Golden State ha trovato il modo di sfruttare la libertà concessa al ‘quinto incomodo’, chiamato a giocare al posto di Iguodala contro Houston: blocchi lontano dal pallone e tanto spazio per gli altri. Per essere utili agli Warriors non serve per forza fare canestro, né scendere in campo
Andre Iguodala non ci sarà in gara-1 e questa per Cleveland è una buona notizia. Nel film delle Finals NBA arrivato alla quarta serie, tutti ricordano quanto sia pesato il n°9 dei campioni NBA in carica nei primi tre scontri tra Warriors e Cavaliers. Senza di lui, spazio dunque al supporting cast, chiamato a riempire i 27 minuti di media in cui Iguodala è sceso sul parquet in questi playoff, oltre a garantire rotazioni e possibilità di rifiatare ai quattro All-Star a disposizione di Steve Kerr. Niente più Hamptons 5 sul parquet, ma sempre almeno uno degli altri da affiancare a un gruppo dal talento assoluto. La scelta dello staff degli Warriors contro i Rockets, in una serie in cui gli esperti Zaza Pachulia, Shaun Livingston e David West hanno trovato poco spazio a causa dell’elevato tasso di atletismo della sfida, è ricaduta spesso e volentieri su Kevon Looney e Jordan Bell. Mobili in difesa, in grado di cambiare sui blocchi, ma inesperti e dal limitato raggio d’azione in attacco. Un problema non da poco in una serie in cui Houston è stata certosina nello sfruttare tutti i punti deboli di Golden State, messi all’angolo da un vuoto offensivo difficilmente colmabile. I Rockets a protezione del ferro hanno scelto di giocare 5 vs. 4, disinteressandosi del lungo avversario non appena si allontanava di oltre un metro dal canestro. Riempire il pitturato, mettere un corpo in più in opposizione sulle penetrazioni a canestro o, in alternativa, avere un battitore libero in grado di raddoppiare in aiuto su chiunque. Un giocatore inutilizzabile in attacco è un problema enorme, anche quando scende sul parquet di fianco a Curry, Durant, Thompson e Green. Nessuno può permettersi di non sfruttare tutti e cinque gli uomini in attacco. A quel punto l’intuizione di coach Kerr è riuscita a cambiare il corso degli eventi, tanto quanto l’infortunio di Chris Paul che ha ridotto l’impatto offensivo di Houston.
Cambiare su tutti i blocchi, ma quando manca il tuo compagno?
Una scelta passata inosservata a molti, ma non agli occhi attenti dei reporter di The Athletic che hanno raccontato alla perfezione questo cambio di tendenza: coinvolgere Bell e Looney in pick&roll lontano da canestro, mettendo in difficoltà una difesa fatta di cambi come quella di Houston. D’Antoni infatti ha capito che per tenere a bada Golden State doveva in ogni modo impedire agli Al-Star avversari di sentirsi liberi anche solo per un istante. Per quello ha scelto un quintetto sempre molto duttile, atletico e flessibile, in grado di cambiare su ogni blocco senza indugio. Giocare su Bell e Looney però pone un problema: loro l’uomo in marcatura vicino non ce l’hanno. Quindi, con chi lo faccio il cambio? Questo ha liberato spesso e volentieri spazio a Curry e Thompson, che negli ultimi due episodi della serie contro i texani hanno sfruttato al meglio la libertà faticosamente conquistata. Una decisione necessaria, visto che Kerr non disponeva né di un Iguodala di riserva (e ci mancherebbe altro), né di un giocatore con caratteristiche assimilabili alle sue come ala. Tutti avrebbero puntato a riempire l’area, a giocare con il lungo libero sotto canestro per mettere pressione a rimbalzo d’attacco e invece la scelta di Golden State è stata tanto contro-intuitiva quanto azzeccata. Restare sotto il ferro era d’impaccio per le penetrazioni degli esterni, con l’uomo di Looney/Bell che restava in rotazione aggiuntiva a protezione dell’area, rendendo molto più complicata la vita ai vari Curry e Thompson a caccia di punti in penetrazione. Così invece, tutti i tasselli andavano al loro posto: “Ne avevamo parlato in spogliatoio dopo esserci accorti di quanto spazio ci venisse lasciato a disposizione – racconta Bell -. Io e Kevon sapevamo finalmente cosa fare per dare una mano alla squadra. Lavorare per ritagliare spazio e metri in favore dei tiri di Steph, di Klay, di KD e di tutti i tiratori”.
Il passaggio sotto le gambe "alla Pachulia" di Jordan Bell
Quando hai un gruppo del genere al tuo fianco, segnare dei canestri è davvero l’ultimo dei problemi. Basta riuscire a essere funzionale e non fare danni: “Quando scaricano il pallone verso di me, il mio compito è quello di esitare un attimo, lasciando credere alla difesa che prenderò un pessimo tiro e invece tenendo a mente dei movimenti che avvengono alle mie spalle. So bene che Steph sta correndo in angolo, devo solo scegliere il tempo giusto per servirlo”. Che sia un passaggio dal blocco, un semplice pick&roll, un consegnato o un assist, poco importa. Le alternative sono un bel po’ e possono portare a giocate spettacolari come quella di Bell in gara-7 per armare la mano di Curry: “Si è mosso in maniera perfetta, ha fatto una giocata incredibile e decisiva”, racconta il n°30 degli Warriors. “Ha cambiato il modo di sfruttare lo spazio che gli viene lasciato, visto che in gara-6 aveva preferito sorprendere la difesa dall’alto. Avevo bisogno invece di un passaggio dal basso che è il modo migliore per mettermi in ritmo. Quando ho visto che voleva servirmi dopo aver sollevato la palla fintando il tiro, mi sono detto ‘ da dove viene fuori questa roba?’, è il passaggio della Statua della Libertà”. Nello spogliatoio invece quello tra le gambe schiacciato a terra ha un nome in codice specifico e molto chiaro: ‘Zaza Pass’, dal nome del maestro che in allenamento gli ha insegnato come farlo. “Pachulia è venuto da me per darmi qualche dritta: ‘Per i tiratori una palla che arriva dall’alto è un problema, mentre se batte a terra riesci a dargli molto più ritmo’. È stata la svolta”. Per gli Warriors, non solo per Bell. I veterani in spogliatoio servono anche a questo, a cambiare le cose senza mettere piede sul parquet.