suoi 26 punti nell’ultimo quarto) e Damian Lillard (7 su 26, pur con 2/7 al tiro nel finale). Arrivati in parità sul 96-96 a 1:45 dalla fine, i Celtics hanno infilato cinque punti in fila con un sottomano di Jayson Tatum (autore di 10 dei suoi 13 punti nell’ultimo quarto) e di nuovo Marcus Morris, autore di una tripla difficilissima a 54 secondi dalla fine per il +5. Un vantaggio che gli ospiti sono riusciti a mantenere fino alla fine, con Morris miglior realizzatore a quota 30 dopo aver già deciso la sfida con OKC. “È in salute, ha grande fiducia e sta giocando in maniera molto decisa, sfruttando il buon ritmo e segnando tiri importanti uno dietro l’altro. Sono contento che abbia avuto un’altra super partita” ha detto il suo compagno Al Horford, sul compagno, il cui contributo in questo periodo è stato cruciale per sopperire alle assenze di Kyrie Irving (che si sottoporrà a un piccolo intervento per alleviare l’irritazione al ginocchio infortunato), Jaylen Brown (probabilmente di ritorno domenica a Sacramento), Marcus Smart, Daniel Theis e Gordon Hayward. Tra i cinque giocatori in doppia cifra di Boston spiccano i 16 di Terry Rozier (di cui 9 nell’ultimo quarto), mentre dall’altra parte non sono bastati i 16 di Al-Farouq Aminu e gli 11 di Jusuf Nurkic per evitare la seconda sconfitta in fila dopo 13 vittorie consecutive.

Golden State Warriors-Atlanta Hawks 106-94

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La gara contro Atlanta è un po’ il microcosmo della stagione di Steph Curry, e di riflesso dei Golden State Warriors: dominante in campo con i suoi 29 punti in 25 minuti, ma di nuovo alle prese con un infortunio che si preannuncia come più grave di quelli subiti nel corso di questa annata. Dopo essere rientrato da 6 gare di assenza per un infortunio alla caviglia, la stella di Golden State è dovuta uscire nel terzo quarto dopo aver visto JaVale McGee volare sulla sua gamba sinistra, zoppicando fino agli spogliatoi. Le prime analisi parlano di una distorsione al legamento mediale, lo stesso infortunio subito lo scorso anno da Kevin Durant: l’inizio dei playoff potrebbe essere a rischio. “Teniamo le dita incrociate”, ha detto Steve Kerr in attesa di ulteriori esami di domani. Per il resto ci ha pensato Nick Young a sopperire alle assenze di Durant, Draymond Green e Klay Thompson: il suo massimo stagionale da 24 punti con 6 triple non poteva arrivare in un momento migliore, sostenuto dai 13 di Quinn Cook (destinato a tornare in quintetto a breve) e i 12 di Jordan Bell. Agli Hawks invece sono mancate le gambe nel finale, essendo alla seconda gara di un back-to-back in trasferta nonché alla quinta partita in sette giorni: i cinque giocatori in doppia cifra guidati dai 20 di Taurean Prince non sono riusciti a resistere al classico terzo quarto da 36-23 dei padroni di casa.

Oklahoma City Thunder-Miami Heat 105-99

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Quando serve lo sanno che arriva Westbrook. A Oklahoma City ormai lo hanno imparato già da anni. Rimasto silente e in parte sottotono per tre quarti, il numero 0 si è preso i Thunder e la vittoria giocando una sontuosa quarta frazione, dominando con 17 dei suoi 29 punti totali e trovando magicamente la via del canestro. In 12 minuti sono sei canestri su sette tentativi in poco più di otto minuti; il palliativo migliore a un Paul George da 3/16 al tiro: “È una sensazione nuova di continuo, alla quale non mi riesco ad abituare: avere un giocatore sempre così pronto, così esplosivo e decisivo al mio fianco è fondamentale”. Westbrook infatti aggiunge anche 13 rimbalzi e otto assist, molti dei quali per il solito granitico Steven Adams da 24 punti e 9/13 al tiro. Il neozelandese è una certezza sotto questo aspetto: “È molto sottovalutato il suo gioco in post – prosegue George -: quando il nostro attacco è stagnante, è spesso lui a togliere le castagne dal fuoco”. Di certo non Carmelo Anthony, che chiude con 2/8 al tiro e sei punti con due errori dall’arco. OKC porta a casa così la settima vittoria nelle ultime otto, sale al quarto posto a Ovest e avvicina Portland, dimostrando di essere ancora in ballo. Dall’altra parte Miami mette in evidenza le solite lacune, nonostante i 23 punti di un James Johnson che in Florida vorrebbero vedere sempre così produttivo. Agli Heat in fondo servirebbe proprio un Westbrook; peccato però che ce l’abbiano gli altri.

