OKC vuole il titolo: punti forti, punti deboli e prospettive future dei Thunder

Hanno il secondo miglior record di lega. Dominano la Western Conference . Hanno la difesa più forte della NBA, che concede poco più di 105 punti su 100 possessi, recupera quasi 11 palloni a sera e fa tirare gli avversari co 43% - tutte statistiche che li vedono al primo posto. Gli Oklahoma City Thunder fanno sul serio, su questo non ci sono dubbi, e per andare a indagare nella grand stagione della squadra di coach Daigneault, Mauro Bevacqua, Matteo Soragna e Tommy Marino hanno dedicato un'intera puntata di "Basket Room Talk" a Shai Gilgeous-Alexander e compagni. Shai candidato MVP Partendo proprio da lui, dall'uomo spesso identificato con una sigla, di tre lettere . Presto, chissà, un'altra sigla di tre lettere potrebbe riassumere al meglio la sua stagione 2024-25: MVP. Most Valuable Player. "Per me sì, per quello che fa sui due estremi del campo, attacco e difesa", dice Matteo Soragna, ricordando anche come al momento Gilgeous-Alexander sia davanti a Jokic anche negli exit poll d'oltreoceano. "In attacco gioca in un modo diverso da tutti: non è il più veloce della pista, ma ha una forza fisica superiore a quello che sembra", sostiene Tommy Marino. "Ha 26 anni, è nel pieno della sua carriera, e ha già perso - l'anno scorso ai playoff, quest'estate alle Olimpiadi con il Canada e quest'anno a Las Vegas la finale di NBA Cup: e dalle sconfitte di solito si impara...". Se può migliorare ancora è "come passatore di sistema, all'interno delle giocate di pick and roll", sostiene Soragna: "Mi piacerà vedere dove può arrivare". La difesa: vero punto di forza Forse si è abusato del famoso detto "L'attacco vende i biglietti, la difesa vince i titoli", ma per coltivare ambizioni importanti non fa male sfoggiare la miglior efficienza difensiva di tutta la lega: "Fisici e tosti sugli esterni - dice Bevacqua - ma anche capaci di proteggere benissimo il ferro" . "Il merito va riconosciuto a coach Daigneault - sostiene Soragna - che imposta un certo tipo di mentalità difensiva e convince i suoi a 'seguirlo' in quest'idea. E a un'ottima organizzazione di squadra i singoli aggiungono la voglia di non andar sotto nelle sfide personali contro nessuno". Marino mette l'accento su come a difendere fortissimo siano, prima di tutti, "le due superstar della squadra, Shai Gilgeous-Alexander e Jalen Williams, e questo vuol dire tanto". E anche psicologicamente la difesa fisica dei Thunder porta con sé un vantaggio: "Picchiano, cestisticamente parlando: e lo fanno dal primo al 48° minuto, costringendo in qualche modo gli arbitri a fischiare in un certo modo". Ultima cosa, aggiunge sempre Marino: "Hanno il miglior difensore sulla palla, in Lu Dort". Non è poco. J-Will & Holmgren: le altre stelle L'analisi sui Thunder continua poi mettendo sotto i riflettori le altre due superstar della squadra: "Nel suo anno da rookie, si parlava solo di Paolo Banchero, ma Williams è arrivato alle sue spalle per il premio di matricola dell'anno e da allora non ha smesso di migliorare", fa notare Bevacqua. "Segna al ferro, in sospesione, in palleggio-arresto-e-tiro e può far male anche da tre: come realizzatore fin dal via per me è già stato a livello di élite: ora ha imparato anche a prendere sempre, o quasi, le decisioni giuste", sostiene Marino, che aggiunge. "Più di 21 punti, 5 rimbalzi e 5 assist a sera: ed è solo la seconda opzione di questa squadra". "Perché Holmgren a oggi è la terza - dice Soragna - perché a gioco rotto non gli si può ancora dare la palla in mano e chiedergli di inventare qualcosa. Ma in campo sa fare praticamente tutto: dal tiro da tre piazzato, a quello in pop out, sa chiudere un pick and roll sia col tiro che al ferro e se necessario può anche metter palla per terra, anche se non ama troppo farlo". La costruzione del supporting cast Ma poi ci sono anche gli altri, accanto alle superstar. La scelta di "non andare per il fuoricampo quest'estate sul mercato ma aggiungere due giocatori disegnati dal sarto per il loro sistema, come Alex Caruso e Isaiah Hartenstein", dice molto per Bevacqua della pazienza e della saggezza di Sam Presti e del front office di OKC. Accanto a loro altri tasselli importanti sono i vari Cason Wallace, Aaron Wiggins, Isaiah Joe, lo stesso Lu Dort: "Forse in guardia sono perfino troppi", azzarda Soragna, ma la sovrabbondanza di pedine unita a quella di un numero quasi sterminato di scelte future fa parte della strategia di Presti per poter essere ancora, se necessario, protagonista sul mercato. Un'estate, la prossima, alla ricerca di un'altra superstar? La riposta è no sia per Marino che per Soragna - anche se entrambi vedono comunque i Thunder attivi sul mercato: "Per un Caruso più forte di Caruso, magari: un giocatore come Cam Johnson per esempio", dice il primo; "Io invece mi immagino possano andare a caccia di un giocatore alla Anunoby: un esterno fisico che gli possa giocare da tre ma anche da quattro", sostiene il secondo. Programmazione perfetta, ma... Questi Thunder quindi sembrano aver tutto: la superstar assoluta, le star di contorno, la difesa, il supporting cast e una libertà di muoversi sul mercato da protagonisti. Cosa può andar storto, allora, nella loro marcia di avvicinamento al titolo, che nelle ultime due stagioni li ha visti migliorare prima di 16 vittorie da un anno all'altro e poi ancora di 17? Le vicende di altre tre squadre capaci di fare lo stesso in passato - i Baltimore Bullets a fine anni '60, i Miami Heat del 2002-05 e i Philadelphia 76ers di "The Process" - potrebbero insegnare qualcosa. Di queste tre squadre, infatti, una sola sono riusciti a coronare il loro percorso con l'anello, un'altra sono comunque arrivati a giocarsi il titolo nelle finali NBA del 1971, perdendole, mentre i Philadelphia 76ers rimangono come il campanello d'allarme più insidioso per i Thunder. La squadra di Embiid - che da 10 passa a 28 e poi a 52 vittorie nel corso di due stagioni - inserisce a roster proprio in quei due anni due prime scelte assolute al Draft, Ben Simmons e Markelle Fultz. Anche mettendo poi le mani su un talento come Jimmy Butler, però, Philadelphia non andrà mai oltre una semifinale di conference a Est, e il "processo" alla fine per loro non si compie , nonostante il progetto avviato da Sam Hinkie sembrasse aver tutto per poter dare i suoi frutti. Oklahoma City sembra aver fatto tutto il possibile, a oggi, per garantirsi le migliori chance possibili di arrivare al titolo NBA. Ma lo sport di certezze non ne garantisce e quel giorno potrebbe non arrivare mai come, invece, essere già molto vicino. "Per me vincono quest'anno", dice Marino. "Per me no", gli ribatte Soragna. E voi, che ne pensate?

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