Il n°30 degli Warriors segna 38 punti con otto triple e supera Ray Allen al primo posto nella classifica all-time dei realizzatori dall'arco ai playoff. Grazie a Curry, Golden State domina il match nonostante il contributo del duo Williams-Harrell e un Gallinari da 15 punti e 8 rimbalzi
BOSTON VINCE IN RIMONTA GARA-1
Golden State Warriors-L.A. Clippers 121-104
In una serata playoff piena di sorprese, in cui Philadelphia,Toronto e Denver hanno perso a sorpresa il fattore campo nella prima gara playoff della loro stagione (nel caso dei canadesi, non una novità in realtà), i Golden State Warriors hanno giocato invece secondo pronostico, travolgendo i Clippers mantenendo sempre un vantaggio rassicurante nell’ultima mezz’ora di gioco. Merito di uno Steph Curry versione extralusso, protagonista del match con i suoi 38 punti, 15 rimbalzi (massimo in carriera ai playoff) e sette assist, il tutto condito con un 8/12 dall’arco dal sapore storico. Al n°30 degli Warriors infatti mancavano sette bersagli pesanti per superare Ray Allen e diventare il miglior realizzatore dall’arco nella storia dei playoff: 386 canestri totali, uno in più del tiratore di Sonics, Celtics e Heat. A sorprendere però è il numero di partite impiegate per raggiungere queste cifre: Allen infatti ha giocato 171 gare in totale in post-season, mentre a Curry ne sono bastate 91 per superare il migliore di sempre, con prospettive ancora tutte da esplorare. Una vittoria attesa, contro cui i Clippers hanno provato a opporre soprattutto la loro arma migliore: la panchina, guidata neanche a dirlo dal duo Lou Williams-Montrezl Harrell. Alla sirena finale sono 26 punti per l’ex lungo dei Rockets, a cui si aggiungono i 25 e nove assist del principale candidato al premio di miglior sesto uomo dell’anno. Non basta però, così come il contributo di un Danilo Gallinari da 15 punti, otto rimbalzi e tre recuperi. Il 4/14 al tiro (nonostante un 3/6 dalla lunga distanza come al solito convicente) e il fallo tecnico subito in realtà raccontano di più le sue difficoltà – attese contro un avversario del genere – e il suo nervosismo. Affrontare Golden State può essere frustrante, per chiunque.
Il nervosismo di Durant, la prima di Cousins e il tiro di Green
Se si parla di nervi tesi, difficile non includere nel discorso il trattamento che Patrick Beverley – specialista nell’alzare la tensione e il livello dello scontro – ha riservato a Kevin Durant; marcato con ogni mezzo possibile dal basso verso l’alto. Un pungolo continuo che ha portato KD a poco più di quattro minuti e mezzo dalla sirena oltre il punto di non ritorno: spinta, provocazione da una parte e dall’altra, doppio tecnico e doccia anticipata. Per Durant sono 23 punti e un convincente +17 di plus/minus; ben consapevole di essere caduto “nell’esca” – così l’ha definita Steve Kerr a fine partita – e di non dover ripetere in futuro lo stesso errore. Chi aveva abbandonato il campo prima di lui era stato DeMarcus Cousins; fuori negli ultimi nove minuti di match per raggiunto limite di falli, in una gara da nove punti e nove rimbalzi – la prima in carriera ai playoff. Non l’esordio che sognava, in cui l’ex Kings ha chiaramente peccato di inesperienza; discorso ben diverso da quello che si deve fare per Draymond Green. Il n°23 degli Warriors è stato a lungo sfidato al tiro, ma dopo i cinque tiri coincisi con cinque bersagli nel primo quarto, i Clippers hanno dovuto rivedere radicalmente i loro piani: alla sirena finale sono 17 punti, sette rimbalzi e sette assist, oltre al solito inestimabile contributo in difesa. Golden State ha tutta l’intenzione di fare sul serio: le altre sono avvisate.