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NBA, Damian Lillard: "I miei obiettivi? Il primo quintetto NBA. E il titolo di MVP”

NBA

L'anno scorso solo James Harden, LeBron James e Anthony Davis hanno chiuso davanti a lui nelle votazioni per MVP. Ora la point guard dei Blazers mette l'asticella ancora più alta: "Ho dominato dal momento in cui ho messo piede nella lega: sento di non dover dimostrare più nulla a nessuno"

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Le ultime immagini della scorsa stagione di Damian Lillard lo vedono uscire dal campo a testa bassa dopo la quarta sconfitta in quattro gare contro i New Orleans Pelicans, al primo turno di playoff. Un cappotto difficile da digerire, una batosta tutt’altro che attesa, visto che i Blazers potevano anche godere del fattore campo dopo essere entrati nei playoff con un’eccellente testa di serie, la n°3 a Ovest (dietro solo a Rockets e Warriors). “È stata dura – ammette Lillard – specialmente per me, come leader di questa squadra: quando perdi la colpa è tua, l’indice di tutti è puntato verso di te. Ci sta, lo accetto. Non ho ancora dimenticato quella sconfitta, e non intendo farlo. Ci penso ancora, mi sono rivisto tutte le 4 partite della serie. Sono stato il primo a salire sul podio alla fine di quella serie e ad ammettere che avevano giocato meglio di noi, che non avevo dato il meglio di me, perché le cose erano andate proprio così. Ma non crediate che un’esperienza del genere mi affossi. Anzi”. Nell’ultima frase emerge fortissima la voglia di rivincita del n°0 di Portland, uno da sempre abituato a dover smentire critici, a mettersi alla prova per dimostrare di valere quanto gli altri, se non di più. “È così fin dai tempi del liceo – ricorda Lillard – quando segnavo 35-40 punti davanti agli occhi degli allenatori dei college più importanti, davanti ai Roy Williams, ai Mike Krzyzewski, ai Lute Olson. Eppure nessuno di loro veniva a reclutarmi. Lo stesso al college: dicevano che giocando a Lehigh non affrontavo avversari di livello, che la competizione era quella che era. E anche nella NBA all’inizio è stato così”. Fino a quando – canestro dopo canestro, vittoria dopo vittoria – Lillard non ha convinto qualsiasi osservatore esterno, critici compresi. E la point guard dei Blazers non perde tempo con della falsa modestia: “Negli ultimi sei anni non ho fatto altro che dominare”, dice. “Ho vinto il premio di rookie dell’anno all’unanimità al mio esordio. L’anno successivo sono stato convocato per l’All-Star Game. E poi ancora l’anno dopo. La scorsa stagione ho chiuso a 27 punti di media e siamo entrati ai playoff – obiettivo raggiunto in cinque dei miei sei anni nella lega – con la testa di serie n°3”. Insomma, Lillard ha le idee chiare: “Certo, ci sono obiettivi che devo e voglio ancora raggiungere, ma onestamente sento di non dover dimostrare più nulla a nessuno”. 

Nella storia insieme a Oscar Robertson, LeBron James e Tiny Archibald

Un’affermazione che può sembrare arrogante ma che allo stesso tempo appare più che supportata dai risultati. Quelli elencati fin qui e altri ancora, come la votazione per il premio di MVP della scorsa stagione, che parla chiaro: primo, James Harden; secondo, LeBron James; terzo, Anthony Davis. Al quarto posto, Damian Lillard, che ora punta ancora più in alto: “Sono arrivato quarto la scorsa stagione, per cui perché non dovrei puntare a vincere il premio quest’anno? Il mio obiettivo è quello di essere nel primo quintetto NBA”. In una lega che nel ruolo può contare su fenomeni come Steph Curry e Kyrie Irving, Chris Paul e James Harden, è un’affermazione forte, sicuramente ambiziosa. Ma Damian Lillard è consapevole del suo valore e del suo posto all’interno della lega, oggi e anche in prospettiva: solo tre giocatori nei 72 anni di storia NBA hanno fatto registrare almeno 10.000 punti e 2.000 assist in ognuna delle prime sei stagioni NBA. Sono Oscar Robertson, LeBron James e Tiny Archibald. Il quarto è Damian Lillard, il principale motivo per cui, anche quest’anno, i tifosi dei Blazers possono comunque guardare al nuovo campionato con grande ottimismo.