Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, Dwight Howard: "Sono stato depresso nella bolla"

lakers

Il centro dei Lakers, reduce dalla vittoria in gara-1 delle Finals contro Miami in cui è partito in quintetto, ha raccontato a NBC Sports di aver attraversato momenti difficili nel corso dei quasi tre mesi tascorsi nella bolla di Orlando. "Sono stato depresso, difficile non poter vedere la propria famiglia"

Fisico da supereroe (non a caso il suo soprannome è Superman), atteggiamento in panchina e fuori dal campo quasi sempre sorridente e scherzoso e a volte sopra le righe, Dwight Howard ha deciso di condividere un aspetto di sé forse inaspettato. A NBC Sports il lungo dei Lakers ha infatti raccontato di aver passato dei momenti di depressione all’interno della bolla di Orlando. “Ci sono stati momenti – ha detto Howard – in cui sono stato depresso per il fatto stesso di dover restare nella bolla, non poter vedere i miei bambini e la mia famiglia". A renedre più complicata la situazione la morte a marzo della madre di uno dei suoi cinque figli. "E’ stato molto difficile, ho cercato di fuggire mentalmente leggendo molto, uscendo fuori dall’hotel e camminando e parlando con tante persone dello staff NBA che sono qui e stanno vivendo anche loro questa esperienza”. Probabilmente i momenti più difficili per Howard hanno coinciso con la serie di semifinale di conference contro Houston, nella quale era stato messo da parte da coach Vogel per affrontare al meglio lo small ball dei Rockets. Già in quella occasione Howard aveva mostrato qualche segno di insofferenza, riuscendo però a restare concentrato e facendosi trovare pronto quando poi è stato richiamato in causa (vedi la super gara-1 giocata contro Denver in finale di conference). Il tema della ‘salute mentale’ dei giocatori costretti a restare a lungo isolati nella bolla di Disney World è stata una questione che ha fatto discutere. Per mitigare il disagio la NBA ha concesso dal secondo turno di playoff di far raggiungere le squadre da un numero limitato di parenti, ma non tutti hanno deciso di far venire le famiglie, almeno non al completo. Anche LeBron James – non parlando di depressione, ma di noia e insofferenza e nostalgia per i figli – si è lamentato nelle scorse settimane di questa situazione. Per i Lakers sono quasi passati tre mesi dall’ingresso del campus ed è comprensibile che tutti vogliano tornare al più presto alle loro vite e ai loro affetti. Una motivazione in più per i gialloviola per provare a chiudere in fretta la serie con Miami.