Cleveland Cavaliers-Phoenix Suns 120-95

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Dopo settimane tumultuose, una gradita novità ha rischiarato il periodo dei Cavs: per la prima volta da parecchio tempo in campo c’erano quasi tutti. “Il nostro huddle era quasi al completo” ha commentato LeBron James, che ha avuto vita facile contro i derelitti Phoenix Suns segnando 27 punti in tre quarti, rimanendo a guardare l’ultimo dalla panchina. Dopo essere andati brevemente sotto di 7 nel primo quarto nel disinteresse totale, i Cavs hanno preso il controllo della gara con un parziale di 32-7 e da lì in poi hanno veleggiato verso una facile vittoria grazie ai 20 punti di Kevin Love e i contributi dalla panchina dei rientranti Larry Nance Jr. (15+10), Rodney Hood (9) e Tristan Thompson (4+10). Per Phoenix, guidata dai 20 di Troy Daniels e i 19 di Marquese Chriss, si tratta della decima sconfitta consecutiva e della 25^ nelle ultime 27, “guidando” la corsa alla prima scelta al Draft forti del peggior record della lega.

Indiana Pacers-L.A. Clippers 109-104

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Gli Indiana Pacers sono sempre più vicini a un traguardo che gli L.A. Clippers vedono allontanarsi sempre di più. La squadra di casa è infatti a una vittoria o a una sconfitta di Detroit dall’assicurarsi la partecipazione ai playoff, un risultato difficilmente pronosticabile dopo la trade per scambiare Paul George; i Clippers invece hanno subito la quinta sconfitta nelle ultime sei gare, vedendo la loro rimonta da -18 andare a rotoli. Gli ospiti infatti erano riusciti a rimettere in piedi una partita data per persa mettendo anche la testa avanti nell’ultimo quarto, ma un parziale di 9-0 dei padroni di casa guidati dai 28 di Bojan Bogdanovic ha inflitto un duro colpo alla loro rincorsa per un posto ai playoff. “Non abbiamo tempo di lasciare per strada partite come questa” ha detto DeAndre Jordan, autore di 14 punti con 11 rimbalzi. “Loro sono una buonissima squadra, ma ci hanno fatti rientrare per giocarcela fino all’ultimo. Poi però abbiamo perso palloni in momenti in cui non potevamo permettercelo”. Gli ospiti infatti hanno sprecato tre possessi negli ultimi 88 secondi, rendendo inutili i 27 con 10 assist di Lou Williams (che ha però sulla coscienza uno di quei tre palloni sprecati), i 18 di Tobias Harris e i 16 di Montrezl Harrell, rimanendo a due partite e mezza di distanza dall’ottavo posto occupato dai Jazz perdenti a San Antonio. Per i padroni di casa, invece, ci sono 18 punti per Victor Oladipo (pur con 4/16 al tiro), 16+10 per Thaddeus Young e 13 a testa per Darren Collison (autore anche di 10 assist) e per Lance Stephenson.

Toronto Raptors-Brooklyn Nets 116-112

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La 12^ vittoria consecutiva rifilata ai Brooklyn Nets negli ultimi tre anni è forse una di quelle più sofferte per i canadesi. Di certo la meno meritata, anche a detta di coach Casey: “Non siamo stati abbastanza concentrati e efficaci, non meritavamo di vincere questa gara”. Ok, ma un successo non fa mai male, soprattutto al termine di una settimana complessa e perdente dopo mesi costellati solo ed esclusivamente da successi. DeMar DeRozan si sveglia nel finale e piazza 12 dei suoi 21 punti nell’ultima frazione, ai quali si aggiunge la tripla doppia da 25 punti, 12 assist e dieci rimbalzi di Kyle Lowry; la decima messa a referto da quando veste la maglia dei Raptors. Dall’altra parte invece è D’Angelo Russell a terminare la gara con la doppia cifra sia alla voce punti, che a quelle rimbalzi e assist (18-11-13). La prima tripla doppia nella carriera della point guard (otto anni dopo l’ultima registrata in casa Brooklyn, realizzata da Terrence Williams il 9 aprile 2010 contro i Bulls), non sufficiente però ai Nets per mantenere un vantaggio che aveva raggiunto anche le 14 lunghezze a un certo punto della gara: “Non esistono vincitori morali, né premi per questo, ma sono felice del modo in cui siamo stati competitivi”, racconta coach Atkinson. A Toronto nel frattempo fanno il conto alla rovescia: mancano infatti cinque vittorie per raggiungere l’aritmetica certezza del primo posto a Est.

