I Cleveland Cavaliers arriveranno dove li porterà Donovan Mitchell

Scorrendo la lista dei giocatori con la media punti più alta ai playoff nella storia della NBA, si trovano nomi di leggende assolute del gioco, del passato e del presente. Michael Jordan guarda tutti dall’alto dei suoi 33.45 punti di media, seguito da Luka Doncic , Allen Iverson , Kevin Durant e Jerry West . LeBron James, che detiene il record per punti totali, è sesto per punti a partita, con 28.44 di media. Dietro di lui, al settimo posto, un nome che forse non ti aspetti: quello di Donovan Mitchell, che con i suoi 28.09 di media ai playoff si piazza davanti a giocatori come Devin Booker, Anthony Edwards e Nikola Jokic che, a differenza sua, hanno già un titolo in bacheca o quantomeno una partecipazione alle finali di conference. Arrivato alla soglia dei 29 anni che compirà il prossimo 7 settembre, per Donovan Mitchell questi rischiano di essere i playoff chiave della sua carriera. Per quanto sia ancora un giocatore relativamente giovane, ha già sette partecipazioni alla post-season alle spalle per un totale di 54 partite disputate, ma è anche vero che in carriera non è mai neanche andato vicino a raggiungere le finali di conference. Non raggiungerle quest’anno, al termine di un’annata in cui i suoi Cavs hanno fatto corsa di testa nella Eastern Conference dall’inizio alla fine, sarebbe una enorme delusione. Mai come quest’anno Mitchell ha la possibilità di fare davvero strada ai playoff, soprattutto per meriti suoi. L’ex giocatore dei Jazz, al suo terzo anno a Cleveland, ha avuto la maturità di fare un passo indietro rispetto alle sue abitudini: le sue cifre sono tutte in calo rispetto a quelle dello scorso anno, complice soprattutto un minutaggio che è sceso di 4 minuti di media, dal 35.3 a cui lo costringeva coach JB Bickerstaff ai 31.4 di quest’anno sotto coach Kenny Atkinson. Il risultato di questo passo indietro, però, è stato eccezionale: era dall’ultimo anno del primo LeBron James alla fine degli anni ’10 che i Cavs non vincevano così tanto, senza mai dare l’opportunità a Boston di colmare il gap per il primo posto a Est con una continuità di rendimento straordinaria. Rinunciando a qualcosa in termini di statistiche e riconoscimenti individuali, Mitchell ha aiutato i Cavs a raggiungere il loro massimo potenziale, permettendo a Darius Garland di tornare a livelli da All-Star e a Evan Mobley di esplorare i limiti del suo talento con il pallone tra le mani. Tutti ne hanno indiscutibilmente beneficiato, e Mitchell dovrebbe essere elogiato per la sua disponibilità nel mettersi a disposizione del gruppo. Adesso, però, è arrivato il momento in cui Mitchell deve tornare a fare il Mitchell, come ha dimostrato in alcuni specifici momenti della stagione. Non è un caso se alcune delle sue migliori prestazioni di questa regular season sono arrivate contro i Boston Celtics , ma anche contro avversarie da playoff come Detroit , Minnesota e Indiana . Come a dire: non dimenticatevi di chi sono e di cosa sono capace quando c’è bisogno di alzare il livello. Quel tipo di Mitchell, quello che diventa immarcabile dal palleggio ed è capace di mandare in crisi qualsiasi difesa con le sue improvvisazioni e i suoi cambi di velocità, è esattamente ciò di cui i Cavs hanno bisogno se vogliono provare a detronizzare i Boston Celtics e arrivare in finale. Non esiste una versione di Cleveland capace di battere i biancoverdi senza Mitchell al suo meglio, e lui stesso ne è consapevole. Dopo una serie di brutte prestazioni , tra cui i soli 7 punti realizzati a metà marzo contro Phoenix , si è messo sul banco degli imputati da solo: "La colpa di questa sconfitta è solo mia. Quando il leader non combina niente di buono, queste sono le conseguenze. Sì, dobbiamo marcare meglio, andare a rimbalzo, robe del genere. Ma se io non dò quello di cui abbiamo bisogno, non possiamo arrivare dove vogliamo arrivare". I Cavs ne hanno bisogno perché nessun altro è in grado di compensare ciò che dà Mitchell. Garland è uno straordinario attaccante, ma non ha lo stesso tipo di “motore” e di prepotenza fisica che "Spida" ha già dimostrato di poter imporre sulle partite di playoff. Ne sia ricordo ciò che ha fatto ad esempio nella bolla di Orlando, quando ne mise 57 in gara-1 contro Denver — la terza miglior prestazione di tutti i tempi ai playoff, dietro solo ai 63 di Jordan contro Boston nel 1986 e i 61 di Elgin Baylor nel 1962. Non c’è necessariamente bisogno che sia ultraterreno per 48 minuti come a Disney World, ma che in momenti specifici delle partite, specialmente nei finali punto a punto, salga di livello. Al netto dei pochi minuti "clutch" giocati quest’anno, dato che i Cavs molto spesso hanno risolto le partite ben prima del quarto periodo, il suo rendimento in regular season non è stato degno del suo nome. Il 36.7% con cui ha tirato dal campo nei finali tirati di partita è una delle peggiori percentuali della lega tra i giocatori del suo calibro, ed è nettamente inferiore rispetto al 52.6% con cui Garland ha tirato. Al netto di un roster profondissimo, non c’è possibilità per Cleveland di vincere se Mitchell non sale di livello rispetto a questi rendimenti. Al netto di qualche passaggio a vuoto nelle ultime settimane, i Cavs e Mitchell hanno un’opportunità d’oro: il minutaggio è stato tenuto sotto controllo, la squadra è in salute, il fattore campo per tutti i playoff a Est è assicurato e il rendimento avuto finora è di quello delle grandi squadre. Se la regular season vuol dire ancora qualcosa, squadre che hanno viaggiato ai ritmi dei Cavs sono storicamente destinate a fare strada ai playoff. Non riuscirci, per quelle che sono le premesse attuali, sarebbe delittuoso. Ma se Donovan Mitchell vuole dare una scossa alla sua carriera, questo è il momento in cui mostrare di che pasta è fatto realmente.

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