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NBA, dentro ai tre secondi tempi (di gara-5, 6 e 7) che hanno condannato i Clippers

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©Getty

Nelle seconde metà gare delle ultime tre partite è stato di 181-117 il parziale a favore dei Nuggets. Un plus/minus che — visto dalla prospettiva dei Clippers — dice -64. La difesa (quella dei Leonard, dei George e dei Beverley) non ha fermato Jokic&Murray, l’attacco si è completamente bloccato. Un’analisi sul crollo di L.A.

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Gara-5: Clippers avanti di 12 all’intervallo, ma con anche 16 punti di vantaggio sui Nuggets. Gara-6: stavolta i Clippers vanno al riposo sopra di 16 ma il loro massimo vantaggio nella gara tocca i 19 punti. E poi gara-7: gli uomini di Rivers arrivano al +12, anche se mantengono solo 2 punti di vantaggio all’intervallo. Facile vedere un filo rosso che accomuna le ultime tre partite della sfida tra Los Angeles e Denver — i vantaggi poi sciupati — e facile poi trovarne anche un altro: in ognuna di queste partite a uscire vincitori alla sirena finale sono stati i Denver Nuggets. I semplici parziali dei secondi 24 minuti — tutti a favore della squadra del Colorado — già raccontano molto: 67-49 nella quinta, 64-35 nella sesta, 50-33 nell’ultima. Il totale è impietoso: 181 i punti segnati dagli uomini di coach Malone nei secondi tempi delle ultime tre gare, 117 quelli dei californiani. Il plus/minus è facilmente calcolabile: -64.

Una caporetto per gli uomini di Doc Rivers, un totale collasso che ha portato i Clippers dal 3-1 al 3-4 finale, e a una eliminazione che forse fa più male ancora di quella — analoga — del 2015, sempre in semifinale di conference contro gli Houston Rockets. Ma cosa è successo nei secondi tempi di queste tre partite, che sono costate ai Clippers la finale di conference tanto attesa contro i cugini dei Lakers? Si può provare a capirlo analizzando qualche altra statistica.

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L’attacco: 72 minuti di rottura prolungata

L’attacco ha smesso completamente di funzionare: lo testimonia l’efficienza offensiva dei 72 minuti disputati da Leonard e compagni nelle ultime tre gare dopo l’intervallo, un misero 86.0 punti per 100 possessi (un paragone: la peggior squadra offensiva della stagione regolare, i Golden State Warriors, su 100 possessi ha prodotto 104.4 punti). Un attacco sterile? Non certo in generale, visto che nella totalità dei playoff (13 partite, 6 contro Dallas al primo turno, poi le 7 contro Denver) i Clippers hanno avuto il secondo miglior attacco in assoluto — 114.4 il loro offensive rating — al pari di quello dei Lakers (secondo solo a quello dei Jazz). Le percentuali dal campo dei losangelini riflettono queste difficoltà: nei tre secondi tempi in questione, i giocatori di Rivers non sono andati oltre il 30.2% dal campo (39/129) senza neppure toccare il 25% da tre punti (14/57). L’attacco si è proprio fermato completamente: gli stessi Clippers che durante l’anno hanno prodotto quasi 14 punti a partita in contropiede (punti facili, quelli che aiutano le squadre quando faticano a difesa schierata, quando i tiri non entrano) nei 72 minuti analizzati qui tra gara-5 e gara-7 ne hanno messi a tabellone un totale di 7, in tre partite. Leonard, George e compagni sono andati in lunetta 26 volte (contro le 43 dei Nuggets, nello stesso spazio temporale analizzato) con una frequenza di liberi tentati rispetto ai tiri tentati dal campo scesa al 20.2%, quando era oltre il 29% sia nei playoff (4° miglior dato NBA) che in stagione regolare (2°). Anche qui: nessun punto facile, a cronometro fermo, senza difesa.

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La difesa: da punto forte a colabrodo

Dalla difesa non sono arrivati segnali migliori. Dopo aver concesso 110.1 punti per 100 possessi considerando la totalità delle 13 gare disputate nei playoff (meno di 107 il dato in stagione regolare, il quinto migliore della lega), nei tre secondi tempi in esame — da gara-5 a gara-7 — i Clippers hanno concesso più di 132 punti per 100 possessi (la peggior difesa NBA in stagione, quella dei Cavs, ne ha concessi appena meno di 115). La squadra che vantando Beverley, George e Leonard spaventava tutti gli avversari per il potenziale difensivo, nei tre secondi tempi in esame ha concesso ai Nuggets il 57% al tiro, e addirittura il 53.3% dall’arco (24/45). A Los Angeles non ha funzionato nulla, e il totale meltdown dei californiani di fronte all’esuberanza dei Murray e dei Jokic è stata la costante e il dato più allarmante nel fallimento della testa di serie n°2 a Ovest, che ora deve giocoforza riflettere su cosa è mancato per poter continuare quell’assalto al titolo che sarebbe dovuto passare dal derby cittadino contro LeBron James e compagni. Che invece da venerdì notte se la vedranno con Denver.

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