Minnesota Timberwolves-New York Knicks 108-104

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Tim Hardaway Jr. le ha provate davvero tutte per evitare – senza successo – ai suoi Knicks di incassare l’undicesima sconfitta nelle ultime 13, di continuare a ruzzolare inutilmente in basso, senza trarne neanche grossi benefici in ottica di lottery. Senza Porzingis New York è una squadra che ha perso l’anima, non solo uno dei migliori giocatori della lega, e Hardaway ha provato a rigenerare almeno in parte le speranze con una partita da 39 punti, 14/25 dal campo e 6/11 nel tiro dalla lunga distanza. “Ho fatto tutto il possibile per caricarmi la squadra sulle spalle, abbiamo fatto un grande lavoro in difesa e anche quando si è trattato di alzare il ritmo”. Frasi che a leggerle così sembrano quasi la celebrazione di un successo, che però è stato dei T’wolves; corsari al Madison Square Garden grazie alla solita doppia doppia di Karl-Anthony Towns da 24 punti e 13 rimbalzi. “Dobbiamo vincerne ancora altre per essere sicuri dei playoff”, commenta l’All-Star, sorridente però per aver ridato a Minnesota un record positivo dopo 12 anni d’astinenza. La prima volta che succede a Minneapolis senza che ci sia Kevin Garnett in quintetto, un simbolico passaggio di consegne per una generazione che promette di fare grandi cose.

 

Washington Wizards-Denver Nuggets 100-108

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Se gli L.A. Clippers non sono riusciti ad approfittare del passo falso di Utah, lo stesso non si può dire di Denver, che andando a vincere a Washington si sono rifatti sotto a una sola partita di distanza dall’ottavo posto a Ovest. Merito di una grande prova collettiva, con 25 punti a testa di Nikola Jokic e di Jamal Murray a cui si è aggiunto un Will Barton autore di 14 dei suoi 23 punti nell’ultimo quarto, tenendo a bada la rimonta di Washington. I padroni di casa erano riusciti a recuperare i 12 punti di svantaggio accumulati nel primo tempo grazie a un terzo quarto da 7 triple, tante quante quelle segnate in 21 partite complete nel corso di questa stagione, ma alla fine non hanno potuto evitare la sconfitta che li tiene al sesto posto a Est nonostante cinque giocatori in doppia cifra guidati dai 24 di Bradley Beal. “Dobbiamo giocare con maggiore urgenza: non possiamo scendere in campo pensando che sia una partita come tutte le altre” ha detto coach Scott Brooks sulla prestazione dei suoi, sottolineando le implicazioni per i playoff di ogni gara ricoprirà da qui alla fine. Una differenza che invece ai Nuggets è ben piantata in testa: “Ogni partita per noi è obbligatorio vincere” ha detto Barton, sostenuto anche dal suo allenatore Mike Malone. “Questa squadra ci crede ancora: c’è un sacco di pallacanestro da giocare ancora. Ma prima di preoccuparci di quello che fanno gli altri, dobbiamo prenderci cura delle nostre partite: fortunatamente stasera ci siamo riusciti”.

Chicago Bulls-Milwaukee Bucks 105-118

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No Giannis, no problem per i Bucks, corsari a Chicago nonostante il problema alla caviglia destra per l’All-Star greco, rimasto a riposo in una partita in cui a incidere (per una volta) in casa Milwaukee è stata la panchina. In particolare Shabazz Muhammad, Brandon Jennings e Tony Snell; forze fresche di cui disporre in vista di questo rush finale che impegnerà i Bucks almeno fino alla fine di aprile. L’ex T’wolves, tagliato da Minnesota, gioca la sua miglior partita con la nuova maglia chiudendo con 21 punti con 9/12 al tiro, a cui si aggiungono i 18 di Snell perfetto dal campo (6/6) e i 16 di un Jennings sempre più alternativa credibile nella gestione dell’attacco di Milwaukee. Chicago invece continua a proporre giovani prospetti sul parquet, cercando delle difficili alchimie che nel contempo garantiscono il gradevole risultato di far lievitare il numero delle sconfitte. Denzel Valentine ne segna 20, ma i Bulls non sono mai in partita nell’ultimo quarto d’ora. I Bucks si prendono così ben sei gare di vantaggio in classifica a Est, blindando i playoff che vorrebbero tanto non fare da ottavi.