Come contro Orlando nel 2009, nello stesso canestro e dalla stessa posizione, al termine di una partita leggendaria e fondamentale per il destino playoff dei Cleveland Cavaliers. Semplicemente, LeBron Raymone James
Ogni volta sembra sempre impossibile pensare che LeBron James possa alzare ancora un altro po’ l’asticella, aumentando la difficoltà di imprese già impossibili per chiunque altro. Poi però arriva gara-5 del primo turno playoff contro Indiana, una sfida da vincere a tutti i costi e che il n°23 a quel punto decide di segnare a modo suo: 42 minuti, 44 punti, 10 rimbalzi, 8 assist, 15/15 ai liberi, la stoppata decisiva su Victor Oladipo e soprattutto il canestro del successo sulla sirena. Resterà questo: l’immagine di lui che in meno di tre secondi riesce a prendere quella tripla centrale che sai già andrà dentro, la gioia nell’abbraccio dei compagni, l’orgoglio nell’urlo verso il pubblico in piedi sul tavolo a bordocampo. Un tiro che in una carriera così lunga in realtà sai di aver già visto: contro Orlando, nel 2009, ma quella volta era in gara-2 e l’impresa restò incompiuta, visto che alle Finals alla fine ci andarono i Magic. Nove anni dopo è cambiato letteralmente tutto in NBA, qualsiasi squadra e contesto. Tranne lui e la sua capacità di dominare, di saper essere ancora – nonostante le 15 stagioni nella lega sul groppone e nelle giunture – il miglior giocatore del mondo. Ne sono arrivati e passati tanti altri, ne stanno crescendo di meravigliosi e unici per completezza fisica e atletica, ma LeBron James a 33 anni resta saldamente in vetta alla classifica. L’obiettivo dichiarato ormai è chiaro: quello di scalare le vette della storia del Gioco, lungo le quali si sta inesorabilmente arrampicando, rompendo ogni pregiudizio o vecchio ritornello che suona fuori luogo da tempo. Da quando il n°23 è entrato nella lega ha messo a segno ben quattro buzzer beater in carriera ai playoff: nel 2009 il già citato canestro contro i Magic, nel 2013 sempre contro i Pacers in maglia Miami Heat in finale di Conference, nel 2015 contro i Bulls e adesso questo. Per rendere il senso, nello stesso arco temporale soltanto Paul Pierce è riuscito a metterne assieme più di uno (2). Addirittura uno in più rispetto a Michael Jordan, che ne ha segnati "soltanto" tre e che negli ultimi cinque secondi di partita ai playoff ha tirato in carriera 5/11 quando si trattava di segnare per mettere il naso avanti. LeBron? Con questo bersaglio sale a 6/13, uno in più e con una percentuale di realizzazione più alta. "La grandezza che riconosce la grandezza", dicono dall'altra parte dell'oceano, nonostante gli stimoli restino sempre gli stessi da 30 anni: "Sin da quando sei bambino sogni di vivere tre, due o almeno un momento nel genere nella tua carriera. È così che mi sento: come un bambino che gioca a pallacanestro dentro casa, facendo finta che un pugno di calze appallottolate siano un pallone da basket". Quella palla improvvisata deve aver trovato il fondo di un'immaginaria retina un bel po' di volte.