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NBA, Flu Game di Jordan, parla l'addetto che ha preparato la pizza: "Non era avvelenata"

la storia
©Getty

C'è chi dice che non fosse influenza, c'è chi parla di una storia inventata ad arte per creare il mito e adesso arriva anche la versione di Craig Fite - l'addetto che quella sera ha preparato e consegnato la pizza a MJ: "Sono un tifoso dei Bulls, non l'ho avvelenato io. Ne sono certo"

Dopo la visione delle ultime due puntate di “The Last Dance”, in molti sono tornati a commentare uno degli episodi più controversi e iconici della carriera di Michael Jordan: il “Flu Game” del 1997. La pizza “consegnata da 5 uomini sospetti”, che ha poi portato all’intossicazione alimentare del n°23 dei Bulls a poche ore dalla sfida decisiva delle prime Finals contro gli Utah Jazz. C’è qualcuno però che ha deciso di raccontare la sua versione della storia, diversa da quella riportata da MJ e dal suo trainer Tim Grover. Craig Fite - questo il nome dell'uomo rimasto nell'anonimato per tutto questo tempo - ha scritto di su Facebook di essere colui che ha fatto e consegnato la pizza a Jordan in quella famosa sera del 1997. Fite è stato subito contattato e intervistato da una radio e ha così potuto spiegare nel dettaglio (e con 23 anni di ritardo) il suo punto di vista. All’epoca Fite era stato assunto da poche settimane da Pizza Hut a Park City, a circa 30 chilometri da Salt Lake City nel luogo dove - oltre al ritrovo annuale con il Sundance Film Festival - risiedevano i Bulls durante quelle trasferte. Tutti sapevano che Michael Jordan e compagni dormivano al Park City Marriott e così, quando arrivò un ordine dall’hotel, era chiaro a tutti che sarebbe stato del cibo “per un giocatore dei Bulls”. Fite, unico tifoso di Chicago all’interno della pizzeria, fu incaricato di rispondere a quell’ordine proprio per quello: “Ho detto: “Ragazzi, ci penso io”. Ricordo anche di aver scherzato dicendo: “Faccio io, altrimenti qualcuno di voi potrebbe combinare qualcosa di spiacevole”. Ho preparato la pizza con i peperoni e poi ho chiamato il driver e gli ho spiegato dove dovevamo andare per la consegna”. Nessuna manomissione quindi, anzi. Massima cautela nella preparazione, visto che Fite era arrivato da poco, voleva fare buona impressione con i nuovi capi e perciò aveva seguito alla lettera le indicazioni per la preparazione. Tutti gli ingredienti erano freschi e nulla fu aggiunto in seguito per avvelenare Jordan.

Tutta colpa dei sigari e del freddo, non del cibo mangiato da MJ

Fite inoltre spiega come sia stata romanzata anche la questione della consegna: arrivato in hotel assieme all’addetto al guida e dopo un rapido check-in nella hall dell’hotel, è subito salito al piano riservato ai Bulls: “Appena sono uscito dall’ascensore, sono stato travolto dalla puzza di sigaro”, ricorda nonostante i tanti anni trascorsi. A differenza del racconto fatto da Grover e dei “cinque ragazzi in attesa fuori dalla porta della stanza di Jordan che cercavano di spiare dentro”, Fite sottolinea di essere arrivati in due e che a quell’ora non ci sarebbero stati cinque impiegati a disposizione neanche all’interno dell’intero ristorante. Venti dollari per la pizza e la mancia, ma prima che la porta si richiudesse Fite è riuscito a realizzare il suo sogno: dire “ciao” a Michael Jordan, che lo ha ringraziato a distanza. Secondo l’addetto dell’epoca di Pizza Hut infatti, troppo spesso si è data per scontata l’idea che MJ fosse stato avvelenato; una versione che Fite ha sempre detto - e saputo - essere falsa: “Qualcuno per caso ha fatto una diagnosi? È stato visitato da un dottore? Tutto ciò è stata soltanto un’insinuazione da parte loro. Vorrei ricordare a tutti che Jordan fumava un sacco di sigari, stava con la finestra aperta e non aveva addosso neanche la maglia. A Park City dopo che il sole tramonta dietro le montagne inizia a fare freddo, anche a giugno". Tutta colpa quindi dell’essere rimasto vicino la finestra a tarda sera senza maglia? “Potrebbe essere, o al massimo può essere stato avvelenato da qualche altro cibo. L’unica cosa di cui sono certo è che la pizza era fatta a regola d’arte. Ho seguito tutte le indicazioni per farla”. Sarà mica stata colpa dei peperoni?