Fisico e talento da Top-5, ma gli infortuni, la fragilità fisica e la poca predisposizione lo hanno fatto scendere fino a metà del secondo giro: "Adesso tocca a me far capire al resto della NBA di essersi sbagliata sul mio conto"
NON SOLO LA "RAGNATELA" DI BOL BOL: I PEGGIORI OUTFIT DELLA SERATA
Starsene seduti in Green Room durante il Draft può essere un’arma a doppio taglio: le luci della ribalta sono lì, pronte ad accenderti per illuminare per la prima volta il tuo volto, ma al tempo stesso l’attesa diventa logorante e, in alcuni casi, umiliante. Alla fine per Bol Bol, figlio dell’ex giocatore NBA Manute Bol – uno dei più alti ad aver calcato un parquet NBA, ben oltre i 230 centimetri – è stato selezionato alla n°44 con la chiamata degli Heat, che Miami aveva in precedenza scambiato con Denver. Ben lontano insomma dalla Top-5 a cui il suo nome era stato più volte accostato: il mix di talento, capacità realizzativa da tutte le posizioni, unito alle dimensioni fuori dal comune (220 centimetri con braccia che non finiscono mai), sembravano poter essere per lui garanzia di una chiamata quantomeno nella Top-14. Una frustrazione comprensibile e montata via via che la serata andava avanti, con Bol Bol che si è più volte allontanato dal suo tavolo in prima fila per poi essere richiamato di corsa prima che Mark Tatum – il vice commissioner a cui è spettato il compito di annunciare il secondo giro di scelte – pronunciasse il suo nome. “L’attesa è finita”, è stato il suo lapidario commento. “Adesso sarà mia intenzione dimostrare a tutti quelli che non hanno puntato su di me che si sono sbagliati, cercando con i Nuggets di diventare il miglior giocatore possibile”. Il grande punto interrogativo riguardava la sua tenuta fisica – convinzione venuta meno dopo l’infortunio al piede che ne ha limitato l’impatto al college e più in generale messo in mostra la grande vulnerabilità (durante il periodo passato lontano dal parquet, ha perso oltre 10 kg; un problema enorme per un ragazzo così esile e che ha bisogno di mettere peso). “Il mio piede sta bene, ho pienamente recuperato: sono tornato sul parquet da un mese”, racconta cercando di deviare il discorso dalla questione che ormai lo accompagna da tempo. A gioire per il momento sono soprattutto i Nuggets: “Ci sentiamo molto fortunati, trovare un giocatore del genere alla 44 è un’occasione unica”. In fondo, come dimostrato anche con la scelta di Michael Porter Jr. lo scorso Draft, a Denver hanno dimostrato di non aver paura delle scommesse. Dovesse funzionare, con Jokic sul parquet sarebbe un giocatore dall’impatto letale.