Dopo aver giocato un solo minuto in Cina, il vero esordio di Irving in maglia Nets è arrivato nell'ultima gara di preseason. Chiusa subito da miglior marcatore dei suoi, ma anche con qualche ombra accanto alle solite luci: "Il talento c'è: ora sta a noi farlo funzionare"
La frattura facciale prima del traning camp. La maschera in volto. Il colpo subìto al primo minuto della prima amichevole contro i Lakers in Cina. L’avventura di Kyrie Irving in maglia Nets non si è certo aperta nel migliore dei modi, ma l’ultima gara di preseason – in casa contro Toronto – ha finalmente visto il vero esordio dell’ex point guard dei Celtics con la sua nuova maglia di Brooklyn. Irving non ha atteso molto per prendersi in mano la squadra, con 8 tiri in meno di 10 minuti nel primo quarto della gara. Ne ha segnati però solo due, e in più di un’occasione è sembrato eccessivamente impegnato a mettersi in partita e forse anche un po’ smanioso di fare tutto-e-subito, nella sua prima partita (completa) in quasi cinque mesi. “Cercare di andare da un punto A a un punto B nel minor tempo possibile non è sempre la ricetta migliore – le parole (di autocritica?) al termine della sfida contro i Raptors di Irving – specialmente quando si sta cercando di costruire una certa cultura di squadra come qui da noi. Brooklyn ha fatto un ottimo lavoro nel costruire quasi dal nulla con i pezzi che aveva a disposizione fino a oggi. Ora che siamo a un certo livello, e il grado di talento che abbiamo è notevole, sta a noi farlo funzionare”. Proprio a lui il general manager Sean Marks e coach Kenny Atkinson chiedono questo salto di qualità e pur chiudendo la sua prima apparizione completa in maglia Nets già come miglior marcatore dei suoi (19 punti con 7/17 al tiro in 25 minuti) è lo stesso Irving che sa di avere probabilmente affrettato un po’ troppo le cose nel suo debutto al Barclays Center: “Non voglio accelerare il corso delle cose. Non voglio esagerare nel cercare di conoscere tutti i miei compagni dall’oggi al domani. Non funziona così. Ci vuole tempo”. Il tempo che permetterà a Irving di sentirsi più a suo agio alla guida dei Nets. E il tempo che permetterà anche a Kevin Durant di tornare in campo (l’anno prossimo?) per dispiegare completamente tutto il potenziale di Brooklyn.