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NBA, Willie Cauley-Stein e la vocazione da artista: dai parquet alle gallerie

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Il centro di Sacramento ha iniziato a disegnare fin da ragazzino ma solo ultimamente ha scoperto una vera e propria passione per l'arte: le visite a musei e gallerie private, i suoi artisti di riferimento e un sogno forse vicino a realizzarsi: una personale a suo nome

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C’è chi approfitta della trasferta a New York per godersi la sempre vibrante nightlife della Grande Mela e chi, come Willie Cauley-Stein, passa ogni minuto libero tra gallerie d’arte e musei. È quello che ha fatto il giovane centro dei Kings in occasione dell’ultima visita al Madison Square Garden della sua squadra: in camp ha contribuito con 12 rimbalzi e 7 punti (con solo 7 tiri) alla vittoria di Sacramento ma è soprattutto lontano dal parquet che la sua trasferta newyorchese rimarrà probabilmente tra le più belle di sempre. Come raccontato in un lungo articolo apparso su Sports Illustrated, infatti, Cauley-Stein ha trascorso lunghe ore del suo soggiorno a New York immerso tra dipinti, opere e tele di alcuni dei suoi artisti preferiti, alimentando una passione – quella dell’arte e più in particolare della pittura – che lo sta coinvolgendo sempre di più, portandolo a prendere in pano in prima persona pennelli e colori. “Quando scendo in campo il mio stile di pallacanestro è il modo in cui posso esprimermi in campo. Ma quando dipingo – dice il centro dei Kings – non è qualcosa che faccio, è qualcosa in cui mi ritrovo immerso dentro, completamente”. E la trasferta newyorchese è stata un’ottima occasione per immergersi – questa volta da visitatore – nel mondo artistico cittadino, anche grazie all’intermediazione di Gardy St. Fleur, un consulente artistico, nonché collezionista, molto conosciuto nei giri NBA. Da Alonzo Mourning e Deron Williams in passato, fino a P.J. Tucker, Justise Winslow o la coppia di Brooklyn D’Angelo Russell-Caris LeVert, sono tanti i giocatori che nella lega sono stati introdotti alla scena artistica (newyorchese e non solo) da St. Fleur: “Non lavoro con tutti – dice lui – ma solo con quei giocatori che dimostrano un vero interesse”. Willie Cauley-Stein è l’ultimo dei suoi adepti, e così dopo essersi recato in visita al Whitney Museum per ammirare l’esposizione su Andy Warhol, il centro dei Kings ha avuto la chance di poter visitare uno spazio privato – il Brant Foundation Center, nel Lower East Side – dove sono ospitate fino a metà maggio 70 opere di Jean-Michel Basquiat, una mostra a cui si può accedere solo su appuntamento e che ciò nonostante ha già visto bruciati i 50.000 biglietti a disposizione.  

Willie Cauley-Stein pittore: una mostra nel suo futuro?

“Se avessi visto questo tipo di lavori da ragazzino non li avrei capiti”, dice oggi il centro dei Kings, che da ragazzino invece ha iniziato a disegnare, quando la nonna lo ha iscritto a 9 anni a lezioni di arte, che al tempo non aveva troppa voglia di frequentare. “Oggi invece confrontarmi con queste opere sento che po’ aiutarmi a trovare la mia voce, può ispirarmi nel diventare un artista migliore. È pazzesco”. Perché Cauley-Stein da un paio di anni ha iniziato a dipingere su tela, e sul suo account Instagram ogni tanto mostra alcune delle sue opere. “Dipingere è uno degli aspetti che mi piace, ma allo stesso tempo trovo interessante capire meglio il mondo dell’arte, compresa la possibilità di occuparmi di compravendita di opere, anche se ovviamente devo ancora imparare tutto”. Per adesso appese alle pareti di casa sua ha soltanto opere sue e di alcuni suoi amici: “Non sto spendendo chissà quanti soldi per la mia collezione, ma almeno sono opere autentiche”, dice. Il prossimo passo è mettersi in gioco in prima persona, senza timori – spinto anche dai consigli e dagli incoraggiamenti di Gardy St. Fleur, che sta cercando di organizzare la prima personale di Cauley-Stein, a New York o a Los Angeles (o forse anche in entrambe le città). “C’è un artista dentro di lui”, assicura, e Cauley-Stein sembra crederci: ha già una serie di dipinti chiamati “Addiction to Sauce” che mescolano immagini personali a riferimenti pop (come i loghi di grandi marchi di moda, inseriti in contesti stranianti). Dopo aver iniziato con dei semplici sketches e poi essersi spostato sulla tela, oggi Cauley-Stein è pronto a sperimentare anche nuove tecniche e nuovi strumenti, anche se proprio la visita alla mostra di Basquiat lo ha convinto di una cosa: “Voglio confrontarmi con opere di grandi dimensioni. Più grandi sono, più impatto hanno”.