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NBA, David Blatt, annuncio shock dalla Grecia: "Ho una forma di sclerosi multipla"

NBA

L'attuale allenatore dell'Olympiacos Atene, con un passato nella NBA alla guida dei Cleveland Cavs di LeBron James, annuncia pubblicamente la sua malattia, "per cui non rischio la vita", fa sapere, ma che è destinata a condizionare fortemente la sua vita

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La notizia è di quelle che fa gelare il sangue: David Blatt, 60 anni, uno degli allenatori più conosciuti al mondo, tanto in Europa quanto in NBA, ha annunciato di soffrire di sclerosi multipla. Lo ha fatto sul sito dell’Olympiacos di Atene, di cui è attualmente capo allenatore, entrando nello specifico nelle condizioni di una malattia (PPMS, primary progressive multiple sclerosis, ovvero la sclerosi a placche progressiva primaria) che, chiarisce, “non minaccia la mia vita”. “A volte la vita ti mette di fronte a determinate situazioni senza alcun motivo. Questi sono i momenti che ti costringono a effettuare delle scelte che mettono davvero alla prova il tuo carattere. Alcuni mesi fa mi è stata diagnosticata una sclerosi multipla progressiva, una malattia che si manifesta in maniera diversa a seconda delle persone, una malattia autoimmune che può influenzare in tanti modi l’abilità di poter fare anche le cose che sembrano più normali”. Nel caso dell’ex allenatore dei Cavs – dal 2014 al 2016 sulla panchina di Cleveland, gestendo il ritorno di LeBron James nell’Ohio, avventura chiusa con il licenziamento proprio nell’anno del titolo vinto – “a me sta colpendo soprattutto alle gambe”, rivela. “Stanchezza, equilibrio e forza muscolare stanno diventando dei veri problemi, per me. Ho iniziato trattamenti speciali per rinforzare la mia muscolatura e il mio equilibrio, così come un lavoro specifico in piscina per aumentare la mia forza fisica. Mi sforzo di fare movimenti che per molti sarebbero facili e normali ma che a me richiedono parecchio sforzo: mi aspetto di fare ancora di più, non certo di meno”. E qui esce l’anima battagliera dell’allenatore visto anche a Treviso, alla guida della Benetton con cui ha vinto uno scudetto: “Quando mi sono ripreso dallo shock iniziale e dal dolore di immaginare quanto questa notizia avrebbe cambiato la mia vita, ho deciso subito che non mi sarei arreso”, scrive Blatt. “L’unica cosa che avrei potuto fare è adattarmi a questa mia nuova condizione e provare a continuare a vivere nel modo più normale possibile. Ho adottato la stessa metodologia che uso nel basket, quando c’è da risolvere e superare un ostacolo. La mia procedura prevede tre step: 1) Qual è il problema? 2) Perché è successo? 3) Come si può risolvere? Ovviamente – ammette l’allenatore – il perché in questo caso è sconosciuto, non ci sono ragioni perché dovesse succedere, e questo potrebbe portare facilmente a uno stato di depressione o di autocommiserazione. Questa battaglia è una battaglia vera, che non scherza, e siccome non c’è un trattamento e una cura è una battaglia che non finirà mai. Però non minaccia la mia vita, mentre ci sono persone che sono chiamate a fronteggiare sfide ben più difficili. Dobbiamo avere il coraggio di non arrenderci, di andare avanti e di vivere una vita che mantenga una certa qualità”. 

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Blatt quindi per una volta ignora il secondo punto della sua metodologia (“è una domanda che non può avere una risposta”) e si concentra soprattutto sul terzo: come si può risolvere? “Con un piano di lavoro quotidiano, e tenendo sempre la testa alta. Non voglio nascondermi, ho la fortuna di poter contare sul supporto di tante persone, le stesse persone che mi hanno subito fatto capire che io rimango sempre me stesso, anche se oggi sono costretto a comportarmi in maniera a volte diversa. Avere pietà di se stessi non porta a nulla, e anzi crea e incoraggia una spirale verso gli abissi”, scrive l’ex coach dei Cavs. “Sono un allenatore, il mio compito è quello di guidare, insegnare e ispirare altre persone. Il fatto che non abbia più la mobilità di prima o lo stesso grado di attività non va però a influire sulle mie capacità mentali. Sono fortunato, ho ottimi dottori, allenatori, fisioterapisti e un’intera organizzazione che ha scelto di accettare la mia malattia e aiutarmi a superarla”, dice, confermando così l’idea di restare a capo dell’Olympiacos, nel suo ruolo di allenatore, ed è proprio al suo gruppo di lavoro che manda un messaggio. “Come potrei lamentarmi? Non voglio farlo. Sarebbe solo uno spreco di energie. Ho chiesto ai miei giocatori e al mio staff di essere la miglior versione di loro stessi: io chiederò lo stesso a me stesso”. E a chiudere un messaggio di grandissima ispirazione, David Blatt fa ricorso a uno dei maestri di ogni allenatore, a qualsiasi latitudine, il grande John Wooden, guru di UCLA: “Indipendentemente dalle situazioni, le cose funzionano al meglio per chi fa sempre del proprio meglio, diceva Wooden. La mia condizione media non è certo un picnic in allegria, ma in tanti devono affrontare situazioni peggiori. È una responsabilità che sento quella di essere da esempio per tutti, per vivere la propria vita al meglio e non arrendersi mai”. Auguri, coach.