Fontecchio a Sky: "NBA Cup molto sentita, tornare ora in Europa sarebbe più difficile"

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Zeno Pisani

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Dopo la sconfitta contro i Los Angeles Lakers, gli Utah Jazz sono stati eliminati dall’In-Season Tournament nonostante gli sforzi di Simone Fontecchio, autore di 11 punti alla Crypto.com Arena. L’azzurro ai microfoni di SkySport.it ha tracciato un bilancio di questo difficile inizio di stagione per i Jazz e del suo momento personale all’inizio del secondo anno in NBA, dove ha un ruolo molto diverso rispetto al basket FIBA

Gli Utah Jazz avevano una possibilità: vincendo sul campo dei Los Angeles Lakers li avrebbero agganciati in vetta al Gruppo A della Western Conference nell’In-Season Tournament e, in base ai risultati di Phoenix e alla differenza canestri, avrebbe potuto giocarsi una chance di avanzare alla fase a eliminazione diretta. I gialloviola però hanno messo subito in chiaro che non sarebbe potuto succedere, chiudendo il primo quarto avanti di 15 e non permettendo mai agli avversari di tornare in panchina, nonostante gli sforzi di Simone Fontecchio. L’azzurro ha chiuso in doppia cifra con 11 punti a segno in 27 minuti con ampio garbage time disputato, cercando di fare quello che gli è stato chiesto (3/5 da tre punti, 4 rimbalzi di cui 2 offensivi) e prendendosi la soddisfazione di segnare anche un canestro in avvicinamento battendo nientemeno che LeBron James. Dopo la partita l’azzurro ha risposto alle domande di SkySport.it per fare un primo bilancio della stagione, dei cambiamenti all’interno della squadra e di come è stato accolto l’In-Season Tournament all’interno dello spogliatoio.

È passato ormai un mese di regular season: qual è il primo bilancio per i tuoi Utah Jazz, andando oltre il vostro record che non può soddisfare?

"Potevamo iniziare sicuramente meglio, inutile negarlo. Abbiamo un bilancio negativo che non soddisfa nessuno. Il vantaggio è che abbiamo ancora tanto tempo davanti a noi, che si traduce in tanto tempo per fare passi avanti. Siamo una squadra giovane che deve imparare e migliorare: sono normali processi di crescita e cercheremo di farlo il prima possibile già da domani contro Portland. In NBA non puoi pensare tanto, i problemi li risolvi in campo".

 

Dopo l’infortunio di Walker Kessler avete cambiato il quintetto base, inserendo Keyonte George e Ochai Agbaji. Come sono cambiati gli equilibri di squadra?

"L'infortunio di Kessler non ha aiutato perché è un giocatore molto importante per noi soprattutto a livello difensivo, dove stiamo faticando. Cerchiamo di trovare equilibrio: George in quintetto ci da una mano ed è importante anche per lui che è un rookie prendere fiducia. È la sesta partita che gioca da titolare: non è facile dover ribilanciare tutto, ma stiamo provando varie soluzioni".

 

Sfida contro i Lakers per l'In-Season Tournament: tu che conosci le competizioni "europee" a cui si è ispirata questa formula, come pensi sia stata accolta in NBA? Senti che c'è un'attenzione speciale verso queste gare?

"L'incentivo economico si sente [ride, ndr]. È una cosa nuova per tutti, avrebbe fatto piacere andare avanti ed arrivare fino alle Final 4 di Las Vegas, non lo nego. Nella nostra squadra la coppa è stata una competizione molto sentita, subito apprezzata e tutti abbiamo abbracciato l'idea molto volentieri cercando di dare sempre il massimo. Contro i Lakers ci serviva una vittoria che purtroppo non è arrivata: ci sta una partita storta dopo la sconfitta a Phoenix al doppio overtime che ha sottratto molte energie fisiche e psicologiche".

Un primo bilancio personale: i numeri dicono che giochi 3 minuti in meno (11.7 contro 14.7) rispetto all'anno scorso, ma nelle ultime 6 il minutaggio è in aumento (17 minuti a sera)

"Giocare con continuità aiuta a trovare ritmo e prendere fiducia. Chiaro che mi piacerebbe vincere più partite, ma ogni volta che scendo in campo cerco sempre di fare il meglio, aiutare la squadra e concentrandomi sulle cose che il coaching staff mi chiede. Spero di continuare a fare passi in avanti a livello individuale ma anche di squadra. Il mio ruolo è più e meno è sempre lo stesso: indipendentemente dal minutaggio non c'è grande differenza fra quello che coach Hardy mi chiedeva la scorsa stagione, ovvero farmi sempre trovare pronto sugli scarichi, andare aggressivo a rimbalzo, difendere. Cerco di fare tutto al meglio".

 

È difficile dover adattare il tuo gioco rispetto all'Europa o la Nazionale dove hai tanto la palla in mano, mentre in NBA ti trovi spesso fermo in angolo sul lato debole e non vengono chiamati giochi per te?

"A questo punto credo sia più difficile tornare in Europa a fare quello che sono solito fare con la nazionale, dove ho molte più responsabilità e chiaramente ho molti più palloni a disposizione. Qui mi chiedono cose diverse in un sistema diverso che ha anche regole diverse. Lo accetto volentieri e se da un lato magari è più semplice, è ovvio che la mia aspirazione sia fare sempre meglio ed essere più responsabilizzato al centro di questo gruppo in cui mi trovo molto bene".