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NBA, Jaquez in Bocconi con NBPA: "La moda è un gigantesco puzzle: amo Milano". VIDEO

NBA

Mauro Bevacqua

Foto Francesca Di Fazio | @freaky_blink

Per il sesto anno consecutivo l'associazione giocatori NBA e SDA Bocconi hanno organizzato nel capoluogo lombardo "One Court Milan", una tre giorni di lezioni, seminari, talk e visita sul posto ad eccellenze del Made in Italy e non solo. E per chi, come la matricola dei Miami Heat, è appassionato di moda, l'esperienza milanese è stata un sogno. Ce la racconta lui stesso

Jaime Jaquez – certo, lo tradisce il nome – ha origini messicane, ma il ragazzo è cresciuto a Los Angeles e ora vive a Miami, dove ha iniziato (alla grande) la sua carriera NBA. L.A. e Miami sono due città diverse, espressione di coste diverse (West e East) ma accomunate dal fatto di essere metropoli vibranti e interessanti. Per questo uno come la matricola di Miami non può che trovarsi bene in una città come Milano, per tanti motivi diversi che lui stesso ci spiega. “La mia ragazza è italiana - o meglio ha origini italiane - e mi ha sempre raccontato di come tutti qui abbiano la capacità di godersi la vita. Per me Milano è moda, cibo, vino e sono stato felicissimo di immergermi in questa cultura, poterne fare parte e godermi l’esperienza”. Il motivo del passaggio di Jaquez nel capoluogo lombardo però è un altro, ed è legato all’iniziativa – denominata “One Court Milan” - che ormai da sei anni l’associazione giocatori NBA (NBPA) e l’SDA Bocconi organizzano presso la prestigiosa università milanese. “Essere qui finora mi ha ridato la sensazione di essere tornato al college. Mi alleno la mattina, poi abbiamo lezioni e seminari da seguire, tutti molto interessanti. Mille cose da imparare, concetti di marketing, cosa significa costruire un brand. E non credo ci sia un posto migliore dove fare tutto questo che qui a Milano”. Perché proprio di questo “One Court Milan” si occupa: di fornire a chi è interessato – quest’anno la lista era di 16 giocatori NBA, il gruppo più giovane di sempre – strumenti per sviluppare i propri talenti oltre il parquet, un mix di “hard and soft skills” che permettano a questi ragazzi di sviluppare fiducia nelle proprie capacità di affrontare sfide diverse, anche in campi lontani dall’arena sportiva. “Costruire il proprio brand” è un mantra recitato sempre più spesso in tanti ambiti diversi ma per chi ha un accesso privilegiato a opportunità che molti sognano diventa quasi un imperativo. Nel caso di Jaquez, l’attrazione è verso il mondo della moda – ammirato da vicino nel corso della settimana trascorsa a Milano dalle lezioni tenute dai vertici di Dolce & Gabbana e Off-White, LVMH e Armani (“Bottega Veneta è un altro brand che ho sul mio radar”, confessa Jaquez): “Mi sono sempre piaciuti molto i vestiti e ho sempre cercato di costruirmi i miei outfit. Per me gli indumenti e la moda in generale sono come un gigantesco puzzle: mi piace mettere assieme le scarpe coi pantaloni e con le magliette. Mi ha sempre divertito molto cercare di vestirmi in maniera “cool”, come piaceva a me, per cui essere qui a imparare come costruire un brand, capire quello che ci vuole per riuscirci, mi permette di avere una prospettiva nuova su tutto questo processo, oltre che farmi capire quanto lavoro e quanta competenza siano necessari per riuscirci. 

Cresciuto nel mito di Kobe "l'italiano"

L’artigianalità ad esempio è un concetto interessante – aggiunge - che in Italia viene preso molto sul serio”, confessando un’affinità con il nostro Paese che trova una sponda naturale anche nel mondo della pallacanestro. “So benissimo che Kobe – il mio giocatore preferito da ragazzino – è cresciuto qui per qualche anno. A Los Angeles, e in tutta la California del sud, lui era ‘the guy’: il vincente per eccellenza, lo sportivo che vedevi ovunque. Kobe ha fatto tutto quello che poteva per diventare il miglior giocatore possibile, con grandissima tenacia. Ho sempre avuto grandissima ammirazione per ciò che ha saputo fare per la pallacanestro ma anche lontano dai parquet, raccontando storie capaci di ispirare chiunque”. Anche un ragazzino di Camarillo che oggi – proprio come Kobe Bryant – si sente a suo agio nel Bel Paese. 

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