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NBA, Jaime Jaquez Jr.: Miami ha una matricola diversa dal solito

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Massimo Marianella

Massimo Marianella

©Getty

Le parole di Jimmy Butler ("È già uno di noi") e le lodi di coach Spoelstra puntano i riflettori sull'ultima scelta al Draft dei Miami Heat, che dopo 4 anni a UCLA pare già pronto ad avere un impatto immediato sui destini degli Heat. E lui, cresciuto nel mito di Kobe, ama già tutto della sua nuova avventura 

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MIAMI - Cosa c’è di nuovo a Miami? Nulla per fortuna. Sole, palme, spirito latinos, italiani in vacanza, qualche americano che viene a svernare, si beve un ottimo mojito e si mangiano sempre ottimi granchi, arepas e cuban sandwich. Forse per la prima volta da qualche anno chi propone qualcosa di diverso sono gli Heat. Il fallimento del corteggiamento a Lillard per colpa dell’agente del giocatore, ha reso il roster più lungo e strutturato, ci sono centimetri e muscoli come mai prima con quattro lunghi credibili, un Dancan Robinson più completo e un nuovo capitano (Bam Adebayo) - anche se il vecchio, Udonis Haslem, pur con una carica di Vice President, si allena sempre con la squadra e nessuno ha osato toccare il suo spogliatoio al Kaseya Center (hanno solo sostituito il nome sopra con una generica targhetta "Miami Heat"). Un'altra bella novità arriva poi dal Draft, perché quest’anno gli Heat si sono presentati con un rookie quasi da quintetto. Dopo molti anni in cui la convinzione di Riley - "meglio avere giocatori pronti che doverli formare" - aveva portato a scelte interlocutorie o semplice merce di scambio sul mercato, dal 2015 a oggi la politica della franchigia sui giovani è cambiata. Scelte mirate, giocatori che hanno tutti saputo contribuire, pur se in maniera e tempi diversi. Da Justice Winslow a Nikola Jovic: tutti giocatori NBA - Okpala un po' fragile, Achiuwa troppo chiuso nel suo ruolo, Jovic un po' acerbo. Ma tutti giocatori NBA. Jaime Jaquez Jr. però si è presentato pronto immediatamente, stupendo tanti. Pronti-via, ed è entrato nelle rotazioni giocando minuti importanti come nella vittoria esterna a Charlotte, dove nel 4° quarto non è addirittura mai uscito. Qualcuno, all’ombra delle palme della Florida, non facendo il suo bene ha cercato addirittura l’impossibile paragone (seppur alla lontana) con D-Wade, ma in termini più concreti di rendimento e statistici non sfigura al cospetto delle stagioni d’esordio di Tyler Herro e Bam Adebayo. Comparando le prime 11 partite di Jaquez Jr. con l’intera stagione degli altri due suoi attuali compagni di squadra ha numeri superiori ad Adebayo e di poco lontani da quelli di Herro (oggi infortunato). 

Le parole di coach Spoelstra e di Butler: "È già uno di noi"

Già dall’inizio del training camp coach Spo aveva ammirato le caratteristiche personali del prodototo di UCLA: "Ha la mentalità, lo spirito di sacrificio e l'etica del lavoro perfetti per integrarsi nella Heat Culture. Non abbiamo dovuto dirgli o spiegargli nulla". E quando Butler, uno di quelli che ha le chiavi dello spogliatoio, ha sentenziato: “Non sembra un rookie! È già uno di noi", il processo d’inserimento è stato completato con successo ancora prima d’iniziare. È un giocatore moderno Jaime, un’ala piccola che porta palla con disinvoltura e che con altrettanta disinvoltura si era presentato quest’estate a Biscayne Blvd. Niente arroganza, ma quella fiducia che da queste parti piace molto. Rispettoso della storia della franchigia e cosciente della grande chance. "Se sei appassionato di basket come lo sono io non puoi non emozionarti la prima volta che incontri Pat Riley e coach Spoelstra. Ho sempre ammirato la loro filosofia del lavoro, i risultati e la cultura che hanno creato; il fatto che abbiano creduto in me è una bella responsabilità che però sognavo la notte prima del draft”. 

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Dal 24 all'11: il significato del suo nuovo numero di maglia

Californiano di nascita (Irving, CA), sviluppo cestistico (Adolfo Camarillo High School) e approccio ad alto livello (coi Bruins di UCLA), ha sempre avuto i Lakers nel cuore con Shaq e Kobe come idoli. Il n°24 indossato nei quattro anni a UCLA non è casuale. “Non ho quel talento lì perché Kobe era unico, ma la sua 'mamba mentality' per me è sempre stata una guida". A Miami ha scelto un altro numero però, visto che il 24 era occupato. E allora eccolo indossare l’11, che è la maglia della sua migliore amica: la sorella Gabriela, MVP lo scorso anno al McDonald’s All-American Girls Game, oggi guardia della squadra femminile dei Bruins di UCLA. Dove Jaquez ha detto di aver appreso più di qualsiasi altra cosa la mentalità vincente di un grande ambiente con delle aspettative importanti, cosa che certamente lo ha preparato bene per l’approdo in NBA e forse anche a gestire il sarcasmo di una leggenda come Riley. Presentazione alla stampa al Kaseya Center con presidente al fianco, poi foto ufficiale con la maglia che appena consegnata gli è scivolata di mano. “No good, this is your first turnover" - la tua prima palla persa - ha detto Riley nell’ironia generale. Una conferenza nella quale Jaquez ha detto tante cose non banali e chiuso con quella che voleva essere una battuta ma alla fine è stata una promessa. "Il mio livello di eccitazione da uno a dieci per essere un giocatore NBA e un membro degli Heat? Undici", ha detto. "Come il numero della mia maglia, e questo è un sentimento che mi porterò sempre addosso". 

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