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NBA, le mosse degli Spurs per arrivare a LeBron: il fascino e la cultura possono fare la differenza?

NBA

Tra le tante pretendenti che punta a convincere James, impossibile tenere fuori San Antonio: l’influenza e il peso che la squadra e l’organizzazione di coach Popovich riescono a esercitare su LeBron sono uniche, ma potrebbero non bastare a garantire al n°23 ciò di cui ha bisogno

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Dodici mesi fa in molti continuavano a domandarsi: ma come fanno questi Spurs a rinascere ogni volta dalle loro ceneri? Moderna fenice in cui a cambiare è solo il numero di capelli bianchi sulla testa di Manu Ginobili, ma non il risultato. Lo scorso anno San Antonio era arrivata in finale di conference battendo con merito Houston, fermata dopo due quarti e mezzo perfetti contro gli Warriors dall’infortunio alla caviglia di Kawhi Leonard che ha condannato i texani a una sconfitta che forse ci sarebbe stata lo stesso, ma in misura certamente più dignitosa. Un 4-0 che ha segnato l’inizio della fine, con Leonard rimasto lontano dal campo per tutta la stagione successiva (a parte il triste cameo di 9 partite a cavallo dell’anno nuovo), il tira e molla con Popovich e i risultati inevitabilmente più stentati del solito. Il muro delle 50 vittorie in regular season rimasto inviolato per la prima volta dopo oltre un decennio e i playoff conquistati nell’ultimo momento utile, a fatica, per poi essere presi a schiaffi ancora una volta da Golden State al primo turno. Di fronte a questa premessa d’obbligo viene spontaneo chiedersi: ma perché mai LeBron James, viste le tante offerte sul piatto, dovrebbe scegliere di andare a San Antonio nel momento peggiore degli ultimi 20 anni in casa Spurs? La risposta è semplice: perché nessuno potrà mai garantirgli la stessa etica del lavoro, cultura di pallacanestro, competenza tecnica e abitudine a competere ad alto livello. Tutte caratteristiche che sono chiaramente mancate a James nei tanti anni trascorsi a Cleveland, dove LeBron si è fatto cultura, rivestendosene in maniera personale e mettendo spesso alle corde a livello psicologico i compagni che faticavano a stargli dietro. A San Antonio invece sarebbe calato in un contesto che gli calzerebbe a pennello, in cui verrebbe deresponsabilizzato sul piano della gestione, ritrovandosi sotto una guida forte che detterebbe al suo posto la linea. I detrattori pensano che James starebbe stretto in una posizione del genere, , ma sottovalutano il potere di persuasione di un ambiente che è riuscito a mettere in riga e a smussare gli angoli a personalità ben più complesse di quella del miglior giocatore del mondo.

Popovich sulla via del ritiro e la questione Leonard da risolvere

James non ha mai nascosto la stima che nutre per coach Popovich, un maestro a distanza, un rivale di cui elogiare i pregi e ammirare la costanza e le capacità da allenatore che raramente LeBron ha ritrovato nei coach che lo hanno accompagno durante i suoi 15 anni in NBA. L’allenatore degli Spurs però è in un momento delicatissimo della sua carriera, arrivato dopo 22 anni a uno snodo cruciale per sé e per la franchigia che respira insieme a lui. Popovich ha perso la moglie meno di due mesi fa, lasciando la panchina di San Antonio nelle ultime tre sfide stagionali e non facendo mistero di aver iniziato a pensare a un piano che prevede una sua uscita di scena in tempi brevi. Secondo quanto raccontato da ESPN, la prossima potrebbe essere l’ultima avventura di Popovich alla guida degli Spurs, prorogabile al massimo fino al 2020 in previsione delle olimpiadi di Tokyo con cui chiudere in bellezza. Un margine di tempo esiguo per pensare di persuadere James, ben conscio che San Antonio ha un bel po’ di tasselli da rimettere a posto nei prossimi mesi, a prescindere dall’eventuale arrivo del Prescelto. La questione Kawhi Leonard è un macigno che l’ormai prossimo colloquio con Popovich potrebbe risolvere a livello di gestione, ma tutta poi da verificare sul parquet. Leonard ha fatto una fatica bestiale a tornare in campo, senza dare indicazioni che lascino immaginare una totale ripresa, né tantomeno di poter garantire un’efficacia paragonabile a quella della stagione 2016/17. Se Leonard fosse quello, sarebbe motivo sufficiente per convincere James della competitività degli Spurs, che potrebbero fare affidamento su due dei cinque migliori giocatori della Lega, circondati poi dall’esperienza dei vari Parker, Ginobili e Gasol e di tiratori che a quel punto verrebbero assoldati con mansioni specifiche che Popovich non vedrebbe l’ora di disegnare per loro. Questa combinazione tecnica idilliaca però appare come uno scenario poco probabile al momento, anche a causa di un incastro sul piano salariale tutto da inventare.

San Antonio non ha spazio salariale, l’idea è lavorare a uno scambio

Fattore non di poco conto infatti è che gli Spurs, rimasti con il cerino in mano 12 mesi fa dopo la scelta di Chris Paul di andare a Houston, si ritrovano adesso con un ridotto margine di manovra a livello economico e non possono in alcun modo pensare di puntare a James tramite free agency. L’idea quindi (eventualmente) è quella di puntare a uno scambio con i Cavaliers, con cui a quel punto LeBron troverebbe un accordo che garantirebbe alla squadra dell’Ohio di ricevere in cambio il corrispettivo da almeno 28 milioni di dollari per far sì che lo scambio risponda alle esigenze previste dal salary cap. Dajounte Murray diventerebbe una pedina da sfruttare, così come le scelte future al Draft che renderebbero appetibile per i Cavs il sacrificio di incamerare qualche contrattone non del tutto gradito. A fare leva in quel caso sarebbe il bivio di fronte al quale si ritroverebbe Cleveland, che rischia seriamente di perdere James senza ricevere nulla in cambio. Al tempo stesso però, troppi contratti pesanti garantiti porterebbero i vice-campioni NBA a superare la luxury tax per mantenere in piedi una squadra che a fatica nel breve periodo senza LeBron riuscirà a conquistare i playoff. Un sacrificio economico che il proprietario Dan Gilbert era più che disposto a fare per convincere James, ma che vuole a ogni costo evitare qualora parte la fase di rifondazione. Difficile biasimarlo: ritrovarsi a spendere un sacco di soldi e non riuscire a conquistare neanche i playoff sarebbe la beffa più grande di tutte, anche superiore rispetto al dover salutare James.