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NBA, scommesse sportive legali negli USA, Silver: "Riportiamo alla luce miliardi di dollari"

NBA

Dopo 26 anni gli Stati Uniti sono pronti a riconsiderare le leggi sulle scommesse sportive, aprendo di fatto spazio a un mondo che potrebbe arrivare a valere anche 500 miliardi di dollari. Un'occasione che la NBA non vuole lasciarsi sfuggire

La sentenza arrivata dalla Corte Suprema ha una valenza storica: uno dei massimi organi giudiziari statunitensi ha infatti deciso di sconfessare il famoso Professional and Amateur Sports Protection Act (PASPA) che dal 1992 metteva al bando a livello federale qualsiasi tipo di scommessa sportiva. Certo, quattro stati dell’Unione – in primis il Nevada, con Las Vegas pronta a diventare la capitale dell’azzardo – riuscirono ad aggirare la decisione, ma a livello federale (e gli Stati Uniti rimangono una confederazione di 50 diversi stati) da allora la regola è sempre stata quella. Fino a oggi, quando la Corte Suprema si è espressa in maniera contraria: “La decisione odierna apre le porte affinché ciascuno stato possa approvare una propria legislazione sul tema delle scommesse sportive. Noi – afferma nel comunicato ufficiale della NBA il commissioner Adam Silver – rimaniamo favorevoli a un accordo quadro che sia a livello federale e che possa quindi fornire un approccio unitario al fenomeno delle scommesse sportive negli stati che sceglieranno di renderlo legale, ma rimaniamo comunque attivi nelle discussioni che già stiamo intrattenendo stato per stato. Indipendentemente da quale sia la futura legge riguardante il business delle scommesse sportive – conclude Silver – l’integrità del nostro sport rimane la nostra più alta priorità”. Una chiosa non casuale, perché il tema delle scommesse è da sempre molto delicato nel mondo sportivo americano. Dagli scandali che rovinarono il college basketball ancora negli anni ’50 fino alla posizione veementemente contrarie di altre leghe (la NFL si oppone ancora oggi decisamente alla legalità delle scommesse, le MLB chiedono garanzie certe prima di aprire a un business considerato pericoloso). Anzi, la stessa NBA, sotto il regno di David Stern, manifestava gli stessi dubbi, in maniera forse ancora più netta e decisa: “Ci sono molte ragioni perché restiamo convinti che la soluzione migliore sia che le scommesse non entrino nel nostro sport”, raccontava ancora nel 2012 l’ex commissioner NBA, scagliandosi contro il singolo stato (il New Jersey) che aveva avuto il coraggio di impugnare la decisione del 1992, portandola davanti alla Corte Suprema. “Il New Jersey non ha semplicemente idea di quello che sta facendo – lo sprezzante commento al tempo di Stern – ma è guidato soltanto dalla possibilità di mettersi in tasca un dollaro o due, senza tener conto delle conseguenze per il nostro sport”.

Silver smentisce Stern e apre al mondo (e ai dollari) delle scommesse

Una posizione clamorosamente smentita proprio da Adam Silver soltanto due anni dopo, con un editoriale sul New York Times che fece molto discutere, schierandosi apertamente a favore “di una legislazione federale che potesse legalizzare le scommesse sportive”. Un business, ha ricordato soltanto una settimana fa in un’intervista proprio Silver, che nell’illegalità attuale produce un giro di dollari stimato tra i 100 e i 500 miliardi. “Credo che i tempi siano maturi perché le scommesse sportive siano fatte uscire dall’oscurità e portate alla luce del sole”. Una previsione puntualmente avveratasi, con la decisione arrivata ieri da parte della Corte Suprema. "Bisogna mettere in piedi una regolamentazione comune, per evitare che in questa materia ci siano 50 stati stimolati a concorrere al ribasso, rendendo minimo in termini di resa e qualità il lavoro, mettendo a rischio anche l'integrità delle leghe che ne prenderanno parte". La speranza di Silver è dunque quella che regole comuni permettano alla NBA di incassare una percentuale fissa da tutti gli stati, senza correre dietro a offerte più o meno vantaggiose fatte da chi cercherà di mettere mano su quei flussi di denaro. Il Nevada (attualmente l'unico posto in cui era già concesso scommettere) versano lo 0.25% di quanto incassato: sui 4.5 miliardi di dollari dell'ultimo anno, la NBA ha messo in tasca 110 milioni. Una cifra che potrebbe crescere a dismisura con l'allargamento del mercato e l'emersione del giro d'affari in nero. La lega nel frattempo, per non farsi cogliere impreparata, ha già iniziato da tempo una collaborazione con Sportradar; una società specializzata nella gestione delle scommesse e in particolare nel monitorare flussi anomali di puntate (di solito frutto di frodi e accordi illegali). Un accordo di sei anni da circa 250 milioni di dollari che pemetterà di mettere mano a tutti i dati live relativi ai match NBA: un bel gruzzolo, che potrebbe moltiplicarsi qualora lo sblocco definitivo delle scommesse sportive negli USA scatenasse un'asta a rialzo per l'acquisizione di quei dati: "Si potrà scommettere con nuove quote ogni volta che si ferma il gioco". Una rivoluzione a cui la NBA vuole farsi trovare pronta.